Emma c’est nous! Che fine fanno i nostri regali d’amore
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Emma c’est nous! Che fine fanno i nostri regali d’amore

Nell’agosto del 1846, pochi giorni dopo averla conosciuta e dopo che lei si è «data a lui troppo presto» (secondo il timore di lei), Flaubert scrive a Louise Colet: Sono a pezzi, inebetito, come dopo una lunga orgia, …Leggi tutto

Nell’agosto del 1846, pochi giorni dopo averla conosciuta e dopo che lei si è «data a lui troppo presto» (secondo il timore di lei), Flaubert scrive a Louise Colet:

Sono a pezzi, inebetito, come dopo una lunga orgia, mi annoio da morire.

Il tuo amore mi ha reso triste. Vedo che soffri, prevedo che ti farò soffrire. Vorrei non averti mai conosciuta, per te, poi anche per me e tuttavia il pensiero di te mi attira senza sosta.

Non ho avuto in dono dal cielo un carattere allegro. Non credo a niente, neppure a me stesso. Faccio dell’arte perché mi diverte ma non ho più fede nel bello che nel resto.

Mi troverai duro. Vorrei esserlo. Tutti quelli che mi si avvicinano si troverebbero meglio e anch’io, col mio cuore che è stato mangiato come lo è in autunno l’erba dei prati da tutte le pecore che vi sono passate sopra.

La prima fase della loro storia dura due anni, ed è una stagione di guerra: lei, sposata e madre, mette l’amore al centro della vita; Gustave, reduce da una malattia nervosa (forse epilessia), agiato e inoccupato, ribaldo frequentatore di bordelli, ventiquattrenne di «eroica bellezza», pensa che prima dell’amore ci siano altre cose. Ne teme l’aspetto smielato e grottesco, anche se si fa regalare le sue pantofole che annusa ogni sera e un fazzoletto sporco di sangue che finirà dove tutti possiamo ancora vederlo.

Lei lo travolge con la tenerezza, irritandolo. Quando gli propone di lasciarsi, però, lui rifiuta indignato, sostenendo di amarla, a modo suo.

Da quando ci siamo detti che ci amavamo ti chiedi da dove venga la mia riserva ad aggiungere “per sempre“. Perché? Perché indovino il futuro, io. Perché incessantemente l’antitesi mi si drizza davanti agli occhi. Non ho mai visto un bambino senza pensare che sarebbe diventato vecchio né una culla senza pensare a una bara. La contemplazione di una donna nuda mi fa pensare al suo scheletro. È per questo che le scene allegre mi rendono triste e le scene tristi mi toccano poco. – Piango troppo dentro di me per versare lacrime fuori. Una lettura mi commuove più di una disgrazia vera.

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Daniela Ranieri

Daniela Ranieri vive a  Roma, anche se si domanda perché ciò dovrebbe avere importanza in questa sede. Ha fatto reportage e documentari per la tv. Ha fatto anche la content manager, per dire. Vende una Olivetti del '79, quasi  nuova. Crede che prendere la carnitina senza allenarsi faccia bene uguale. Ha pubblicato il pamphlet satirico "Aristodem. Discorso sui nuovi radical chic" e il romanzo "Tutto cospira a tacere di noi" (entrambi Ponte alle Grazie) 

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