L’angolo del libro mi si è infilato sotto una costola
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L’angolo del libro mi si è infilato sotto una costola

Una delle cose che mi piace di più fare è andare a Milano e lamentarmi. Generalmente prediligo concentrare tutto il mio disappunto sul clima, che amo trovare ostile e pretenziosamente severo, motivo per cui sono particolarmente contenta di andarci …Leggi tutto

 

Una delle cose che mi piace di più fare è andare a Milano e lamentarmi. Generalmente prediligo concentrare tutto il mio disappunto sul clima, che amo trovare ostile e pretenziosamente severo, motivo per cui sono particolarmente contenta di andarci in inverno, priva di ombrello e con un vestiario che sarebbe considerato di mezza stagione persino alle latitudini quasi equatoriali presso le quali alligna la mia stirpe.

Massimamente mi piace ammalarmi l’ultimo giorno della mia permanenza, chiamare gli amici milanesi dal treno del ritorno e dire loro ecco, vedi, lo sapevo, niente da fare, è l’aria quando esci dalla metropolitana che è diversa da Roma. Di solito loro mi rispondono perché, a Roma c’è la metropolitana? Al che io faccio la voce nasale e dico sì, ma è al coperto.

Quando ci vado d’estate, invece, non mi diverto. Milano è troppo impegnata ad essere Milano, troppo pensosa di sé, per  abbandonarsi come si deve al parossistico dispendio estivo in cui precipita, invece, una città fantasiosa, sazia e gattesca come Roma. Sembra semplicemente Milano col riscaldamento acceso. La metro funziona, il traffico è regolare, ristoranti e biblioteche sono aperti, la città respira normalmente, i cittadini mantengono la loro sobria e funzionale urbanità. Io non mi ammalo e non trovo niente di cui lamentarmi.

Invece, stupore: l’altro giorno uscendo dalla metro Duomo sembrava di stare alla rotonda di Ostia, ma senza clacson: tutto un ciabattare di ciondolanti passeggiatori chiaramente disoccupati, tutto uno sventolarsi con l’inserto meneghino del Wall Street Journal, un non guardare la madonnnina per evitare il rischio di ustione alla cornea. Lattine di Seven up abbandonate sul selciato. Un paio di turiste con l’ombrellino. Un gatto. Estate.

In preda al panico, ho affrettato il passo. Fuori dalle gelaterie si stavano formando file, file umane; il torpore della folla creava piccoli ingorghi, dentro i quali si avviavano conversazioni sul caldo e si stringevano fugaci e leggere amicizie; un tabaccaio abbassava la saracinesca per andare a pranzo. Quel dormiveglia lieve correva il rischio di mettermi in una buona disposizione d’animo.

All’improvviso, come sempre nella mia vita, una libreria mi ha salvato.

Ah, il fresco nitore della vigile Milano! L’odore di sasso bagnato della sua aria seria e un po’ tetra! La garanzia del suo relax al 40%, la sua operatività efficiente e vigorosa!

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Libreria Malavasi, Largo Schuster, 1

La smetto di fare la scema. La libreria è davvero bella, seria, curatissima, pulita, serena. Il proprietario mi accoglie – e già questo va a suo onore, giacché io non avrei mai accolto una romana sudata e in preda al panico in una stanza con un Tito Livio come questo

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- e sopporta per più di un’ora le mie domande. Vi faccio un riassunto.

Il marmo di Candoglia, di notte, rimanda bagliori fluorescenti, come le squame di certi pesci delle profondità. Se devi bombardare Milano, aspetta di vedere quel riflesso della luna nel buio; quando lo vedi, sei sul Duomo: puoi sganciare la bomba.

Gli attacchi sono iniziati nel giugno del 1940. Suo padre aveva aperto la libreria da appena un mese. Quando tu giochi a freccette, mi spiega Sergio Malavasi, può capitare che tu non faccia subito centro. Le probabilità che la frecca colpisca la periferia sono anzi molto più alte. È per questo che i dintorni del Duomo son stati i più colpiti.

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Lo studiolo

Il ’43 fu l’anno peggiore. Alle 00:31 della notte di Ferragosto interi quartieri furono distrutti. Il giorno dopo i quotidiani uscirono in edizioni ridotte perché quasi tutta la carta era andata bruciata. Ma non i libri.

Come tutti sanno, mi dice (tutti tranne me, che sono influenzata dagli scenari della fantascienza distopica) il fuoco non è il peggiore nemico dei libri. Le pagine compattate impediscono all’aria di penetrare, e quindi al fuoco di divampare.

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4 gatti sulla Treccani (con la voce "Fascismo" firmata da Mussolini ma scritta in realtà da Gentile)

Ah, no? E qual è il nemico peggiore dei libri?, chiedo.

L’acqua. È l’umidità che distrugge i libri, che fa fiorire la carta. La carta fiorisce quando la muffa la attacca.

