Bruno Arpaia, 'Prima della battaglia'
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Bruno Arpaia, 'Prima della battaglia'

Un road movie circolare fra Napoli e Città del Messico, le tinte gialle di un breve crepuscolo monsonico. La seconda avventura del commissario con la passione dei libri scava nel fango della giustizia e di un'anima tormentata.

Bruno Arpaia ha con i suoi lettori una confidenza che sfocia nell'intimità. Il suo serial noir, inaugurato nel 2006 con Il passato davanti a noi e finalmente giunto alla seconda puntata, è fondato sull'azione-inazione di un personaggio che ha nel nome la propria didascalia: Malinconico, il commissario che leggeva romanzi. Un'eroe passato dai sogni di rivoluzione della precedente impresa (ambientata negli anni Settanta) agli incubi malavitosi di Prima della battaglia , ambientato nella Napoli anni Ottanta in mano alle cosche, specchio di un paese corrotto.

"La notte stava diventando giorno senza smettere di essere notte". Sospensione, attesa, desideri nati già stanchi. Rassegnazione, sensi di colpa, cospirazione del mondo. Ha trent'anni Alberto Malinconico e una visione del mondo confusa, da ricalibrare. Una vita sentimentale abbandonata alla routine e all'indecisione. Sentimenti vissuti come attacchi abusivi. Il suo avvenire è alle spalle, si è arruolato per un gioco del destino. Il caso, ancora lui, lo porta a indagare su un caso incerto, torbido, scivoloso. Simile alla sua imago interiore e al cielo costantemente gonfio di pioggia.

La semplicità e piacevolezza della scrittura di Arpaia, equamente distribuita fra dialoghi e monologhi spruzzati d'ironia, fanno scorrere avidamente il romanzo verso il colpo di scena come se fosse un vero giallo. In realtà lo scrittore ha disseminato di indizi la strada tortuosa che dai vicoli di Scampia porta il commissario alle spiagge dello Yucatan e poi a Merida, Veracruz, Ciudad del Carmen. Napoli bella, maledetta e ingombrante. Poi Messico e nuvole, ambigue carte da parati, umidità che satura ogni poro. Bravacci e sbirri, bettole, brutte stanze d'albergo come finestre aperte sui guasti del mondo e sull'oceano della psiche, dove sfogare istinti primari ma soprattutto colossali insonnie.

Nulla è quello sembra, a grattare sotto la scorza del giallo. Specchi fantastici distorcono in riflessi falsi un'unica anteriore realtà, come diceva Pessoa, "che non è in nessuno ed è in tutti". Perfino on the road, prima della battaglia tutto resta sospeso. Buoni e cattivi si scambiano i ruoli in quella nebbia opaca che avvolge la notte di Tehotihuacan e l'Italia delle sordide collusioni. Chi è lo scrittore che ha indovinato il dettaglio della propria morte? Chi è l'inseguitore e chi il fuggitivo? L'ex militante di Avanguardia Operaia boccheggia alla finestra di un malaffare che travalica ogni frontiera, sopraffatto dall'etica sfuggente del suo tempo, scosso come in un sogno da rari lampi di vergogna, scompigli di pensieri impazziti.

Un giorno le piacevoli abiezioni della solitudine, cifra esistenziale che il protagonista ha scelto per sé scambiandola per una promessa di libertà, deflagrano in un urlo munchiano sulle note di In the Court of the Crimson King, album visionario e manifesto progressive del 1969. Come disse all'epoca Robert Fripp, fondatore del gruppo, "scopo fondamentale dei King Crimson è organizzare l'anarchia, utilizzare il potere latente del caos e permettere a svariate influenze di interagire e trovare il proprio equilibrio". Per Alberto Malinconico il mellotron del Re Cremisi funziona da detonatore d'angoscia. Lo specchio gli rimanda i tratti di "qualcuno che sarei stato felice di non essere". La cattiva compagnia di se stesso, per usare la similitudine di Paul Valéry.

Non avevo scelto io di essere com'ero, conclude il protagonista. Parafrasando il titolo del bel romanzo di Arpaia di qualche anno fa, L'energia del vuoto ha ceduto al vuoto d'energia d'un uomo condannato ad arrivare sempre troppo presto o troppo tardi. A quanti non capita? Regina invisibile di questo romanzo è allora l'apparenza che diventa sostanza. Accusato di apparenza, Malinconico finalmente attacca: "la gente si aspetta che sotto l'apparenza ci sia chissà che cosa. E invece..."

Sorella dell'apparenza e coprotagonista di un romanzo di cui si anela un rapido sequel è la dimensione in cui tutto permane e insieme si consuma e si corrompe: l'attesa. Ciò che avrebbe potuto essere e non è stato e forse non sarà mai. Il tempo che precede un tempo fondamentale, che potrebbe anche non arrivare. Il tempo Prima della battaglia.

Bruno Arpaia
Prima della battaglia
Guanda
185 pp., 15 euro

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Michele Lauro