Mps corre verso la nazionalizzazione annunciata
Economia

Mps corre verso la nazionalizzazione annunciata

Via Alessandro Profumo, il Monte dei Paschi di Siena viene nazionalizzato “temporaneamente” sotto la presidenza di Lorenzo Bini Smaghi il quale ha detto e scritto (anche sul Financial Times) che un intervento dello stato nelle banche in difficoltà sarebbe diventato …Leggi tutto

Via Alessandro Profumo, il Monte dei Paschi di Siena viene nazionalizzato “temporaneamente” sotto la presidenza di Lorenzo Bini Smaghi il quale ha detto e scritto (anche sul Financial Times) che un intervento dello stato nelle banche in difficoltà sarebbe diventato inevitabile. La Fondazione ridimensiona la sua presenza e salva una parte del patrimonio. Il ministro del Tesoro converte in azioni i Monti bond (ben 4 miliardi di euro) a spese dei contribuenti. La cordata di  fondazioni che, sotto la guida di Giuseppe Guzzetti cerca di prendere il controllo della banca senese si scioglie, anche perché la Banca d’Italia (e dietro di lei c’ è anche Mario Draghi) vuole riportare questi ircocervi creati da Giuliano Amato alla loro originaria ragion d’essere. A un anno dal crac, è questo lo scenario più probabile del nuovo palio di Siena, un palio economico e politico, italiano ed europeo.

E’ sempre imbarazzante citarsi, ma su Panorama lo avevo scritto nel febbraio scorso; non per fare il menagramo, ma perché fin dall’inizio sembrava improbabile che Mps potesse restituire il megaprestito dello stato. La cura Profumo deve ancora produrre i suoi frutti e s’attendono migliaia di licenziamenti contro i quali erigono le barricate tutti i poteri senesi ,a cominciare naturalmente dai sindacati. Il titolo in borsa balla sull’orlo del baratro. Sorvolano le Alpi, scendendo verso gli Appennini, le aquile, i falchi e i corvi d’Europa. Non escluso quel Banco di Santander che ha contribuito a rovinare Mps incassando per Antonveneta il 50% in più di quel che l’aveva pagata e incamerando tutta la cassa sulla quale, ingenuamente, contavano gli uomini di Mussari per ripagare l’acquisizione. Sarebbe uno scandalo e una beffa, ma gli affari sono affari.

Naturalmente nessuno vuole la nazionalizzazione. Non la sostiene il governo Letta: il ministro Saccomanni, che ha cercato una mediazione fino all’ultimo, nega che possa essere all’ordine del giorno. La respinge Antonella Mansi, presidente della fondazione Montepaschi, la grande nemica di Profumo, spalleggiata dal sindaco di Siena, Bruno Valentini, un renziano che vorrebbe liquidare la spinosa e pesante eredità di Massimo D’Alema e Giuliano Amato, i referenti politici dei vertici bancari per quasi vent’anni. E non la propugna nemmeno Matteo Renzi: il nuovo capo del Pd si schermisce dicendo che di Mps è meglio non parlare. Ma pensarci, questo sì, chi lo può impedire. Quanto all’Unione europea ha già messo le mani avanti. Lo stesso ha fatto la Bce.

Insomma, al capezzale del malato s’aggirano tanti medici e altrettanti untori, si giocano partite politiche locali e nazionali, guerre di potere finanziarie ed economiche. Mps salvata e ricapitalizzata da un consorzio internazionale di banche, trasformandola in public company (insomma il modello Profumo) sarebbe ben vista a Bruxelles e a Francoforte, anzi sembra la prova generale di un riassetto del sistema bancario che soffre in tutta Europa. Anche per questo si sono mosse le fondazioni italiane sotto la bandiera dell’interesse nazionale. E si muove quell’intreccio di interessi che resta forte e radicato attorno a Mps, nonostante i durissimi colpi ricevuti. Se questo è lo scenario, se così tanti e potenti sono i protagonisti, è difficile che il governo non venga portato in scena in modo più diretto. Non sappiamo fare profezie, ma a pensar male molto spesso ci s’azzecca.

 

 

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Stefano Cingolani

Stefano Cingolani, nasce l'8/12/1949 a Recanati e il borgo selvaggio lo segna per il resto della vita. Emigra a Roma dove studia filosofia ed economia, finendo a fare il giornalista. Esordisce nella stampa comunista, un lungo periodo all'Unità, poi entra nella stampa dei padroni. Al Mondo e al Corriere della Sera per sedici lunghi anni: Milano, New York, capo redattore esteri, corrispondente a Parigi dove fa in tempo a celebrare le magnifiche sorti e progressive dell'anno Duemila.

Con il passaggio del secolo, avendo già cambiato moglie, non gli resta che cambiare lavoro. Si lancia così in avventure senza rete; l'ultima delle quali al Riformista. Collabora regolarmente a Panorama, poi arriva Giuliano Ferrara e comincia la quarta vita professionale con il Foglio. A parte il lavoro, c'è la scrittura. Così, aggiunge ai primi due libri pubblicati ("Le grandi famiglie del capitalismo italiano", nel 1991 e "Guerre di mercato" nel 2001 sempre con Laterza) anche "Bolle, balle e sfere di cristallo" (Bompiani, 2011). Mentre si consuma per un volumetto sulla Fiat (poteva mancare?), arrivano Facebook, @scingolo su Twitter, il blog www.cingolo.it dove ospita opinioni fresche, articoli conservati, analisi ponderate e studi laboriosi, foto, grafici, piaceri e dispiaceri. E non è finita qui.

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