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'L'uomo autentico' di Don Robertson – La recensione

Uno 'Stoner' dai toni hard boiled, uno dei romanzi più amati da Stephen King, un libro dal passato che parla anche al presente. Ecco perché è da leggere

Don Robertson è un autore americano nato nel 1929 e morto nel 1999. Ha scritto diciotto romanzi, tra il 1959 e il 1989, ma, nonostante all'epoca in patria abbia riscosso un discreto successo, in Italia non è stato mai preso in considerazione, almeno fino a oggi. È uscito da non molto tempo per Nutrimenti, infatti, L'uomo autentico, sedicesimo libro di Robertson, datato 1987 e sinora mai pubblicato da noi. Un libro estremamente interessante, capace, come del resto possono solo i buoni romanzi, di mostrarsi vivo anche nel nostro presente.

Di cosa parla?

Il protagonista è Herman Marshall, anziano camionista in pensione che, ormai arrivato agli ultimi capitoli della sua vita, si rivolge al passato osservando la lunga lista di sconfitte subite, tentando di dare un senso alla sua esistenza. I sogni e le aspirazioni dell'Herman bambino e ragazzo (talentuoso giocatore di baseball ed eccezionale scacchista) messi da parte per trovare un equilibrio economico (negli anni della Grande Depressione). E poi la guerra contro i nazisti e i morti in battaglia, il ritorno a casa dall'amata moglie Edna e la routine su e giù per le strade d'America a bordo del suo camion, tra bar, ubriaconi, prostitute e donne che si sentono sole. E la voglia di un figlio, che arriva proprio quando sembra non ci sia più speranza: ma Billy, il figlio, nemmeno ventenne muore per un brutto male, straziante e ironico tributo al miracolo del concepimento tardivo (e dai risvolti molto particolari). E poi è la volta di Edna, distrutta dal cancro e dai rimorsi. Herman Marshall vuole capire (e il libro è tutto un grande punto interrogativo), fino a trovare la sua personale e definitiva risposta nei confronti della vita.

Uno 'Stoner' dai toni hard boiled

Un particolare della copertina di Stoner

Fazi

L'uomo autentico presenta un'evidente doppia somiglianza con Stoner di John Williams (Fazi). Emerge innanzitutto la simile storia editoriale: entrambi sono romanzi del passato riscoperti e ripubblicati forse nel momento più giusto per loro. Cambia solo il successo di vendita. L'altro punto in comune è la trama: fondamentalmente, in tutti e due siamo di fronte alla banale storia di un uomo qualunque, dalla nascita alla morte. Esistenze come tante altre, ma proprio per questo così vicine o così intellegibili per chiunque. Ma se in Stoner il protagonista è un professore universitario, acculturato, capace di leggere la realtà attraverso un bagaglio culturale ampio, ne L'uomo autentico abbiamo un uomo semplice, cresciuto in Texas, una delle regioni più razziste e limitanti d'America. Mentre nel libro di Williams tutto è protetto da una patina elegante e garbata, nel romanzo di Robertson troviamo sangue, sperma, urina, vomito, sudore, dialoghi rozzi, violenze gratuite. Ma anche altissimi momenti di luce. Se fossimo di fronte a due crime story potremmo dire che Stoner è il giallo classico e L'uomo autenticoun hard boiled alla Raymond Chandler. Due angoli di visuale diversi per lo stesso grande e irrisolvibile problema: raccontare l'esistenza.

Il libro nel libro

Tra le tante note positive de L'uomo autentico sottolineiamo in particolare la costante necessità da parte del protagonista Herman Marshall di trovare un fantomatico “libro” che gli possa spiegare ciò che sta vivendo. Ma né la Bibbia e nemmeno altri volumi simili, così distanti dalla terra e dal mondo, sono l'oggetto di questa ricerca. Tale esigenza nasce in Marshall nei momenti di più alta disperazione, quando davvero sembra che tutto non abbia senso. E spesso ci si rende conto che quel “libro” è proprio sotto i nostri occhi. È probabile che questo stratagemma sia il segnale di un'urgenza dello stesso autore, che scrisse questo romanzo quando aveva circa sessant'anni: non è un caso, del resto, che L'uomo autentico sia considerato una sorta di testamento letterario di Don Robertson. 

Cosa c'entra Stephen King?

Stephen KingKenzo Tribouillard/AFP/Getty Images

L'uomo autentico di Don Robertson è presentato come uno dei libri preferiti da Stephen King. Si tratta di un'informazione corretta, confermata dalla brillante introduzione che il maestro del brivido ha firmato per questo romanzo ed anche dal fatto che è stato proprio King a volerlo pubblicare negli anni Ottanta negli Stati Uniti attraverso la sua piccola casa editrice Philtrum Press, con l'intento di rendere omaggio e dare il giusto spazio a un autore che forse non è stato abbastanza seguito.

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Andrea Bressa