«Se ti amo, che cosa ti importa?» – Appello per frenare le unioni con le bambole
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«Se ti amo, che cosa ti importa?» – Appello per frenare le unioni con le bambole

Vengo a sapere che ormai su tutto il territorio della Repubblica, dalle grandi città, dov’era prevedibile, alle più rispettabili e anonime province, si vanno diffondendo club di persone dedite alla perversa pratica di convivere more uxorio con bambole, statue…Leggi tutto

Vengo a sapere che ormai su tutto il territorio della Repubblica, dalle grandi città, dov’era prevedibile, alle più rispettabili e anonime province, si vanno diffondendo club di persone dedite alla perversa pratica di convivere more uxorio con bambole, statue e fantocci che riproducono le fattezze umane. Spesso si tratta di esemplari fisici, materiali; a volte si tratta di pure immagini.

Che i libri fossero pericolosi, che potessero contenere e contribuire a diffondere idee sediziose in grado di eccitare gli istinti più empi, di disgregare società – prima fra tutte la più naturale, quella familiare – di dare luogo ai più infimi comportamenti come logica conseguenza di abissali e indicibili pensieri, lo sapevamo. Già, perché è ai libri che possiamo far risalire questa insania.

Lo sdoganamento di questa brutalità è avvenuto pian piano, senza che ce ne accorgessimo.

Ci era sembrato innocente, magari anche affascinante, che colti e sofisticati “signori” si dilettassero nell’immaginazione di rimediare alla sostanziale solitudine dell’uomo mediante l’illusione della vicinanza con un corpo, fosse pure artefatto e frutto di fantasticheria, e che riversassero queste ingenue e se vogliamo anche sempliciotte fantasie su carta;

abbiamo anche tollerato che a leggerle, queste fantasie, fossero non solo uomini dotati di spirito, ma anche donne, e nel pieno delle proprie facoltà mentali e generative;

abbiamo lasciato che nella civiltà delle immagini queste fantasie decadenti prendessero corpo, volto, occhi, che agissero sulla nostra psiche, favorite nel loro losco avanzare dall’avvento delle tecnologie di riproduzione e condivisione digitale;

abbiamo infine concesso, prima a uno poi a sempre più numerosi di questi bizzarri, di questi – diciamolo pure – devianti, che ci facessero partecipi dei loro turpi esperimenti, e mettessero a parte il mondo intero delle loro viscide pratiche  – che vogliono farci credere amorose – con quello che non è niente più che un automa, un pupazzo, un manichino. Non solo, ma questi stessi singolari soggetti vogliono, oggi, ottenere erga omnes e alla luce del sole il riconoscimento istituzionale e spirituale delle loro unioni contronatura.

Avremmo dovuto vigilare allorché l’ambiguo poeta che cantò gli angeli come creature «terribili» volle spingersi al punto di ravvisare dentro il corpo della bambola il soffio vitale di un’anima

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- Un argomento a prima vista puerile -

e nella loro “assenza di sesso” una sperimentabile e «stabile voluttà»

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Rilke parla di "odio"e di "anima"!

e avremmo già dovuto allarmarci quando un conclamato depravato vedeva nel giocattolo non solo l’oggetto di un desiderio che partiva dal bambino o dalla bambina – e attenzione che non parla del ben noto desiderio del possesso! – ma anche – Dio ne scampi – il punto di partenza, l’agente!, di un desiderio che agiva sugli stessi poveri e indifesi soggetti.

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"il giocattolo vivente"

Altrove lo stesso “poeta” definisce la bambola «foemina simplex du satirique latin», e noi non dovremmo dimenticare che si tratta dello stesso poeta che cantò le puttane e gli acquitrini di Parigi.

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immagini dure

Era quasi ovvio che dopo queste prime ammissioni qualcuno volesse accanire la propria sconvolta attenzione sulle singole parti, le «membra», se così è lecito chiamarle senza cadere nel grottesco, di questi manichini e marionette. Era inevitabile che le esposizioni universali, le vetrine, le fiere, le collezioni private, i quadri viventi e poi con essi il cinema, ed ora la rete, amplificassero il malvagio incantesimo di queste copie della femmina dalle carne opaca.

