Raul Montanari, "Il Regno degli amici" - La recensione
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Raul Montanari, "Il Regno degli amici" - La recensione

Romanzo di formazione e thriller psicologico dove il luogo del delitto è il fiume della giovinezza

Quando comincia davvero l'età adulta? Quando il tempo dell'innocenza perde la sua innocenza, e quando capisci che sarà per sempre. Ci vogliono anni di sano (quasi sano) praticantato ma a volte basta una sola, fatale notte. Raul Montanari usa la penna come un bisturi per scavare nei grandi abissi e nelle grandi vertigini dell'adolescenza. Non ci sono filtri nel suo romanzo che sembra davvero il diario crittografato del sedicenne Nicodemo, detto Demo come un album ancora grezzo: Reign over me o meglio la sua onomatopea, Il Regno degli amici.

Diario alla mano, il protagonista rivive in flashback le avventure di un'estate di tanti anni prima, agosto 1982. I genitori sono in vacanza ma Demo è costretto a rimanere a Milano da solo per rimediare alle due materie che si è beccato a settembre. Ogni tanto si fa vivo l'adorato zio, unico parente in città, un padre-fratello maggiore che tutti abbiamo sognato di avere. Mentre i Promessi sposi restano a languire sulla scrivania, Demo inforca la Maurina (la Graziella-feticcio) e si traveste da Huckleberry Finn chiamando a raccolta la sua combriccola di amici sulle rive del Mississippi meneghino: il Naviglio della Martesana.

Saranno giorni memorabili di bevute e fumate, scorpacciate di patatine e giornaletti, musica e poker, incontri scoperte amicizie e brividi inattesi sotto forma di baci e coltelli. Fino a un epilogo imprevedibile. A corollario della torbida avventura, il libro mastro del narratore porta in dote una gran ricchezza di pensieri che si accompagnano alla navigazione verso l'età adulta, imballati nel tipico mix adolescenziale di realtà e immaginazione: le relazioni con la famiglia e il gruppo dei pari, l'amore e il sesso, l'affannosa caccia all'identità, le riflessioni sul tempo e sulla morte.

Montanari introduce il copione iniziatico indugiando su quel groviglio di pulsioni e sogni proibiti di cui più tardi ci si vergogna - la pornografia e la masturbazione, l'alcol e le canne, i brufoli e il senso di inadeguatezza, la prepotenza del branco, la solitudine e la malinconia, la paura e la rabbia. Nelle azioni dei protagonisti risaltano gli intricati processi di significazione degli affetti profondi e il significato simbolico acquisito dagli oggetti della realtà esterna. Primo fra tutti il Regno degli amici, cioè una catapecchia in riva alla Martesana, polveroso spazio entro cui saldare relazioni amicali esclusive.

Costruire una famiglia fuori dalla famiglia: è un'aspirazione purissima, germe del processo di crescita. Questo libro la racconta in modo avvincente e commovente, cesellando la psicologia dei convitati nella palude affettiva di Demo. Il leader del gruppo coi lineamenti gentili, sempre in sella al suo Ktm (oggetto di invidia e ammirazione), e il nemico coi baffi da adulto e la faccia dura da slavo, il padre reale (distante e sentenziante), il padre ideale (lo zio mentore) e i padri inesistenti, fino all'apparizione di una giovane creatura ai confini con la mitologia, una misteriosa ninfa pescatrice che spariglia le carte.

Forse bisognerebbe rassegnarsi al fatto che la stagione dell'amicizia finisce nell'adolescenza, riflette il Demo adulto. Ma in realtà quell'amicizia totalizzante dai tratti vagamente morbosi è un castello di carte che aspetta solo un refolo d'aria per cadere. Di solito una ragazza. Questo libro racconta la caduta in un modo così delicato e inquietante, tanto è verosimilmente inevitabile. L'innocenza intravista e subito violata. Bellezza e violenza unite dentro l'infingardo abbraccio. Incubo sotto un cielo di piombo, drammatico scacco. Sarà questa la vita, il futuro che viene?

Il comico e il grottesco fanno da cornice - come accade anche nella vita adulta - al ritmo incalzante degli eventi, su una colonna sonora entusiasmante di Tdk C90 sparate a tutto volume su un Aiwa portatile (quanta nostalgia): Talking Heads e Led Zeppelin, Yes e King Crimson, massì perfino i Duran e gli Spandau Ballet purché intervallati dalle malinconie dei Genesis. L'ambientazione nella periferia milanese impestata di fumi e furgoni completa i marchi di fabbrica narrativi di Raul Montanari. Qui è di scena Greco, quartiere incastonato tra Melchiorre Gioia e viale Monza e attraversato dalla Martesana che è a tutti gli effetti co-protagonista del plot.

Su un albero residuale in riva al naviglio una ragazzina costruì il nido da cui avrebbe desiderato spiccare il volo. "Posti talmente brulli, squallidi e desolati da farsi amare per questo". Oggi che i grattacieli sono a dieci minuti di bicicletta, quei posti sono ancora lì.

Raul Montanari
Il Regno degli amici
Einaudi
pp. 314, 18 euro

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Michele Lauro