Borghesia, riprenditi!
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Borghesia, riprenditi!

Perché la "classe guida" ha smesso di esercitare il proprio ruolo? Risponde un osservatore raffinato che la conosce molto bene

di Philippe Daverio

Fino a pochi decenni fa, chi era al comando faceva di tutto per stare in sella, stringeva le gambe per non essere disarcionato. Quando il mercato tirava andava a briglie sciolte e quando le cose si mettevano male teneva le redini tirate. Citazioni del mondo equestre. Comunque rimaneva al timone della famiglia e gettava l’ancora solo in porto sicuro, in caso di burrasca andava sottocoperta, ma reggeva la bolina in attesa di tornare col vento in poppa. Citazioni della marineria a vela. Oggi scende in campo e corre per la poltrona. Citazione calcistica. In 30 anni le citazioni usate dalla classe dirigente, imprenditoriale e politica sono passate dagli sport aristocratici ed elitari a quelli popolari trasversali; peggio ancora i comportamenti stessi sono scivolati dalla pratica al tifo, dall’impegno diretto e personale allo stadio.

Sotto quest’ottica 150 anni d’unità nazionale potrebbero portare a curiose riflessioni. I 1.000 di Garibaldi erano la crema d’una gioventù mista di artigiani e piccoloborghesi, di ricchi e di poveri che trovarono nell’evento politico sfogo ai sogni e pure opportunità di carriera. Come quelli che già s’erano impegnati nel 1848 milanese e nel ’49 veneziano e romano. Fra i 10 mila che fecero l’Italia c’era il giovane Antonio Carpenè, che poi studiò chimica e inventò le bollicine del vino veneto che hanno conquistato il mondo; c’era il giovane Enrico Guastalla, israelita squattrinato assai che salvò nelle battaglie romane la pelle al geniale pittore soldato Gerolamo Induno, poi si sposò la figlia del plenipotenziario dei Rothschild e finì alla Camera. Una targa lo ricorda sulla facciata di quella che fu la casa della sua vecchiaia e che tuttora appartiene agli eredi, non nel povero quartiere di Modena dove nacque, ma nel pieno centro della ricca Milano, in corso Monforte, di fronte alla prefettura. Erano alle macchine delle navi da Quarto a Palermo i fratelli siciliani Orlando che fondarono poi il primo impero siderurgico italiano. Erano accompagnati da 30 studenti di matematica dell’Università di Pavia, che fecero tutti strada nella vita agiata. L’unico acquarellista che dipinse l’epos era Giuseppe Nodari, diciannovenne, vecchia famiglia del Lago di Garda, che finì primario di anatomopatologia con cattedra a Padova.

Finito nel nulla il primo sogno milanese del ’48, Joseph Radetzky riprese la città e fece ciò che tendenzialmente fanno e rifanno gli alemanni: una serie di fucilazioni e impiccagioni sommarie nei luoghi delle barricate. Come nella Seconda guerra mondiale, usava rastrellare gli abitanti popolari per raccogliere le vittime. I poveretti si difendevano dicendo: "Sem minga sta nüm, in sta i sciuri", non siamo stati noi a fare il colpo rivoluzionario, sono stati i signori. Era la borghesia che voleva l’Italia per rompere i legacci degli stati claustrofobici. E ci credette a lungo. Divenne cosmopolita e non le sembrava assurdo parlare due o tre lingue estere. Era fiera del proprio ruolo: aveva la casa padronale accanto alla fabbrica. Era fiera della propria storia: lasciava alla città istituzioni pubbliche.

Ferdinando Bocconi arriva da Lodi a Milano (come nella canzone di Enzo Jannacci) subito dopo l’unità, apre il primo negozio di vestiti confezionati Aux villes d’Italie, fa fortuna, si trasferisce in piazza del Duomo. Gli muore il figlio nel 1896 ad Adua e fonda in sua memoria l’università degli affari, l’Università commerciale Luigi Bocconi. Diventa senatore del regno. Un altro Senatore, Borletti, ricompera l’azienda e ne fa La Rinascente. Borletti non è senatore del Regno, è stato battezzato Senatore alla nascita, e ne valse la pena: inventa La Rinascente-Upim, la macchina per cucire, presiede l’Inter (quando il calcio non era costoso ma chic), presiede la Snia Viscosa e la prima Mondadori. Amico di Gabriele D’Annunzio (l’inventore del marchio Rinascente), è uomo al contempo di danaro, sport e libri. A un altro senatore, questa volta del Senato, Antonio Bernocchi, origini umili, fortuna fatta nel tessile, si deve in regalo la Triennale di Milano. I tessili erano inclini all’arte. Riccardo Jucker da giovanotto a Parigi compera Picasso (oggi a Brera), Gianni Mattioli s’indebita sempre da giovane per comperare Depero e Boccioni. I figli dei ricchi avevano manie strane: Marco de Marchi va a studiare i colibrì in Argentina, poi viene a fare il benefattore a Milano e lascia alla città il Museo del Risorgimento di via Borgonuovo. Tutta roba di borghesia d’una volta, quando non c’erano ancora l’happy hour e le quattro ruote motrici.

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