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Walter Benjamin, I «passages» di Parigi

Era, quello, il primo rantolo di una materia che si stava formando allo scopo di soggiogarci col movimento ambiguo dei suoi arti e dei suoi non vivi occhi – ma avremmo dovuto frenare anche il meccanismo dell’orologio e del mulino, non a caso i due oggetti nominati come macchine semoventi della modernità da Karl Marx.

La rottura della bambola, evento catastrofico ma ancora affrontabile della infanzia di ciascuno di noi, ha invece agito sulle menti più deboli come un disvelamento, o peggio come una svestizione di un corpo che si faceva finalmente disponibile, come testimonia il caso di tale Hans Bellmer, tra i più disperati

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"L'inconscio fisico che abita in ogni bambola"

che si è anche adoperato nella sterile – e quanto – occupazione di riorganizzare quelle membra disgiunte a piacimento, creando mostri, ibridi, anatomie disarticolate che non hanno fatto che accrescere la mostruosità delle combinazioni a disposizione delle degenerate menti di oggi.

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La poupée

Che quella carne fosse oscena, che contenesse un morbo e una putredine, avrebbe dovuto saltarci agli occhi al sorgere del primo di quegli istituti noti come “ospedali delle bambole“, pagati dai contribuenti onesti.

Abbiamo tollerato le intemperanze di questo folle (qui una sua delirante dichiarazione a voce);

abbiamo chiuso un occhio davanti alla evidente agalmatofilia di un Buñuel, pensando fossero stravaganze d’artista.

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L'âge d'or

Non ci stupiamo se la civiltà dell’immagine, ispirandosi a questa insania, ha più volte incarnato il mostruoso incubo della sconcia marionetta. Questo è un film del 2004: ginoidi create per soddisfare gli appetiti sessuali di sviati Frankenstein del futuro si ribellano ai propri padroni, uccidendoli. Guardatene qualche fotogramma: non servono commenti.

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Con questo non vogliamo incoraggiare nessuna violenza nei confronti delle numerosi incarnazioni di questa bestiale artificialità; noi non siamo contro l’automa, e anzi crediamo che ogni gesto passionale nei suoi confronti che vada oltre il disprezzo appartenga alla stessa specie di sconsideratezze disumane che i loro appassionati chiamano amore o passione.

Ogni atto di distruzione fisica di queste copie di umani che non passi per un loro rifiuto etico verrebbe tacciato di sadismo, cioè di una tra le più spregevoli perversioni che albergano nel cuore umano.

Riferiamo solo il racconto Una vera bambola della scrittrice Holmes in un libro dal titolo paradigmatico

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Tanti oggetti, tutti opachi

in cui un adolescente si accanisce sessualmente sul corpo animato della Barbie Tropical appartenente a sua sorella

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"...non mi importava se l'ammazzavo"

Il Grande Partito per la definitiva liberazione sessuale si è dichiarato favorevole a un’apertura, pronunciando un cauto sì alle “unioni”, semmai, tra uomini e siffatti giocattoli animati, ma spiccando un chiaro no al loro riconoscimento civile e istituzionale nella forma del “matrimonio”; il Partito della Contrizione (o dell’Amore Umano, come pare si chiamerà alla prossima tornata elettorale) è pronto a dar battaglia su tutti i fronti.

La nostra classe politica più progressista, per fortuna sempre attenta alle fini questioni epistemologiche delle quali sostanzia la sua opera soteriologica, aveva più volte messo in guardia contro il pericolo che l’uomo si facesse merce, che il suo corpo divenisse un pezzo dell’enorme mercato delle carni del lavoro e della massificazione; ma che la merce, vestendo la sua pelle di plastica, diventasse umana, e senziente, tanto da sottomettere i nostri istinti alla sua lasciva durezza, questo non poteva certo prevederlo né frenarlo.

