Daniela Marchesini, "Il sogno della letteratura":  il catalogo (dei sopravvalutati) è questo
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Daniela Marchesini, "Il sogno della letteratura": il catalogo (dei sopravvalutati) è questo

Una docente severa boccia Eco, De Carlo e mostri sacri come Harold Bloom. Per "eccesso di fiction"

Finalmente qualcuno che le canta chiare e non ha paura di proclamare ad alta voce che il re è nudo. Finalmente un critico disinibito che non si limita a generiche geremiadi sullo stato delle patrie lettere, rimpiangendo chissà quale numinosa età dell’oro, ma ha il coraggio intellettuale di dare nomi e cognomi ai motivi del suo scontento. Qualche esempio? Umberto Eco romanziere, coi suoi divertissement storicoeruditi, è il capofila di una «letteratura della piacevolezza che, evadendo l’onere di una ricerca concettuale e coerentemente formale, non scopre niente, non aggiunge nulla». Io non ho paura di Niccolò Ammaniti? Si salvano giusto le prime 20 pagine, ma è un romanzo concepito già come una fiction televisiva o un film. Andrea De Carlo e Paola Capriolo «esprimono un’evidente confusione fra letterarietà e letteratura». Non va meglio ad Antonio Moresco e alla pretesa, implicita nei suoi Canti del Caos, di rappresentare la totalità del mondo attraverso la pornografia. Pollice verso anche al collettivo Wu Ming e alla sua New Italian Epic.

Nel nuovo libro Il sogno della letteratura. Luoghi, maestri, tradizioni, appena uscito dalla Gaffi editore, Daniela Marcheschi, ordinaria di italianistica a Cosenza con un solido curriculum internazionale alle spalle, non le manda certo a dire per interposta persona, senza curarsi di conventicole o lobby. A cominciare da quella dei critici, alla quale appartiene: «Per molti di noi» stigmatizza «con lo sviluppo e la pressione dell’industria libraria il giudizio di valore si è mutato in giudizio di commerciabilità del prodotto letterario. Col risultato che la letteratura non è più amata per se stessa ma per quello che si può ottenere attraverso di essa: visibilità, immagine».

Oggetto degli strali di Marcheschi non è solo la nostra angusta parrocchia letteraria: pur col dovuto rispetto, non risparmia critici di fama internazionale come Harold Bloom, col suo vagheggiamento d’un impossibile canone occidentale della letteratura, o George Steiner, con le sue nostalgie metafisiche. Ma la lingua continua a battere dove il dente duole: sulla situazione del Bel Paese ove il sì suona. «Oggi si fa letteratura con poca letteratura» sintetizza Marcheschi, fustigando tanto il naturalismo ingenuo di troppi scrittori che identificano la realtà con la fiction televisiva quanto i manierismi minimalisti e americanizzanti di tanti giovani autori. «In Italia» è l’affondo finale «la cultura disturba la chiacchiera». C’è da augurarsi che Il sogno della letteratura disturbi parecchio.

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Roberto Barbolini