La Cina deve crescere a due velocità
Lo Skyline di Shanghai
Economia

La Cina deve crescere a due velocità

Consumi sulla costa, investimenti all'interno, questa la  ricetta del Dragone

Chissà perché quando si parla di Cina si tende a descrivere questo paese come se fosse caratterizzato da una realtà omogenea, quando invece non è affatto così.

Prendiamo come esempio il problema della sua attuale crisi economica. In più di un'occasione vi sarà capitato di leggere che la riduzione dei flussi delle esportazioni verso Occidente ha significativamente rallentato il tasso di crescita della Repubblica popolare, o che nonostante il sistema bancario cinese sia totalmente inefficiente, quest'ultimo riesca a rimanere solido grazie al denaro dei piccoli risparmiatori.

Ancora, avrete certamente sentito che la nuova classe dirigente di Pechino non potrà rifiutarsi di investire una grossa fetta del proprio bilancio in politiche sociali. In parte per recuperare consensi, e in parte per spronare i cinesi a ridurre la porzione di risparmi attualmente accantonata per far fronte a esigenze di ordine sanitario o per crearsi una piccola pensione e iniziare a spendere di più. Permettendo quindi al governo di raggiungere quello che da qualche anno si è trasformato nell'obiettivo impossibile: fare in modo che siano i consumi interni a trainare la crescita.

Infine, non sono nuovi commenti del tipo: "nonostante una situazione fiscale favorevole e un tasso di inflazione sotto controllo, non c'è quasi nulla che Pechino possa fare per stimolare la domanda oltre i suoi limiti". O che senza una grande spinta della domanda dall'estero "le politiche cinesi di stimolo all'economia potrebbero avere solo un effetto a breve termine e quindi non contribuire a un aumento della crescita economica in modo sostenibile".

Tutto quello che è stato scritto fino ad ora è indubbiamente vero. Così come è vero che quando ci si trova a elaborare analisi e previsioni su un'economia tanto complessa e variegata come quella cinese per cercare di ridurne il tasso di complessità è necessario fare delle generalizzazioni. Quello che non mi convince è che questo approccio viene spesso adottato anche quando si tratta di proporre delle soluzioni. Quando invece in questo caso sarebbe forse più opportuno sfruttare la diversità per mettere a punto ricette mirate e vincenti.

Considerazioni di questi tipo sono condivise da ben più di qualche ricercatore esperto di Cina. Perché chi conosce bene il Paese, e la sua storia, si rende conto non solo di quanto sia irrealistico immaginare che un paio d'anni siano sufficienti per stravolgere il modello di crescita di una nazione di queste dimensioni. Ma anche che l'obiettivo dello sviluppo trainato dai consumi è in linea con le esigenze di una parte della Republica popolare, non con quelle della nazione del suo insieme.

Cerchiamo di spiegare il perché con un esempio concreto. Le zone in cui investire sarebbe controproducente sono quelle dove negli ultimi decenni è confluita la maggior parte dei capitali, e dove, di conseguenza, ce n'é meno bisogno. Stiamo parlando delle metropoli principali, e di tutta la fascia costiera orientale.

Se queste regioni sono già in grado di contribuire alla crescita nazionale con i consumi e vanno messe nelle condizioni per continuare a farlo, lo stesso non si può dire della Cina centrale, occidentale e rurale. Che senza investimenti (non solo in infrastrutture), non potrà mai nemmeno sognare di raggiungere il tasso di sviluppo che oggi caratterizza l'est.

Chi la pensa in questo modo è convinto che la Cina non stia rischiando oggi di cadere nella trappola del reddito medio, ma di lasciarsi vincolare da una strategia politica nazionale non più in grado di soddisfare le esigenze di una nazione che negli ultimi anni è profondamente cambiata. Infine, non va dimenticato che una Cina economicamente in salute è un'opportunità per tutti. Soprattutto per l'Italia visto che i nuovi consumatori cinesi amano spendere in assicurazioni, tecnologia, ma anche cibi biologici e di nicchia e abbigliamento e scarpe dal taglio semplice ma costosi.

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Claudia Astarita

Amo l'Asia in (quasi) tutte le sue sfaccettature, ecco perché cerco di trascorrerci più tempo possibile. Dopo aver lavorato per anni come ricercatrice a New Delhi e Hong Kong, per qualche anno osserverò l'Oriente dalla quella che è considerata essere la città più vivibile del mondo: Melbourne. Insegno Culture and Business Practice in Asia ad RMIT University,  Asia and the World a The University of Melbourne e mi occupo di India per il Centro Militare di Studi Strategici di Roma. Su Twitter mi trovate a @castaritaHK, via email a astarita@graduate.hku.hk

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