Piove ancora sull’acciaio: Piombino a rischio chiusura
Economia

Piove ancora sull’acciaio: Piombino a rischio chiusura

Dopo mesi di resistenza da parte delle banche, il commissariamento sembra inevitabile. Con l’Ilva, un altro colpo alla siderurgia

Il film Acciaio, tratto dal romanzo di Silvia Avallone e in questi giorni ancora nelle sale, aveva già messo in fila i sintomi di un declino imminente. Oggi, dopo la decisione di fermare per un mese l’altoforno per mancanza di ordinativi (ripartirà, forse, l’11 gennaio dell’anno prossimo), il destino dello stabilimento siderurgico Lucchini di Piombino appare segnato. Rilevato nel 2005 dal magnate russo Alexej Mordashov, dalla fine del 2008 il sito toscano non produce più utili e nel 2011 ha accumulato perdite per oltre 72 milioni che, secondo quanto risulta a Panorama, potrebbero salire a 170 a fine 2012.

Dallo scorso anno il controllo è in mano a un gruppo di banche (Mps, Intesa Sanpaolo, Bpm, Unicredit, Bnl-Bnp Paribas, CariFi, Credito bergamasco, Banco popolare e Natixis) che vantano crediti per 550 milioni. A scongiurare le ipotesi di chiusura non sono serviti, finora, né i tre tavoli di confronto tra proprietà, enti locali e sindacati convocati dal governo (l’ultimo mercoledì 12 dicembre, proprio mentre iniziavano le procedure di spegnimento e la messa in cassa integrazione dei 2.300 dipendenti), né l’unica manifestazione di interesse pervenuta all’advisor Rothschild da un potenziale acquirente, il fondo di private equity svizzero Klesch.

Klesch, già noto per un’offerta analoga recapitata alla sarda Alcoa, ha presentato un piano industriale poco convincente che prevede 200 milioni di investimento per rilevare il sito e convertirlo sostituendo il ciclo integrale con un solo forno elettrico, dimezzando gli organici. Un’offerta che tra l’altro (il caso Ilva insegna) non entra nel merito delle opere di bonifica ambientale.

Ancora più fumosa l’ipotesi di un secondo compratore, questa volta un soggetto industriale proveniente da Brasile o India, fatta balenare dalle banche nelle ore precedenti la chiusura temporanea dello stabilimento.

Proprio le banche hanno avuto interesse a temporeggiare per evitare il commissariamento, magari combinato con l’inclusione di Piombino nel decreto salva Ilva, come richiesto dal presidente della Provincia di Livorno, Giorgio Kutufà. Le prime mosse di un commissario liquidatore avrebbero potuto essere infatti la rinegoziazione del debito e la richiesta di restituzione dei 120 milioni incamerati dagli istituti di credito quando Lucchini, schiacciata da 770 milioni di debito, cedette le fonderie francesi dell’Ascometal per 359 milioni al fondo Apollo. Ma quei 120 milioni dovrebbero ormai essere al sicuro: la trattativa con Klesch ha portato a scadenza i termini per una revocatoria.

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Gianluca Ferraris

Giornalista, ha iniziato a scrivere di calcio e scommesse per lenire la frustrazione accumulata su entrambi i fronti. Non ha più smesso

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