Peroni
Jason Carter Rinaldi/Getty Images for Peroni
Economia

Birra Peroni e gli altri marchi finiti ai giapponesi

La bionda di 170 anni passa ufficilamente ad Asahi. Ansaldo è stata venduta a Hitachi. Lo shopping nipponico è in tutti i settori

La bionda per eccellenza della tavola italiana passa ai giapponesi che negli ultimi due anni si sono dati da fare nello shopping lungo la Penisola. Dopo un anno, martedì 11 ottobre il produttore di birra Asahi ha finalmente messo le mani sull'agognato marchio italiano Peroni ceduto lo scorso aprile ai nipponici dal colosso belga-brasiliano AB InBev, che potrà così completare l'acquisizione dell'anglo-sudafricana SABMiller che possedeva il produttore romano di birra dal 2003.

Poche settimane prima, il 25 settembre, è stata siglata infatti l'unione tra i due giganti mondiali della birra, i quali una volta assieme controllerebbero quasi una bottiglia su tre in tutto il mondo.

Ecco perché per ottenere il via libera dall'Antitrust europeo, AB InBev (che controlla, tra gli altri, marchi come Stella Artois, Beck's, Corona, Budweiser e Löwenbräu) ha dovuto cedere alcuni brand europei di SABMiller per evitare un'eccessiva concentrazione di mercato in alcuni paesi.

Perché tutti vogliono la Birra Peroni


La produzione rimane in Italia

In particolare, tre note birre europee (Peroni, l'olandese Grolsch e il produttore artigianale britannico Meantime)sono finite ai giapponesi che hanno accettato di sborsare ben 2,55 miliardi di euro per rafforzarsi commercialmente nel Vecchio Continente.

Questo passaggio, precisa una nota, segna per la storica azienda birraria italiana "un momento importante, non solo a dimostrazione del valore dei suoi marchi, ma anche a testimonianza di nuove prospettive di sviluppo internazionale e di crescita". Birra Peroni ha infatti chiuso il bilancio al 31 marzo 2016 con 360 milioni di ricavi e un utile di 21,5 milioni.

Con i suoi 170 anni di storia e una posizione di rilievo sul mercato italiano, l'azienda ora assicura che "continuerà a produrre le sue birre di qualità negli stabilimenti di Roma, Padova e Bari, rifornendosi del malto italiano dalla sua Malteria Saplo di Pomezia, proprio come avvenuto finora".

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Lo shopping nipponico
Quella di Peroni da parte di Ashai non è la sola maxi-acquisizione dei giapponesi in Italia. Il colosso Hitachi con diverse operazioni tra la fine del 2015 e la prima metà del 2016 si è impossessata di Ansaldo Breda ed Ansaldo Sts, eccellenza dell'ingegneria italiana ceduta da Finmeccanica per 2,2 miliardi di euro.

Sempre nel 2015 l'holding finanziaria Mitsubishi (cui fa capo l'omonimo produttore auto) ha rilevato da De' Longhi il 75% di DeLclima per 664 milioni di euro e ha poi investito nel settore agroalimentare in Puglia, acquisendo la maggioranza del Conservificio Ar di Borgo Incoronata (Foggia), che si occupa di lavorazione dei pomodori.

Lo scorso anno, inoltre, il gruppo chimico nipponico Toray Industries ha invece rilevato il 55% del capitale di Delta Tech, azienda che fornisce prodotti e servizi all'industria dei materiali compositi avanzati con sede ad Altopascio (Lucca).

Tra le operazioni più recenti, infine, ricordiamo quella di Seiko Epson Corporation che a giugno ha firmato, attraverso Epson Italia, un accordo per l'acquisizione del 100% del capitale della Fratelli Robustelli, azienda meccanotessile italiana che progetta e produce macchine per la stampa industriale dei tessuti. Un'altra multinazionale nipponica, la Daikin, a febbraio ha annunciato che pagherà circa 95 milioni per l'acquisto di tutte le azioni della mantovana Zanotti, specializzata in impianti di refrigerazione.

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Massimo Morici

Scrivo su ADVISOR (mensile della consulenza finanziaria), AdvisorOnline.it e Panorama.it. Ho collaborato con il settimanale Panorama Economy (pmi e management) e con l'agenzia di informazione statunitense Platts Oilgram (Gas & Power).

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