Il Presidente del circolo velico di Bolsena (Bolsena, non Bolzano), candidato Premier per il partito dell’Amore divino, ha severamente (cioè mediante confacenti immagini di bibliche dannazioni) ammonito come “incivili” le suddette pratiche, tanto da guadagnarsi non solo gli encomi della sua parte politica, com’era scontato, ma anche la stima del suddetto Grande partito per la Liberazione Sessuale, ambiziosamente orientato a conquistare anche i consensi dei simpatizzanti dello schieramento avverso e in più a consolidare, eventualmente, i voti di coloro che sì, sono favorevoli a una totale e cristallina liberazione sessuale, come da programma, ma in fondo al loro cuore sanno di tifare per la parte sbagliata, e che prima o poi qualcosa, Qualcuno – l’ascia della Storia, un’Intelligenza superiore alla loro, anche di poco, se non addirittura il Movimento Dialettico così ben oliato all’epoca dei loro studi giovanili – rivelerà in faccia al mondo la Verità.

E la Verità è che quello che è finzione è finzione, che finché si è potuto ci siamo divertiti a piegare la natura al ghiribizzo del nostro artificio, sì, l’abbiamo fatta grossa, è stata una grande festa, ma che prima o poi l’ora delle boutades finisce, e la prosa e la poesia più ardite devono tornare da dove sono venute, e cioè nelle menti, e nei sogni notturni più inconfessabili.

E sia: non ci siamo accorti per tempo come il movimento grazioso dell’autonoma fosse in realtà una manovra subdola dentro il nostro subconscio? Bene. Non vedevamo l’erezione nel corpo rigido e tutto unito della bambola? Perfetto. Finché tali aberrazioni venivano consumate al chiuso, al riparo dagli sguardi dei più innocenti e di noi evoluti, eravamo forse salvi dall’orrore.

Ma oggi, che si diffondono e pubblicizzano fabbriche di bambole giganti, oscenamente umane, per tutti i gusti e per tutte le – diremmo – aderenze, tali che lo spasimante, ossia il consumatore, può esprimere per filo e per segno quali fattezze debba avere quella che eleggerà a propria compagnia di vita, adesso che può scegliere chi o cosa amare, abbiamo ancora dei dubbi di quanto pericolose possano diventare le intenzioni umane?

Quanto ci serve ancora per capire che ci sostituiranno nella nostra funzione primaria, che è quella di riprodurci? Forse che, niente di ciò che è umano possiamo dichiarare estraneo? Dove arriveremo? Chi ci assicura che questi sensuali non mirino a insidiare anche le perfettamente mute e innocenti bambole di casa nostra? Chi ci dice che questo non sia il primo passo verso la gino-androidofilia poligamica?

E se anche ammettessimo in loro l’ardita ipotesi di un’anima, chi ci dice che questi “esseri” siano consenzienti? Cosa possono rispondere le bambole alla nostra dichiarazione d’amore? Nulla, niente: il silenzio è l’unica risposta possibile, e ce la meritiamo. Se noi le amiamo, a loro non importa! È dunque in questo modo che intendiamo l’amore? Un muto dialogo da noi a copie di noi?

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Walter Benjamin, "Elogio della bambola"

A questo punto non ci sorprenderemmo se dovessimo passare agli animali da cortile. Immaginate il vostro matrimonio con un’oca, il silenzio imbarazzato degli invitati nel momento in cui il concierge si apprestasse a servire le tartine al paté.

Il nume lacerante dell’amore si impossessa dei corpi reali rendendoli artificiali e di quelli fittizi rendendoli obbrobriosamente, scimmiescamente, divinamente umani, e noi, che siamo gli eredi genetici e soprattutto spirituali di Leonardo, Dante e Galileo, non muoviamo un dito?

Ai classici, bisognerebbe tornare, per riscoprire la freschezza delle loro – delle nostre – forti e sane radici.

Come dite? Ovidio? Le Metamorfosi? Pigmalione. Certo, c’era da aspettarselo.

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Le Metamorfosi, ovviamente

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ancora

Ma gli antichi, si sa, erano dei pervertiti.

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Daniela Ranieri

Daniela Ranieri vive a  Roma, anche se si domanda perché ciò dovrebbe avere importanza in questa sede. Ha fatto reportage e documentari per la tv. Ha fatto anche la content manager, per dire. Vende una Olivetti del '79, quasi  nuova. Crede che prendere la carnitina senza allenarsi faccia bene uguale. Ha pubblicato il pamphlet satirico "Aristodem. Discorso sui nuovi radical chic" e il romanzo "Tutto cospira a tacere di noi" (entrambi Ponte alle Grazie) 

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