Anche la Cina potrebbe non essere in grado di sanare il debito pubblico
Economia

Anche la Cina potrebbe non essere in grado di sanare il debito pubblico

Città e regioni hanno accumulato un disavanzo di mille e settecento miliardi di dollari. Che difficilmente riusciranno a rifinanziare

Ormai da anni l'Europa è attanagliata da una crisi che ha fra le sue radici principali quella rappresentata dalla difficoltà di ripagare il debito pubblico. Conosciamo tutti la situazione: i Paesi più indebitati stanno facendo di tutto per ridurre la propria dipendenza finanziaria dal debito e, così facendo, sottraggono risorse economiche a programmi di rilancio della crescita, in un circolo vizioso che sembra non avere fine. All'altro capo della via della seta, invece, le cose sembrano continuare a procedere a gonfie vele. La Cina, in particolare, sembrerebbe immune dal virus del debito pubblico. A ben guardare, però, potrebbe non essere esattamente così.

Nella fase iniziale della crisi, infatti, le autorità di Pechino hanno immesso nel sistema ingenti liquidità monetarie, con lo scopo di attutire o respingere il contagio di una situazione nata al di fuori dei confini nazionali. Fra le misure adottate, c'è stata quella di concedere prestiti alle regioni e alle municipalità che compongono il Paese: il pacchetto di stimolo all'economia era equivalente a ben 586 miliardi di dollari americani. Cifre importanti, che le autorità locali hanno investito rapidamente in progetti a brevissimo termine, allo scopo di fungere da immediato volano per la crescita. E così, sono fioriti progetti per nuovi condomini di lusso, infrastrutture varie, collegamenti stradali e così via. Tutto è stato realizzato o è in via di realizzazione, ma lo strumento impiegato per finanziare i programmi espansivi potrebbe comportare effetti indesiderati e avviare anche la stessa Cina a imboccare il tunnel del debito.

Le autorità di città e regioni, infatti, hanno speso utilizzando i cosiddetti "veicoli finanziari locali", spesso per aggirare le regole imposte dal governo centrale. Il risultato è che ora hanno un indebitamento stimato in mille e settecento miliardi di dollari, una somma pari al 27% del Prodotto interno lordo nazionale. Il rischio è che se il debito non viene rifinanziato (magari con ulteriore debito) le fragili finanze locali possano entrare in crisi: i progetti in corso potrebbero fermarsi e tutto il sistema subire un crollo, visto che anche il valore degli investimenti provati potrebbe tracimare. Un caso esemplare è quello di Tianjin: una città in rapido e rigoglioso sviluppo, fra i principali porti industriali che gode della prossimità alla capitale Pechino e che sta puntando molto su un quartiere eco-compatibile costruito praticamente da zero. Per sviluppare l'area in ricostruzione, denominata Binhai, gli ufficiali di Tianjin hanno fatto ricorso a prestiti per 64 milioni di dollari e ora rischiano di non riuscire neppure a completare l'opera intrapresa.

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Claudia Astarita

Amo l'Asia in (quasi) tutte le sue sfaccettature, ecco perché cerco di trascorrerci più tempo possibile. Dopo aver lavorato per anni come ricercatrice a New Delhi e Hong Kong, per qualche anno osserverò l'Oriente dalla quella che è considerata essere la città più vivibile del mondo: Melbourne. Insegno Culture and Business Practice in Asia ad RMIT University,  Asia and the World a The University of Melbourne e mi occupo di India per il Centro Militare di Studi Strategici di Roma. Su Twitter mi trovate a @castaritaHK, via email a astarita@graduate.hku.hk

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