La feroce psicologia: sull’utilità e il danno del pensarci bene per la vita e la letteratura
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La feroce psicologia: sull’utilità e il danno del pensarci bene per la vita e la letteratura

Prendete il racconto di Maupassant Pallina, o Palla di sego. Devo raccontare un po’ di trama, sebbene la trama sia costruita dalla tensione invisibile che lega i fatti, e si esprima proprio attraverso una specie …Leggi tutto


Prendete il racconto di Maupassant Pallina, o Palla di sego.


Devo raccontare un po’ di trama, sebbene la trama sia costruita dalla tensione invisibile che lega i fatti, e si esprima proprio attraverso una specie di resistenza elettrificata che scorre sotto le righe. Un gruppo di francesi lascia Rouen perché sono arrivati i prussiani, che stanno facendo razzia del villaggio. Già questa invasione, però, è complicata da una strana luce, per cui il nemico non è esattamente tale, non si comporta da oppressore ma, anzi, diventa quasi un ospite del villaggio, si fa accudire, dà una mano in casa dell’oppresso, ecc. Tuttavia, «c’era qualcosa nell’aria, qualcosa di sottile e d’ignoto, una insopportabile atmosfera estranea e una specie di odore diffuso, l’odore dell’invasione», e questo gruppo di persone decide di affittare una diligenza e partire verso La Havre.

Il gruppo è composto da una coppia di ricchi commercianti, da una di borghesi e da una di aristocratici, da due suore, da un democratico-rivoluzionario («il terrore delle persone perbene») e dalla sua (forse) amante, Pallina. Tutti in villaggio al conoscono, dato che si dice sia una di quelle donne «che vengon chiamate allegre». E comunque la sua fisicità parla chiaro (il nomignolo viene proprio dalle sue rotondità). Le signore sono un po’ scandalizzate dalla sua presenza. Lanciano uno sguardo a lei e uno ai mariti per accertarsi che non la stiano guardando. Le suore non ne parliamo: mute, fanno le sfingi.

Il viaggio si fa più lungo di quanto previsto, il convoglio è lentissimo, e verso l’ora di pranzo i viaggiatori si rendono conto di non aver portato nulla da mangiare. Nel freddo vagone si sentono brontolare gli stomaci. Pallina tira fuori un cestino con delle vivande, e comincia a mangiare. L’espressione di scandalo negli occhi degli altri prima aumenta fino a un picco inverosimile («il disprezzo delle signore per la ragazza divenne feroce») poi lentamente si trasforma in una beota maschera di cupidigia: la fame, nell’odore di pasticcio di carne che si sprigiona nell’aria, diventa quasi simpatia, concupiscenza. Pallina se ne accorge, e comincia ad offrire il cibo a chi ne vuole. Siccome Maupassant sa che la psicologia è sempre feroce, specie quando appartiene ai semplici, fa sì che le signore provino una sincera simpatia per questa signorina che forse avevano giudicato male, e mentre tutti mangiano il bendidio che nasconde sotto le gonne noi ci sentiamo in fondo riconciliati con questi benpensanti.

Si decide di fare sosta in un albergo, in cui, ospite/invasore, soggiorna anche un ufficiale prussiano, che quando alla sera i viaggiatori sono riuniti attorno alla tavola dà all’oste l’ordine di condurre Pallina nella sua stanza. Quando lei ridiscende, con le guance in fiamme spiega che l’ufficiale impedisce al gruppo di ripartire fino a che non si sia concessa a lui. Tutti sono basiti (anche se qui, la maestria crudele di Maupassant ne rende conto con la frase «l’indignazione fu così viva che la frase non scandalizzò nessuno»). Sono tutti d’accordo: ma che oltraggio, che impudenza! Le donne le esprimono solidarietà. Le suore abbassano lo sguardo. La cena trascorre tranquilla, nel comune accordo di tutelare e appoggiare l’integrità della ragazza.

Quando Pallina si alza per una passeggiata, però, i borghesi rimasti soli si mettono a ragionare. Però… però… questa Pallina. Che carattere. Ha fatto bene, in fondo. Sì, bene: diciamo ha fatto bene se… Ma quanto ci toccherà stare qui, in questo albergo? Fin dove arriverà questo arrogante ufficiale? Gli deve essere arrivato all’orecchio che tipo di professione fa la ragazza. Certo, «a pensarci bene», avanza il pratico commerciante, «a lei non costerebbe niente». In fondo, ci salverebbe tutti, ci manderebbe al caldo, a casa. Anzi, a dirla tutta questa Pallina è un po’ egoista, se per salvare il suo onore ci tiene tutti qui, sequestrati. Quando Pallina ritorna l’atmosfera è cambiata: nessuno la degna di uno sguardo.

L’invisibile e crudele psicologia sta lavorando in background con sadica soverchieria, e Maupassant affila il coltello.

La mattina dopo, a colazione, l’oste viene a dire che l’ufficiale non è ancora stato soddisfatto, e che quindi non può legare i cavalli affinché il gruppo possa ripartire. I borghesi si guardano l’un l’altro, e guardano Pallina accusandola mutamente. Passano le ore, e ancora un giorno. Pallina non si smuove. Ormai per lei provano solo odio. A cena, le donne cercano di metterle pressione con discorsi «involuti, misurati, abili». Addirittura le suore, interrogate malevolmente, tirano fuori lo spirito di sacrificio, con questo capolavoro di ingegno chiodato che Maupassant inventa:

- Così, sorella, pensate che Dio accetti ogni mezzo, e perdoni qualunque azione, quando il motivo sia puro?
- Chi potrebbe metterlo in dubbio, signora? Una azione in sé riprovevole spesso diventa meritoria, perché è bene ispirata.
Andarono avanti di questo passo, mettendo in chiaro i voleri di Dio, prevedendo le sue decisioni, costringendolo a interessarsi di cose che, a dir la verità, non lo interessavano affatto.
(…). Le avevano richieste da La Havre per curare, negli ospedali, centinaia di soldati colpiti dal vaiolo. Così, intanto ch’erano ferme per strada a causa d’un capriccio di quel prussiano, potevano morire tantissimi francesi che, forse, esse avrebbero potuto salvare.


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Daniela Ranieri

Daniela Ranieri vive a  Roma, anche se si domanda perché ciò dovrebbe avere importanza in questa sede. Ha fatto reportage e documentari per la tv. Ha fatto anche la content manager, per dire. Vende una Olivetti del '79, quasi  nuova. Crede che prendere la carnitina senza allenarsi faccia bene uguale. Ha pubblicato il pamphlet satirico "Aristodem. Discorso sui nuovi radical chic" e il romanzo "Tutto cospira a tacere di noi" (entrambi Ponte alle Grazie) 

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