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Il blocco dello scrittore secondo 8 grandi autori

In un video Philipp Meyer, Jonathan Franzen, Margaret Atwood e altri importanti scrittori spiegano come affrontare la prima pagina bianca

Chi scrive, per passione o professione, ha affrontato almeno una volta il cosiddetto "blocco dello scrittore", trovandosi impotente di fronte all'immensità della pagina bianca. Certo, nella realtà non è davvero così frequente, come talvolta la fiction, soprattutto televisiva o cinematografica, sembra suggerire, ma tale situazione è comunque un evento possibile e occupa un posto abbastanza rilevante tra le paure di chi lavora con le parole.

Su questo tema il Louisiana Channel, portale online del Louisiana Museum of Modern Art di Copenaghen, ha pensato di realizzare un video in cui vengono intervistati otto grandi autori internazionali, chiedendogli cosa significa per loro, e come lo affrontano, un eventuale blocco davanti alla pagina bianca.

Le loro risposte sono molto interessanti e danno una visione diversa e inedita del problema (se davvero tale si può definire).



“Non credo che il blocco dello scrittore esista veramente”, dice Philipp Meyer. Secondo l'autore di Ruggine americana (Einaudi) “Si tratta fondamentalmente di insicurezza. È il proprio e personale senso critico sollevato a un livello più alto.”

Tre su otto tra gli autori intervistati sembrano essere d'accordo sullo stesso punto: uno scrittore deve arrivare già preparato di fronte al foglio da riempire. Jonathan Franzen (Purity – Einaudi) per esempio afferma che “la pagina bianca della mente deve essere riempita prima di affrontare la pagina bianca reale”, mentre Lydia Davis (Piccolo, piccolo grande uomo - Mondadori), con molta praticità, confessa di non approcciarsi mai alla scrittura se non ha con sé una nota o un pensiero a portata di mano. Joyce Carol Oates (Jack deve morire – Il Saggiatore) applica addirittura un metodo molto preciso per prepararsi: corre e cammina in solitaria, meditando e raccogliendo i pensieri per avere sempre qualcosa da dire al momento di mettersi a scrivere.

L'egiziano 'Ala al-Aswani, autore di opere come Cairo Automobile Club o Chicago (entrambi per Feltrinelli), propone uno spunto per una riflessione più ampia: la pagina bianca è per lui un simbolo di quel conflitto sempre presente in chi scrive tra "ciò che si vuol dire e ciò che si è in grado di dire". Il foglio vuoto è dunque attore nel processo di scrittura, un elemento che può diventare anche fonte di propulsione creativa. Completano questo pensiero David Mitchell (Cloud Atlas. L'atlante delle nuvole – Frassinelli) e Margaret Atwood (L'assassino cieco – Ponte alle Grazie): per il primo il foglio bianco è una porta che si apre sull'infinito, un potenziale; per la seconda “la pagina ti richiama a scrivere qualcosa su di essa. Vuole essere riempita”.

Daniel Kehlmann (La misura del mondo – Feltrinelli) esprime infine il suo sentimento di amore e odio nei confronti della prima pagina: riuscire a riempirla è “profondamente soddisfacente”, nonostante sia “la parte più difficile e meno gioiosa”.

Una versione ridotta ma già esaustiva di questo video si può trovare su Youtube. Se invece si vuole approfondire è possibile fare un salto sul Louisiana Channel.

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Andrea Bressa