Penelope: ma siamo sicuri che sia stata fedele e paziente?
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Penelope: ma siamo sicuri che sia stata fedele e paziente?

Eroina del focolare, modello femminile: tutte invenzioni secondo una letteratura ricca, provocatoria. E antica

di Giorgio Ieranò

Dopo dieci anni di guerra e dieci anni di vagabondaggi, Ulisse torna a casa. E scopre che sua moglie lo ha tradito. Nel talamo che lui stesso aveva costruito scavandolo in un tronco di ulivo, Penelope è teneramente abbracciata a uno dei proci, Anfinomo. Lo aveva avvisato l’ombra di Agamennone, incontrata nell’aldilà: stai attento, le donne sono tutte infide e traditrici, sii prudente quando sbarchi a Itaca, guardati dalla sposa. Agamennone, che nel regno dei morti era sceso proprio perché sgozzato dalla moglie infedele, la demoniaca Clitennestra, sapeva di cosa parlava. E dunque Ulisse sguaina la spada e uccide entrambi, Penelope e Anfinomo. Solo così, liberatosi di quella donna infame, può tornare a regnare felicemente su Itaca. Ma come? Penelope, il modello della fedeltà coniugale, era una sgualdrina? Ebbene sì, almeno secondo questo finale alternativo delle avventure di Ulisse. Che non nasce, come si potrebbe credere, dalla fantasia irriverente di un autore moderno. È invece un mito greco, tramandato da un autore tardo, Apollodoro, compilatore di una collezione mitografica che va sotto il nome di Biblioteca. Ma è probabile che questa versione fosse molto più antica dei tempi in cui Apollodoro compilò la sua raccolta di leggende. Già nell’Odissea, infatti, Anfinomo appare come il più saggio e il più giusto dei proci. E Penelope mostra un’evidente attrazione per lui: Anfinomo, dice Omero, "primeggiava fra i pretendenti e molto piaceva a Penelope per i suoi discorsi". Omero, insomma, doveva sapere che circolavano anche altre storie intorno alla regina di Itaca. Anche raccontando l’incontro tra Ulisse e Agamennone nell’aldilà fa capire che la fedeltà di Penelope non era affatto da dare per scontata. E, con malizia, si diverte ad alludere a quest’altra versione del mito.

Insomma, esattamente come Ulisse, anche Penelope non era figura monolitica. Certo, non era in ogni caso la trepida casalinga che aspettava il ritorno dello sposo sedendo al focolare sola e rassegnata: era astuta quanto il marito (l’espediente della tela fatta e disfatta lo dimostra), sempre guardinga e sospettosa. Ma, soprattutto, la sposa perfetta aveva le sue vite parallele. Del resto, diceva Italo Calvino, l’Odissea contiene molte Odissee. Racchiude gli spunti per infinite avventure, gli embrioni di molte storie non narrate o appena abbozzate. Tra queste, anche le storielle sconvenienti sulla sgualdrina Penelope. Come quella, raccontata da altri autori, secondo la quale Penelope sarebbe stata sedotta da Hermes, a cui avrebbe partorito Pan, il dio caprone, signore delle selve.

Leggende misteriose e riti arcani si nascondono dietro queste storie. "Penelope", in greco, significa "anatra" e forse, questa sposa di Hermes e madre del dio Pan altro non era che un’antichissima divinità venerata in forma di animale delle paludi. O, forse, con la trama variopinta dei loro miti, i greci, arguti come sempre, ci stanno raccontando che anche dietro la più solida e rassicurante delle mogli si nasconde sempre qualcosa di inquietante.

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