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In teatro la storia di George Mallory

Il giornalista Antonello Capurso porta sulla scena la straordinaria avventura dell'alpinista inglese e della sua spedizione sull'Everest

Tornare al teatro dopo venticinque anni di giornalismo politico; per seguire “il primo grande amore” e non perdere l’entusiasmo e la gioia del racconto che solo un palcoscenico riesce a comunicare. Antonello Capurso, romano classe 1955, ha collaborato con le più grandi testate italiane e pubblicato saggi e libri di storia politica: ma già vincitore nel 1985 del prestigioso Premio del Dramma Italiano per la migliore opera teatrale inedita (con “Il segreto di San Pietro”) non poteva non desiderare rimettere in scena le storie capaci di emozionare.

E così, il 13 e il 14 ottobre sarà sul palcoscenico del Teatro Testaccio di via Gessi, a Roma, con “L’incredibile storia di George Mallory”, pièce della quale è autore e unico interprete e che racconta la vicenda dell’esploratore e alpinista inglese che nel 1924 ha partecipato alla terza spedizione inglese per la conquista dell’Everest. Spedizione finita in tragedia: sia Mallory che il suo compagno di scalata Andrew Irvine moriranno, lasciando insoluto uno dei più grandi misteri della storia dell’alpinismo: non si saprà mai, infatti, se siano stati loro i primi uomini a raggiungere la vetta.

Capurso, come mai si è interessato a questa storia?

“E’ una storia che ho incontrato per caso, e che ha subito risvegliato in me la curiosità del giornalista. Mi sono “innamorato” di questo personaggio, che in Inghilterra è una leggenda ma che è quasi sconosciuto in Italia, e di una storia dove la realtà supera costantemente la fantasia: sembra scritta da uno sceneggiatore di Hollywood. Ho deciso che avrei necessariamente dovuto raccontarla.

George MalloryGetty Images

Mallory è un mito, per gli alpinisti. Lei è appassionato di montagna? L’ha scelto per questo?

Sì, mi piace molto la montagna, pur non cimentandomi con l’alpinismo. Ma non è stato per questo che ho scelto questo personaggio per il mio ritorno in teatro. L’ho scelto perché l’Everest e l’alpinismo sono simboli della natura umana, del suo continuo tentativo di superarsi: di partire per raggiungere una meta.

Partire per raggiungere una meta: tratto comune a tutti i miti?
Proprio così; si pensi a Giasone e al Vello d’oro, a Ulisse, ai Cavalieri della Tavola Rotonda. L’idea della partenza per trovare qualcosa, che poi non è altro che viaggiare alla ricerca di sé stessi. Nessuno ritorna uguale, da un viaggio. Improvvisamente poi, all’interno di questo archetipo che l’uomo ha creato, ecco che c’è una persona vera che si fa leggenda, che incarna ogni singolo personaggio mitologico. E l’Everest non é altro che il raggiungere queste mete: siano le Colonne d’Ercole o il Sacro Graal.

Ma secondo lei Mallory è riuscito a raggiungere la cima?

Se avessimo una certezza la storia non sarebbe un giallo. Abbiamo indizi ma nessuna prova. La risposta la darà ogni spettatore dentro di sé, al termine.

Come ha trasposto la storia di Mallory, per renderla teatrale?

Facendo un esperimento di teatro raccontato. Sul palco ci sono io che narro la storia, con il supporto di fotografie, musica, filmati. Sarebbe stato impossibile utilizzare attori, e non ce ne sarebbe stato nemmeno bisogno: la storia sta davvero in piedi da sola, anche perché dentro c’è tutto: il mistery, l’avventura, il mito, l’eroismo. C’è anche un’incredibile storia d’amore nel sottofondo: storia che poi si svela nel finale. Quindi ecco, sul palco ci sono solo io: e c’è poi una bravissima regista, Claudia Muzii, che mi ha guidato nel mio ritorno in teatro. Dopo 25 anni non mi ricordavo praticamente nulla.

Dobbiamo aspettarci altre storie, narrate in teatro da lei? Un seguito a “La fantastica storia di George Mallory”?

Sì, spero proprio di sì. Vorrei che quella di Mallory fosse la prima di una tetralogia. Posso anche anticipare che la prossima sarà quella di un agente segreto: ma non posso rivelare di più. Se no, che agente segreto sarebbe?

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Maddalena Bonaccorso