Il sentimento anti-italiano in Libia (1911-2015)
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Il sentimento anti-italiano in Libia (1911-2015)

Un secolo di rapporti difficili tra Roma e Tripoli: da Graziani a Gheddafi alla frammentazione del paese oggi

Le tappe fondamentali dei difficili rapporti tra Libia e Italia possono essere sintetizzati a partire dalla guerra coloniale combattuta nel 1911-1912 contro la Turchia, che si concluse con la vittoria italiana e l'annessione di parte del territorio dell'attuale Libia concentrata specialmente sulla fascia costiera.

Al di la delle azioni repressive italiane compiute nell'ambito del conflitto nei confronti delle popolazioni arabe fedeli alla Turchia, il sentimento ostile agli Italiani crebbe esponenzialmente dopo la Grande Guerra, quando iniziò da parte dell'Italia fascista la cosiddetta "riconquista" dei territori perduti o mai controllati del vasto territorio desertico. Tra il 1921 e il 1929 iniziò la sistematica azione militare italiana guidata da Rodolfo Graziani quando il governatore era il conte Giuseppe Volpi di Misurata.

La superiorità tecnologica e militare permise al Regio Esercito, che schierò prevalentemente gli Ascari di Eritrea, di riconquistare nel 1929 la Tripolitania. La Cirenaica sfuggiva al controllo italiano sia per l'estrema ostilità del territorio che per l'attività di resistenza delle tribù di Senussi raccolte dal mujahddin Omar Al-Mukhtar che organizzò una vera e propria guerriglia sull'imprendibile altopiano di Gebel.

Graziani organizzò a partire dal 1930 una ferocissima repressione sulla popolazione araba della Cirenaica attraverso la deportazione in campi di concentramento nel deserto, marce della morte, fucilazioni di massa, impiccagioni. L'ultima oasi Senussa di Cufra cade nel gennaio 1931, mentre Al-Mukhtar è catturato e impiccato nel settembre dello stesso anno. 

Dal 1934 al 1940 crebbe esponenzialmente il numero dei coloni italiani, fino ad un numero di circa 120.000 residenti su una popolazione che non raggiungeva il milione di abitanti.

Con la sconfitta dell'Asse in Africa Settentrionale, inizia la prima grande ritirata degli italiani di Libia, con la conseguente confisca di tutte le infrastrutture costruite durante il periodo coloniale. La popolazione italiana fu ridotta ai minimi termini e fu fissato con il Regno Senusso di Libia (sotto l'egida britannica) una riparazione di guerra solo parziale (accordi del 1956). 

Dopo un periodo di relativa stasi il colpo di stato del colonnello Muhamar Gheddafi riportò al centro dei rapporti tra i due paesi la questione dei risarcimenti di guerra. Con una risoluzione improvvisa ed immediatamente esecutiva il leader libico decise l'espulsione di tutti i cittadini italiani ancora residenti sul territorio libico e la conseguente confisca di tutti i loro beni, inclusi i contributi versati agli enti previdenziali italiani. E'il 7 settembre 1970, inizia la "Rivoluzione Verde del colonnello".

Da allora il regime di Gheddafi celebrerà il "Giorno della vendetta" nei confronti degli ex occupanti italiani. I monumenti del fascismo furono abbattuti e le chiese trasformate in moschee. Con gli anni '80 si apre un periodo difficilissimo nei rapporti tra la Libia e il mondo occidentale, culminato con l'attentato di Lockerbie e il bombardamento americano di Tripoli nel 1986 al quale il colonnello stesso sfuggì per un soffio, avvisato preventivamente dall'ex premier italiano Bettino Craxi. In risposta all'attacco americano, i libici lanciarono due missili SS-1 "Scud" contro una postazione Nato dell'isola di Lampedusa, finendo fuori bersaglio. 

La fine della Guerra Fredda e del blocco sovietico generò negli anni '90 un relativo riavvicinamento della Libia a Roma, culminato con gli accordi bilaterali segnati dall'allora Presidente del Consiglio Lamberto Dini. Sostanzialmente l'Italia avrebbe fornito aiuti alle popolazioni libiche e fornitura di tecnologie ed infrastrutture in risposta alle sempre vive richieste di risarcimento da parte di Gheddafi.

Gli accordi non arriveranno mai alla ratifica parlamentare, mentre il filo dei rapporti diplomatici con Tripoli fu ereditato dal Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Tra il 2004 e il 2008, date delle due visite del primo ministro in Libia, furono tracciati i passi dell'avvicinamento e della cooperazione tra i due paesi e la questione delle riparazioni coloniali.

Il "Trattato d'amicizia italo-libica" include in questo caso anche la cooperazione attiva della Libia nel contrasto all'immigrazione clandestina. Nel 2006 un episodio scaturito da una iniziativa dell'allora ministro Roberto Calderoli che si presentò in tv indossando una maglietta con la vignetta di Maometto apparsa sul quotidiano danese Jyillen-Post, riaccese momentaneamente i sentimenti anti-italiani in Libia, culminati con l'assalto al consolato italiano di Bengasi.

La serie di incontri tra Berlusconi e il leader libico proseguiranno fino al 2010. Nel 2009 Gheddafi  giunse a Roma mostrando sulla divisa una foto del mujaddin Al-Mukhtar, ucciso nella riconquista degli anni '30. 

La rivoluzione del 2011 e la morte di Gheddafi videro l'arresto repentino della distensione italo-libica della seconda metà degli anni 2000. Roma partecipa attivamente all'operazione militare Odyssey Dawn che porterà alla fine del quarantennio del colonnello. 

Dopo il 2011 la frammentazione e l'instabilità libica portano ad altri episodi dimostrativi contro l'Italia. Il 12 gennaio 2013 viene attaccata l'auto del console italiano Guido De Sanctis, uscito fortunatamente illeso. A seguito delle proteste del governo di Tobruk per una supposta violazione delle acque territoriali libiche da parte della Marina Militare italiana, il 1 novembre 2015 il cimitero italiano di Tripoli è stato gravemente danneggiato.

Campo di concentramento italiano e prigionieri libici durante la riconquista di Graziani.

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Edoardo Frittoli