“La scorciatoia” di P.G. Sturges. In anteprima, il libro d’esordio del nuovo Raymond Chandler
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“La scorciatoia” di P.G. Sturges. In anteprima, il libro d’esordio del nuovo Raymond Chandler

Arriva in Italia l’entusiasmante debutto dello scrittore statunitense: un romanzo destinato a non deludere. Ecco la prima pagina

In Italia lo conosciamo ancora poco, eppure, al di là dell’oceano, qualcuno ha già azzardato paragoni illustri, accostando il suo nome a due maestri del genere noir come Raymond Chandler ed Elmore Leonard. Stiamo parlando di P.G. Sturges, che dal 28 giugno andrà ad arricchire la collana Revover (Edizioni BD) con il romanzo La scorciatoia.

Nato a Hollywood nel 1953, Sturges è figlio d’arte: il padre era infatti il celebre regista e sceneggiatore Preston Sturges, Oscar  1941 per la migliore sceneggiatura originale per il film Il grande McGinty. Nel curriculum di P.G. troviamo un po’ di tutto: sommergibilista, venditore di alberi di Natale, musicista, cantautore, commediografo. La scorciatoia, pubblicato per la prima volta negli USA nel febbraio 2011, rappresenta il suo romanzo d’esordio, che Edizioni BD ci ha permesso di leggere in anteprima.

Il protagonista del racconto è Dick Henry, un ex poliziotto di Los Angeles che si guadagna da vivere risolvendo, in modo più o meno lecito, le grane altrui. Ama definirsi la “Scorciatoia”, anche se di fatto si tratta del classico duro dal cuore tenero: spaccone, manesco e irriverente, ma nel profondo dell’animo incline ai buoni sentimenti. Chi ama i personaggi sempre al limite non potrà evitare di calarsi nella parte, grazie anche a una scrittura in prima persona capace di creare fin dalle battute iniziali un fortissimo effetto empatia.

Il racconto si accende quando Dick, che tra un lavoretto e l’altro se la spassa con un’irrequieta femme fatale di nome Lynette, viene incaricato da Artie Benjamin, cinquantenne magnate del porno, di stanare l’amante della moglie fedifraga, dando così il via a un tourbillon di intrighi e doppi giochi da cui è difficile non farsi rapire. Il risultato è un libro selvaggio e pieno di ritmo, che rompe i confini sfociando ora nel pulp, ora nel noir, ora nella black comedy.

L’esordio di Sturges si è rivelato talmente azzeccato che i produttori Paul Pompian e Mace Neufeld (Caccia a ottobre rosso, Invictus) hanno deciso di trasportare sul grande schermo le gesta dello spavaldo Dick Henry; il film risulta attualmente in fase di lavorazione. Ma non è tutto: da febbraio, nelle librerie statunitensi, La scorciatoia vanta già un sequel intitolato Tribulations of the Shortcut Man.

Ecco in esclusiva la prima pagina de La scorciatoia.

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TISDALE È SPIACENTE

Mi avevano mandato a cercare un certo Tisdale, un inquilino moroso professionista che viveva in un appartamento sulla Hobart, poco lontano dall’Hollywood Boulevard.
In caso non lo sappiate, un moroso professionista è uno che paga l’acconto, il deposito, qualche mensilità tanto per guadagnarsi la fiducia del proprietario e poi smette di pagare, adducendo a pretesto la cattiva sorte.
La prima volta Tisdale aveva dichiarato, soffocando un singhiozzo, di essersi trovato a scegliere tra le medicine di sua madre e l’affitto.
Ma poi i mancati pagamenti erano diventati due. Sua madre era morta e poi era morta di nuovo. A quel punto il proprietario si era reso conto di essersi preso una bella inculata, ma ormai era troppo tardi. Il moroso, vittima delle avversità, poteva dichiarare bancarotta. E in un attimo ci sarebbero voluti due anni e una barca di soldi per tirarlo fuori di lì. A volte anche diecimila dollari, solo per le spese legali. È in momenti come questo che un proprietario assennato si rivolge a me.
Io sono Dick Henry. La Scorciatoia.
L’appartamento di Tisdale era al centro del complesso, e dava sul retro. L’erba ai lati del vialetto di cemento spaccato era invasa dalle erbacce. Qualche cespuglio incolto circondava una di quelle imponenti palme hollywoodiane che richiamano milioni di persone verso un falso paradiso.
Qualcuno nei paraggi torturava una chitarra in stile Van Halen. Avvicinandomi mi resi conto che il rumore proveniva dall’appartamento di Tisdale.
Salii sulla piccola veranda, bussai e attesi. La chitarra tacque e qualcuno venne ad aprire.
Quello che vidi non mi piacque: quasi centoquaranta chili per due metri d’altezza, occhi da topo iniettati di sangue che mi scrutavano da dietro capelli lunghi e stopposi. Aveva una faccia grassa e sporca che mostrava tracce di un recente pasto a base di costolette.
E si sentiva odore di marijuana.
«Sì?» chiese faccia da costoletta.
Feci un cenno con la mano. «Salve, sono Dick Henry.» Volevo essere cordiale.
«E allora?»
«Lei è il signor Pissdale?»
«Tis-dale, con la T. E se sei qui per la chitarra, puoi levarti dalle palle anche subito. Non l’abbasso per nessuno. Li conosco, i miei diritti.»
Questi tizi li conoscevano sempre, i loro diritti. La mano cominciò a formicolarmi.«A dire il vero non me ne frega un cazzo della tua chitarra,» risposi, sempre cercando di essere cordiale. «Sono venuto per l’affitto.»
Il concetto d’affitto ci mise un bel po’ a fare breccia nei suoi circuiti. Finalmente giunse a destinazione.
«Affitto? L’affitto? E tu, razza di testa di cazzo, vieni a rompermi i coglioni per questo? Ma io li conosco i miei diritti. Li conosce il signor Landers e li conosci anche tu.»
Si passò le dita tra i capelli. «Vieni per l’affitto di questo gelido buco di merda pieno di spifferi. Ma io ho dichiarato bancarotta.» Aveva i denti di un verde giallastro. «Allora, che facciamo, devo chiamare il mio avvocato?»
Era una possibilità.
Ma a questo punto il formicolio alla mano era diventato un vero e proprio prurito, e così, senza che me ne accorgessi, mi partì un pugno, come aspirato attraverso la zanzariera da un celestiale vuoto karmico, che finì dritto sul naso di Tisdale. Sentii un piacevole scricchiolio, e Tisdale andò giù.

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Davide Decaroli