L'arma segreta della Russia nella guerra energetica
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Economia

L'arma segreta della Russia nella guerra energetica

Più che segreta, è insostituibile: Europa e Ucraina non possono fare a meno del gas di Putin

Poco più di una settimana fa l'Ucraina ha firmato l'accordo di associazione e libero scambio con l'Unione Europea, cambiando di nuovo la posizione assunta lo scorso novembre quando, messo sotto pressione da Mosca, l'allora presidente Viktor Yanukovic annunciò all'improvviso di non essere più interessato ad approfondire il legame tra Ucraina ed Europa rispedendo al mittente la proposta di Bruxelles.

Questo voltafaccia può essere considerato la goccia che ha fatto traboccare il vaso: la situazione a Kiev è degenerata e le conseguenze della successiva escalation di tensioni con manifestazioni sempre più frequenti tenute a bada da forme di repressione ancora più violente, annessione della Crimea da parte di Mosca e primi sviluppi di una vera e propria guerra del gas li abbiamo purtroppo seguiti tutti. Lunghi mesi di tensioni sono però sfociati nell'ennesimo colpo di scena quando, a fine maggio, l'Ucraina ha scelto Petro Poroshenko come Presidente, un uomo che sin dai primi giorni di campagna elettorale ha chiarito la sua posizione europeista. La firma dell'accordo di fine giugno, quindi, non fa altro che confermare a Mosca che Kiev non ha intenzione di rinunciare alla sua sovranità nazionale e che a prescindere dalle minacce di Vladimir Putin continua a vedere il suo futuro come europeo. 

Considerando l'Europa molto più stabile e affidabile della Russia, la speranza dell'Ucraina è quindi quella di integrarsi all'interno dell'Unione riducendo così la sua dipendenza da Mosca. Uno scenario sulla carta realistico, ma che nella realtà non considera il peso di una variabile molto importante, che continua a far pendere l'ago della bilancia dalla parte di Putin: il gas. 

Come ha sottolineato la rivista americana Fortune , il problema dell'approvvigionamento di risorse energetiche è ben lontano dall'essere risolto. Il 60 per cento delle risorse dell'Ucraina arriva dalla Russia, e lo scorso aprile nel tentativo di convincere Kiev a rimanere dalla parte di Mosca Gazprom ha aumentato i prezzi delle esportazioni di un insostenibile 80 per cento. Come se non bastasse, anche l'Europa non si può permettere di rinunciare alle importazioni di gas dalla Russia, e l'unica alternativa che oggi è un po' sulla bocca di tutti è quella di investire nella rivoluzione dello shale gasper renderlo disponibile il più velocemente possibile.

Peccato che, come ricorda Fortune, questa rivoluzione sia ancora tutta da dimostrare e, varrebbe la pena aggiungere, non è affatto scontato che, ammesso che un giorno gli Stati Uniti riusciranno a trasformarsi nella prima potenza mondiale per quel che riguarda le esportazioni di shale gas decideranno di venderlo a prezzi di favore ai loro alleati nel Vecchio Continente per aiutarli a liberarsi definitivamente dal giogo di una Russia sempre più aggressiva.

La carta del gas su cui può contare Putin non può essere sottovalutata anche da un altro punto di vista: l'Ucraina sta attraversando una fase estremamente delicata anche dal punto di vista dell'economia. Ha bisogno di rilanciare la produzione e di trovare nuovi mercati in cui esportare, e potrà farlo solo assicurandosi flussi regolari di investimenti e fonti energetiche. Siamo davvero sicuri che i primi verranno messi a disposizione da un'Europa ancora in crisi? E fino a quando non sarà disponibile lo shale gas il carburante per le aziende da dove arriverà? E soprattutto, a che prezzi? Perché per essere competitiva l'Ucraina non può certo permettersi di spendere cifre esagerate per rifornirsi di gas e petrolio.

Quindi insomma, la firma dell'accordo con l'Europa sembra tanto una risposta "politica" all'annessione della Crimea, ma non può risolvere le difficoltà economiche che hanno messo Kiev, Mosca e Bruxelles l'una contro l'altra. Tuttavia, è confortante l'attenzione con cui Mosca ha reagito all'accordo. Per il momento il giocatore più forte in questo problematico confronto è Putin, che può disporre del gas russo a suo piacimento. Contemporaneamente, è confortante rilevare che nonostante il maxi-accordo firmato due mesi fa con la Cina , Mosca continui a non tollerare l'idea di perdere il controllo dei mercati europei per motivi sia politici che economici. Il che vuol dire che anche la Russia ha bisogno di vendere all'Ucraina e all'Europa per sostenersi, e che una guerra commerciale vecchio stile non ha senso perché finirebbe col danneggiare tutti.

L'Ucraina ha rischiato e ha dimostrato di non volersi sottomettere alla Russia, ma quest'ultima ha risposto chiarendo che senza il suo gas Kiev non andrà da nessuna parte. Fino a quando non esisteranno alternative realistiche sia di risorse che di mercati, però, è difficile immaginare che gli equilibri cambino di nuovo. E forse, per il momento, il mantenimento dell'attuale status quo può rappresentare la soluzione migliore per tutti.

 

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Claudia Astarita

Amo l'Asia in (quasi) tutte le sue sfaccettature, ecco perché cerco di trascorrerci più tempo possibile. Dopo aver lavorato per anni come ricercatrice a New Delhi e Hong Kong, per qualche anno osserverò l'Oriente dalla quella che è considerata essere la città più vivibile del mondo: Melbourne. Insegno Culture and Business Practice in Asia ad RMIT University,  Asia and the World a The University of Melbourne e mi occupo di India per il Centro Militare di Studi Strategici di Roma. Su Twitter mi trovate a @castaritaHK, via email a astarita@graduate.hku.hk

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