Bruce Springsteen secondo Alessandro Portelli: Badlands
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Bruce Springsteen secondo Alessandro Portelli: Badlands

Esce da Donzelli il lavoro dello studioso di cultura americana e fan del Boss: ecco come è finito il sogno della mobilità sociale

Alessandro Portelli è da sempre un fan di Bruce Springsteen. Come molti di noi. Portelli però è anche un impareggiabile conoscitore e studioso della cultura americana, in particolare di quella delle ceti inferiori e della classe operaia e della letteratura più attenta a questo mondo popolare.

In questo suo nuovo libro, Badlands, Springsteen e l'America: il lavoro e i sogni (Donzelli), ha unito a questa sua specializzazione la sua passione per il rock e l'amore per il Boss.

"Molti sono migliori dal punto di vista dell'analisi musicale, dei concerti, della biografia. Io ho messo in gioco 50 anni di lavoro come americanista, tutta la conoscenza della cultura e letteratura americana e di fan del rock'n'roll" spiega all'Ansa Portelli al suo arrivo a Mantova per un atteso incontro al Festivaletteratura.

La chiave di lettura del libro è quel verso di Springsteen in 'The River', in cui dice: "'qui ti insegnano a vivere la vita dei tuoi genitori', che consiste appunto nella negazione del mitico sogno americano.

I come from down in the valley
where mister when you're young
They bring you up to do like your daddy done
(cfr, The River, Bruce Pringsteen.net)


La mobilità sociale
Il tema della mobilità sociale in salita e in discesa attraversa tutta la produzione di Springsteen" sottolinea Portelli.

Il Boss non mente anche quando si tratta della sua storia e ci mette davanti a quella "forte tensione - dice l'americanista - che c'è fra i suoi testi problematici e la sua musica entusiasmante, semplice, carica di vita che ti dice: 'comunque noi siamo vivi, non ci lasciamo sconfiggere'".

Interessante alla fine il confronto tra 'The River' e 'Nina' del cantautore veneziano Gualtiero Bertelli.

"Sono entrambe storie di due proletari che si sposano. Lei è incinta, lui è disoccupato. La differenza è nella conclusione. In Bertelli c'è rassegnazione, così funziona il sistema, nessuno gli ha promesso niente. Springsteen dice: 'ma non dovrebbe andare in un altro modo?'".

Ed ecco dunque la differenza fra l'America e il nostro Paese: la possibilità di rivendicare il diritto a una promessa mancata come raccontano 'Born in The Usa' e 'The Promise'.

In Italia, al massimo si può dire, dice Portelli, "vabbe', ma che ti aspettavi?".

L'individuo
Anche se alla fine, in ogni caso, tutto è affidato alla forza del singolo individuo. Springsteen parla chiaro: "Non si sale la scala sociale con il duro lavoro e con il merito", ma il Boss rivendica "il diritto a sognare e a desiderare affidandolo, perà, non al sistema ma alla forza interiore delle persone, quella che sta dentro la sua musica" racconta Portelli e cita uno dei personaggi di Faulkner che dice: "ci hanno ammazzato ma non ci hanno ancora sconfitto".

Un ricco con la camicia da povero
Bruce "non nasconde di essere pagato a peso d'oro per fare quello che gli viene naturale e dice - racconta Portelli - di essere un ricco che si mette la camicia da povero.
Ha scritto anche cose molto belle sui migranti.

Basta pensare ad 'American land' del 2006 in cui elenca i cognomi degli immigrati e tra questi cita quello di sua madre, di origini siciliane, mettendosi dunque dentro pure lui", aggiunge Portelli che da 7-8 anni lavora a un progetto sulla musica dei migranti e rifugiati per cui sono usciti alcuni cd nella collana Roma forestiera, a cura del Circolo Gianni Bosio.

E adesso il Boss scrive "canzoni sui padri che sperano i figli non siano come loro" conclude Portelli e poi scrive un biglietto da consegnare con 'Badlands' a Springsteen, in questi giorni a Roma con la famiglia.

(ANSA)

Bruce Springsteen con Barack Obama (Credits: AP Photo/Alex Brandon)

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