‘L'apostolo’ di Richard Godwin, tra noir e horror
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‘L'apostolo’ di Richard Godwin, tra noir e horror

Londra, un serial killer e l'ispettore che gli dà la caccia. Crudeltà e psiche allo sbando in un crime novel che indaga le radici del male

Fa capolino nelle librerie italiane L'apostolo, crime novel di Richard Godwin, primo dei suoi libri tradotti in italiano, a cura di Lite Editions. È un thriller scorrevole che intrattiene senza troppo impegno.

L'apostolo dosa in parti uguali horror, noir e procedural, facendoli ruotare attorno alla figura dell'ispettore Frank Castle e cercando di indagare la mente criminale e le origini del male. La storia affonda le sue radici nella Londra degli anni '80, quando circolava uno spietato serial killer che trucidava le sue vittime e le abbandonava nei boschi. Ora sembra che sia tornato (o è un emulo?) e Castle, che allora non era riuscito a catturarlo (portando pesanti conseguenze psicologiche e professionali), si rimette sulle sue tracce.

Gli omicidi vanno avanti sempre più efferati e colpiscono anche personaggi politici, seviziati brutalmente. Castle, aiutato dalla sua assistente Jacki Stone dalla Scientifica e da un profiler, cerca di chiudere i conti con il caso e di liberarsi dalle sue ossessioni.

Richard Godwin è un autore di thriller piuttosto noto nel Regno Unito: nato a Londra nel 1963, ha insegnato Letteratura inglese e americana presso l’Università di Londra. Ha scritto romanzi, saggi, poesie e opere teatrali. Fra i suoi maggiori successi, oltre a L'apostolo (2011), anche Mr Glamour, uscito due anni fa in patria; l'ultimo romanzo pubblicato è One lost summer.

Le prime righe de L'apostolo

I boschi sono avvolti in una fitta cortina di nebbia, pennellate di nero con un retrogusto pesantemente autunnale, odore di marcio tra il pacciame e le foglie morte brulicanti di insetti. Gli alberi tacciono nella luce rosso sangue, e una luna abbagliante, sospesa come un occhio vigile, riversa sul paesaggio muto la sua gelida promessa d’inverno. I cervi, la testa sprofondata nel morbido pelo, cadono in letargo, cullati dal pulsare dei loro cuori regolari come orologi.
Un sentiero serpeggia nel bosco, si immerge nell’ombra densa.
Un rumore brusco. Un barlume d’acciaio, e un uomo si abbatte al suolo, tra le foglie che si sollevano e ricadono come monetine da una tasca. Un’ombra si china su di lui, disegna un arco con la lama.
Le foglie arrugginite dall’autunno si imperlano di rosso. Gocce scure come cera colata.
L’uomo lotta, dimena le braccia a vuoto, ma l'altro è più veloce e forte.

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Martino De Mori