Massimo Onofri, 'Passaggio in Sardegna' - La recensione
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Massimo Onofri, 'Passaggio in Sardegna' - La recensione

Viaggio a colori sull'isola della luce, la Sardegna: dolceamaro del vivere e categoria del pensiero

La nostalgia della Sardegna è come un fado a colori, quei colori della triade mare terra cielo disposti in magica, perturbante combinazione. Me lo ricorda a ogni istante lo sfondo del mio pc impostato su una foto di Tavolara nelle sembianze di immenso plantigrade adagiato sul pastoso cristallo del Tirreno. Quest'anno mi faccio consolare da un libro uscito proprio alle porte dell'estate: Passaggio in Sardegna, storia di un esilio amatissimo e di un viaggio, o meglio una slow life, nelle pieghe dell'anima isolana.

Devo confessare l'iniziale titubanza: l'opera è di un intellettuale dotto e brillante come Massimo Onofri, scrittore, critico letterario, docente di Letteratura italiana all'università di Sassari. Ahi che inciampo, mi sono detto. Invece fin dalla prima pagina spira un vento di leggerezza, di fatata ironia che mette subito a proprio agio: "Me ne sto seduto, come appeso a un cielo magrittiano, su un'esile sdraia a strisce bianche e verdi, acquistata quest'estate dai cinesi a un prezzo vantaggioso". Viterbese di nascita, Onofri si definisce sassarese d'adozione e algherese per scelta. Il suo trasferimento in Sardegna per motivi di lavoro, "su un'isola vera, lontano dagli affetti", fu un colpo di fulmine destinato a trasformarsi in solido amore e a sfociare in una rara malattia: stilnovismo patologico.

Passaggio in Sardegna è la storia di un viaggio su binari paralleli che si intersecano all'infinito: la geografia del sole dagli altipiani alle spiagge e alle misteriose isole dell'isola; la letteratura sarda dell'ethos prelinguistico e presociale, capace di restituire il senso di una comunità agro-pastorale in estinzione (come quasi tutto oggi), quel "nuraghe di suoni" (Gavino Ledda) che Onofri restituisce come una fantasmatica polifonia di voci, dal catalano utopico all'oleografia barbaricina; una festa del palato fra malloreddus seadas culurgiones e Malvasia, preparati ad arte da una genia di ristoratori addirittura commoventi per come si prendono cura delle persone.

Storia di storie, storia di incontri e storie di vita tra felicità e dolore. Si parte da Sassari con le sue penombre, da Salvatore Mannuzzu con le sue regole dell'anima. Si passa per decine di luoghi mitologici come la Fertilia razionalista e metafisica e la Nuoro a sfregio di Marcello Fois e Alessandro De Roma. Si approda infine a Cagliari dopo aver tastato la consistenza al latte in polvere delle spiagge di San Teodoro e quella cremosa delle dune di Piscinas. Cagliari, con la sua vitalità malinconica e ubriacante, con i "palazzi color catarro dei nobili ispanici decaduti" come li vide allontanandosi per mare Ruggero Gunale nell'incipit di Il quinto passo è l'addio, il capolavoro del compianto Sergio Atzeni (il Tondelli o forse il Kurt Cobain isolano).

Si esce dal Passaggio in Sardegna esausti come dopo una lunga cavalcata. Poi viene una voglia irresistibile di partire. Onofri non si risparmia, alla sera dopo cena c'è ancora spazio per un toscano sotto le stelle e una divagazione sul presente e il futuro del mondo, sulla bellezza fiera delle donne, sugli asinelli sardi come esseri leopardiani e l'agnello metafora della vita, sulla gloriosa e tenace editoria isolana, sui paesi abbandonati come San Salvatore di Sinis e i paesi-utopia come la siciliana Gibellina Nuova. Pagine bellissime sulla disciplina della scrittura e il senso dello spazio di cui parlava Lawrence, avvolto da una luce metafisica, dolorosa e irreparabile. Sulla crisi economica come crisi di coscienza e sulla magica impostura del turismo di massa.

Ma più di tutto nei suoi incontri Massimo Onofri rimane fedele ai valori dell'individuo, proprio come cent'anni fa Edward Morgan Forster in Passaggio in India, romanzo al cui titolo - ma forse anche al messaggio antiretorico e antiesotico, all'amore dolcissimo e impossibile per una terra d'adozione - è ispirato Passaggio in Sardegna. L'unico metro che conta d'altra parte, ha detto una volta Salvatore Mannuzzu, è quello "del bene e del male, che è poi il metro dell'amore, sul quale saremo giudicati".

Si tratta in fondo della felicità, chiosa Onofri nel corso del tenero discorso amoroso con la città di Alghero. La medesima sensazione si prova nel leggere questo libro. Il sole, il vento, la salsedine e le persone. Provare a riprendersi la vita, qualora "ci si fosse fatti trovare distratti".

Per approfondire

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Massimo Onofri
Passaggio in Sardegna
284 pp., 12 euro
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Michele Lauro