Rapsodia francese
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Antoine Laurain, Rapsodia francese - La recensione

Il pulviscolo psichico di un'epoca in un romanzo-allegoria della società francese contemporanea

Una colossale installazione d'arte contemporanea a forma di cervello si libera dagli ormeggi e punta verso la ionosfera, sfiorando la Torre Eiffel. In un breve accesso d'euforia l'artista, cui Google aveva già associato un paio di milioni di pagine, vede se stesso come il nuovo Leonardo da Vinci. Un cervello volante sui cieli di Parigi: il sense of humour di Antoine Laurain è un salutare filtro nel giorno delle elezioni d'oltralpe più delicate del millennio. Mescolando abilmente nostalgia e parodia, l'autore della Donna dal taccuino rosso ha affrescato una gustosa commedia umana intitolata Rapsodia francese.

La ricchezza semantico-musicale del termine rapsodia definisce bene i contorni di questo romanzo atipicamente politico. Una suite dalla struttura libera e che liberamente vagabonda intorno a un luogo (la Francia ma più in generale l'Occidente contemporaneo), un momento storico (gli anni duemila compressi tra il marketing dell'alta finanza e quello della rete, umiliati dal culto dell'immagine e da una sorta di "coazione a cliccare") e una precisa età della vita: i cinquanta con tutti i rimpianti del passato e le paure per il futuro, il concetto di esperienza drammaticamente prossimo a quello di disillusione, una ricerca di identità giunta all'ultimo treno, un bisogno d'amore inascoltato.

La scintilla narrativa è affidata alla più classica delle sliding doors. Siamo nel 2016 e Alain, un medico parigino, riceve per posta una lettera datata 1983. Trentatrè anni prima gli Hologrammes, la rock band in cui suonava la chitarra, avevano mandato in giro invano un demo per cercare una casa discografica. Come moltissimi altri gruppi non avevano retto alla prova del tempo, perdendosi di vista alle prime sollecitazioni della vita adulta. La lettera, firmata da un dirigente della Polydor, richiedeva al più presto un contatto, mostrando apprezzamento per un talento ancora acerbo ma soprattutto per il pezzo ispirato a un verso di Shakespeare: We are made the same stuff dreams are made of.

Vittima di un mal di schiena che lo costringe a letto, Alain si accorge di somatizzare una crisi esistenziale. La lettera - il suo paradossale salto nel tempo - gli offre lo spunto per guardare nello specchio la sua faccia brizzolata e la sua intera vita inchiodata a un tran tran senza passione, con una moglie che forse lo tradisce. Eppure non pensavamo di essere fatti della materia dei sogni? Bisognerebbe riascoltare la canzone, ma chi può aver conservato il nastro? La misteriosa cantante che se la faceva col fratello dell'autore dei testi, dedicatosi poi all'antiquariato? Oppure il tastierista nella Thailandia dove si è ritirato, il bassista nel frattempo divenuto capo di un movimento xenofobo, o ancora il batterista Stan Lepelle, artista concettuale convivente con una pornostar russa?

Alain si mette sulle tracce dei suoi ex compagni. Sei personaggi in cerca d'autore, ciascuno posizionato con la propria biografia individuale nella cronologia di una Francia irriconoscibile rispetto agli anni Ottanta. Laurain approfondisce soprattutto la storia di JBM, ex finanziatore del gruppo e oggi imprenditore di successo sposato con un'ereditiera, geniale precursore di internet grazie al quale ha fatto fortuna fino a porsi in rampa di lancio verso l'Eliseo. E quella di Sébastien Vaugan, simbolo dei nuovi predicatori eretici cui ha aperto le porte l'universo social 2.0. Nell'"altro mondo", dice lo scrittore lanciandosi in un confronto con l'epoca pre rivoluzione digitale, questa preoccupante orda di fanatici semplicemente non sarebbe potuta esistere. Grazie alla rete invece i più scaltri fra i comunicatori alimentano gli istinti di un pubblico difficile da identificare con precisione (ma poi attivo in cabina elettorale).

Nulla è scontato in questa Rapsodia, sorta di canto collettivo aperto alle variazioni di tono e ai punti di vista, con tanto di evidenziazione tipografica dal tondo al corsivo per i capitoli narrati in prima persona da una voce femminile. Infatti il finale è densissimo di colpi di scena. Una novella populista, in linea con lo spirito dei tempi? Forse. Però con due ingredienti che la rendono squisita: l'ironia ("se Dio esisteva, il suo senso dell'umorismo non aveva limiti" conclude Alain alla fine) e la musica.

La musica, l'unica magia che non si corrompe col tempo, anzi capace di splendere oltre la morte come ha dimostrato fra gli altri David Bowie, omaggiato da tante citazioni in questo libro uscito in Francia proprio a ridosso della sua scomparsa. La musica, come è capitato ad Alain, ti fa scoprire una verità dolce e insieme spietata: qualunque età si abbia, credi di aver seppellito i sogni di gioventù ma poi ti accorgi che non è vero. "Il cadavere è lì, terrificante e insepolto".

Antoine Laurain
Rapsodia francese
Einaudi
194 pp., 18,50 euro

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Michele Lauro