Contratti di lavoro: all'estero funzionano così
Economia

Contratti di lavoro: all'estero funzionano così

Per rilanciare la produttività, il governo vuol favorire gli accordi aziendali ispirandosi al modello tedesco. Ecco come sono regolati i rapporti tra imprese e dipendenti, in Germania e negli altri paesi europei

Contratti collettivi nazionali e contratti aziendali. E' il “binomio imperfetto” attorno al quale ruota oggi la discussione sulla produttività del lavoro , che il governo vorrebbe rilanciare con il consenso di Confindustria e sindacati . L'obiettivo del premier Mario Monti è ormai chiaro: vuole ridurre il peso dei contratti nazionali di lavoro (firmati a Roma dalle maggiori sigle sindacali), per favorire quelli stipulati nelle singole aziende, che meglio si addicono alle esigenze di ogni impresa.

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Secondo il governo, per rendere le aziende più produttive bisogna consentire loro di accordarsi meglio coi propri dipendenti sulle retribuzioni, gli orari, le ferie, senza le briglie dei contratti collettivi nazionali che regolano tutti i rapporti di lavoro in un determinato settore. Il modello preso a riferimento dall'esecutivo è quello applicato in Germania, e in altri paesi stranieri, dove la flessibilità della contrattazione aziendale è molto elevata.

LA SITUAZIONE IN EUROPA.

A dirlo è anche uno studio realizzato nel 2011 da Maarten Keune, professore dell'Università di Amsterdam, per conto di Eurofound, la fondazione europea del lavoro nata per iniziativa dell'Ue. Nella sua analisi, Keune ha passato in rassegna la situazione di diversi paesi europei rilevando l'esistenza di alcune nazioni, come appunto la Germania ma anche la Spagna, dove i contratti aziendali prevedono numerose deroghe agli accordi collettivi, anche sulla materia più spinosa di tutte: la retribuzione dei dipendenti, che può essere abbassata per esigenze produttive dell'impresa.

Ci sono poi altri paesi come il Belgio, la Francia o l'Italia in cui gli accordi aziendali hanno le ali tarpate e difficilmente possono mettere bocca sulle retribuzioni. In una posizione intermedia si collocano invece altri membri dell'Ue come l'Austria. Ma ecco, nel dettaglio, come funziona la contrattazione del lavoro nelle principali nazioni di Eurolandia.

GERMANIA.

E' il paese in cui la contrattazione aziendale è portata al livello estremo, o quasi. Gli accordi stipulati nelle singole imprese tra la proprietà e i rappresentanti sindacali dei dipendenti possono infatti prevedere molte eccezioni ai contratti collettivi nazionali, anche per quanto riguarda gli stipendi. Secondo le statistiche, il 16% delle imprese ha utilizzato delle specifiche clausole aiendali per fissare dei salari più bassi per i lavoratori al primo impiego, un altro 14% ha ridotto o sospeso il pagamento dei bonus annuali, il 13% ha rinviato degli aumenti di stipendio concordati a livello nazionale, mentre il 9% ha tagliato addirittura la retribuzione di base.

SPAGNA.

Molte imprese in difficoltà possono ricorrere ad accordi aziendali che, in base a delle clausole prestabilite, consentono di ridurre il salario dei dipendenti in contrasto con le disposizioni degli accordi collettivi di lavoro nazionali. Da un'indagine della Banca di Spagna, però, risulta che meno del 5% delle imprese, in caso di gravi problemi economici, sceglie di utilizzare le clausole aziendali per abbassare i salari, mentre ben il 70% preferisce ridurre l'organico e licenziare qualche addetto.

FRANCIA.

Dopo l'approvazione di una legge del 2004 (legge Fillon) è possibile firmare degli accordi aziendali che contrastano con i contratti collettivi di lavoro, fatta però eccezione per alcune materie esplicitamente vietate. E' il caso delle retribuzioni che, nelle singole imprese, possono soltanto essere aumentate rispetto al contratto collettivo e non diminuite. Per questo, in Francia gli accordi aziendali sono poco utilizzati per le politiche dei salari.

AUSTRIA.

Difficilmente i contratti aziendali possono prevedere regole diverse sulle retribuzioni rispetto agli accordi collettivi nazionali. Ci sono state però alcune eccezioni nel settore metalmeccanico (nel 1993) e nell'industria elettronica (nel 2009) in cui gli aumenti salariali decisi a livello nazionale sono stati ridotti da qualche azienda in difficoltà o utilizzati per salvaguardare l'occupazione. Inoltre, gli incrementi di stipendio in Austria possono essere “spalmati” in maniera flessibile dalle aziende, circoscrivendoli soltanto ad alcune categorie disagiate (giovani, donne e dipendenti a bassa retribuzione).

IRLANDA.

L'utilizzo di accordi aziendali che contrastano con i contratti collettivi di lavoro o con le leggi nazionali è abbastanza raro. A partire dal 2003, esiste però la possibilità per le imprese in forte crisi di dare ai propri dipendenti una retribuzione inferiore al salario minimo stabilito a livello nazionale, purché la proprietà abbia presentato un'apposita domanda al tribunale del lavoro.

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Andrea Telara

Sono nato a Carrara, la città dei marmi, nell'ormai “lontano”1974. Sono giornalista professionista dal 2003 e collaboro con diverse testate nazionali, tra cui Panorama.it. Mi sono sempre occupato di economia, finanza, lavoro, pensioni, risparmio e di tutto ciò che ha a che fare col “vile” denaro.

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