La conservazione del libro è, in primo luogo, una sua difesa dall’umidità. Ci sono persone che dedicano la loro vita alla cura dei libri fin negli aspetti minimi della loro fisicità. Questo è, l’amore dei libri.

La curiosità, invece, divora me: chiedo che mi venga mostrato il volume più prezioso. Lui ride, e dice che non c’è un volume più prezioso di un altro. Ce ne può essere uno più antico, più costoso, più curato, più ben conservato, più…

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La Divina Commedia illustrata da Salvador Dalì

Gli chiedo se ha presente Una solitudine troppo rumorosa. In un magazzino di Praga, Hanta pressa carta vecchia da trentacinque anni. Ha le dita imbrattate di inchiostro, i calzoni pieni di topastri che spesso finiscono nelle presse provocando in lui disgusto e delizia. Quando nel flusso della carta da compattare compare «il dorso di un libro prezioso», Hanta lo prende, lo annusa, e se lo mette in borsa. A casa ne ha già tre tonnellate.

Hanta odia e ama il suo lavoro. La distruzione della carta e di tutto quello che per errore finisce nei blocchi – animalacci del sottosuolo, mosche, forbicine, etichette, giornali, pezzi di bottiglie, colla, melma – gli dà un’ebbrezza assoluta. Il ritmo della pressa meccanica, insieme totem e principio dell’alienazione, è dionisiaco, stordente. I libri che non trafuga, li mette al centro, aperti, nel cuore di ogni pacco, e chiude il parallelepipedo con quattro stampe di quadri famosi ai lati. Solo lui sa che sono lì. È un rituale voluttuoso, segreto, il modo di dare la sua firma alla distruzione.

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Assediato dai ricordi del suo amore per una zingara perduta allo scoppio della guerra, quando i nazisti bruciavano i libri (aperti, perché l’aria potesse passare tra le pagine e far divampare la fiamma), Hanta non vuole salvarli, così come Hrabal, l’autore di questa storia, non vuole, banalmente e per metonimia, salvare la cultura dalla barbarie. La questione è più complessa, e riguarda l’amore fisico per i libri e la voluttà del cedere al cambiamento, che è in pari grado creazione e distruzione.

Confesso di non sapere se sto conservando bene i miei libri. Ma poi cosa vuol dire conservare un libro? Trattarlo bene? Proteggere l’oggetto? Ma non ci ha già esentato dal compito la riproducibilità tecnica?

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1944

Sono costretta a tirare in ballo l’opportunità offerta dal digitale di conservarne i contenuti: se lasciassimo che la natura facesse il suo corso, e intanto ci occupassimo di riversare i libri su supporti immateriali, li salveremmo!, dico in preda all’euforia.

Non si fa che parlare dell’avvento degli e-book come pericolo, manco fosse l’avanzata dei barbari in Controcorrente di Huysmans: devastazioni, sangue, sfacelo, idiomi incomprensibili, distruzione della biblioteca di Des Esseintes e di tutto il suo glorioso latinorum.

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E che, allora l’unico modo per salvare i libri, vale a dire la cultura, la civiltà, e anche la gloria della carta che ci ha servito finora, è fare strada ad Acrobat Reader e dimenticare il feticismo del supporto materiale?

E soprattutto: lo vai a dire dentro una libreria antiquaria?

Ma il Signor Sergio è un libraio illuminato. Nel 1996 ha ideato un network di librerie antiquarie on line che si chiama Maremagnum, con un catalogo davvero da vertigine di libri antichi, oppure recenti ma introvabili.

Io ho un debole per le idee ragionevoli: invece di dire al cliente «no guardi, il libro che cerca non l’abbiamo» col sopracciglio alzato e la puzza sotto il naso di chi fa finta di non sapere cosa sia Amazon, questi librai ti dicono «no, noi non lo abbiamo. Ma aspetta che chiedo a un’altra libreria e te lo faccio spedire».

Inutile fare gli umanisti feriti nel cuore*. L’unico modo di salvare i libri è cambiare con loro: pelle e pagina sono contigue. Già dobbiamo salvarli dall’acqua, dal fuoco, e dai bombardamenti. E se devono morire, si può sempre finire come Hanta, con la consapevolezza che le cose al mondo non dipendono da come finiscono ma che tutto è soltanto desiderio**, e con un libro infilato sotto una costola.

 

* espressione tratta da
** anche a Milano

Tutte le stampe antiche provengono dal Catalogo della Libreria Malavasi

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Daniela Ranieri

Daniela Ranieri vive a  Roma, anche se si domanda perché ciò dovrebbe avere importanza in questa sede. Ha fatto reportage e documentari per la tv. Ha fatto anche la content manager, per dire. Vende una Olivetti del '79, quasi  nuova. Crede che prendere la carnitina senza allenarsi faccia bene uguale. Ha pubblicato il pamphlet satirico "Aristodem. Discorso sui nuovi radical chic" e il romanzo "Tutto cospira a tacere di noi" (entrambi Ponte alle Grazie) 

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