A Milano la "danza civile"
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A Milano la "danza civile"

Al teatro Elfo Puccini di Milano in scena "Sacro della Primavera"

Conosciamo ormai il teatro di narrazione, o teatro civile, quello di Paolini. Siamo invece meno abituati a parlare di Danza Civile, il balletto come espressione della vita contemporanea, dell'attualità, dei problemi sociali. Possibile? La danza, arte elitaria e snob, che esce dall'accademia per calarsi nella vita di tutti i giorni?  Succede. Succede inaspettatamente anche in Italia con le coreografie "Corpo Feroce" della 40enne ligure MIchela Lucenti in scena al teatro Elfo Puccini di Milano sino al 17 giugno prossimo. In tutto, quattro balletti distribuiti iin due spettacoli distinti. Il primo, in programma sino a domenica prende spunto da due mostri sacri del teatro: il classico di Buchner "Woyzeck ricavato da vuoto", e la Sagra della primavera di Stravinsky, ribattezzata dalla Lucenti "Sacro della primavera". A seguire (dal 12 al 17) "Col sole in fronte" e L'amore segreto di Ofelia".

Ma cos'è la danza civile? Per cosa e come si distingue? MIchela Lucenti ci spiega come avvicinarci ad essa, usando soprattutto l'intuito, i sensi e la sensibilità del corpo.

Il suo spettacolo è un insieme di movimenti, canto, recitazione. Musica, gesto e parola. Come è arrivata a questo?

"Attraverso una formazione eterogenea. Partita da Pina Bausch e passata attraverso le più varie esperienze teatrali internazionali. Il risultato è un "impasto", che non a caso era il nome della prima compagnia fondata insieme con la mia spalla di ieri e di oggi: Alessandro Berti. Il punto di partenza inderogabile è però sempre il corpo, il gesto. Il movimento è infatti un linguaggio che, insieme con la musica, è in grado di superare barriere linguistiche e internazionali. Insomma, danza civile non è altro che movimento nella vita di tutti i giorni. Partecipazione. Civile infatti, significa parlare alla civis, vivere nella e con la civis".

Per chi conosce la danza soltanto come Accademia, quasi un'eresia...

"Bisogna innovare. Restare ingessati non giova a nessuno. Non garantisce progresso. Purtroppo però, si tratta di uno stile di danza e di una scuola che in Italia, rispetto all'estero, ha ancora poca diffusione".

Non mi stupisce. L'Italia è un Paese dove si legge poco, soprattutto quotidiani, e si partecipa alla vita civile ancora meno... Concorda?

"Purtroppo è così. Ma l'arte può e deve contribuire a sbloccare questa cristallizzazione. Le potenzialità ci sono. E lo dimostra il grande consenso di pubblico che stiamo incontrando".

Col "Sole in Fronte" è una feroce critica del mondo imprenditoriale attuale, quello accanito sul profitto e sulla speculazione. Ed è ambientato in Veneto, la terra che sta vivendo il dramma degli imprenditori suicidi a causa della crisi...

"Il balletto racconta la storia di un simpatico e violento rampollo di una famiglia che domina l'impero dell'alluminio. Ne racconta i deliri, i ricordi, i sogni di gloria insieme con l'aggressività e l'insoddifazione. In sostanza, un modo violento di fare imoresa. Che non è quello di cui abbiamo bisogno oggi. In Italia c'è bisogno di impresa, ma di aziende etiche, pulite, che creano lavoro e non soltanto ricchezza personale".

Uno stimolo anticrisi...

"I tempi stanno cambiando. O si cambia o si muore".

Può la danza raccontare questo?

"Non lo può raccontare il Lago dei Cigni. Il repertorio. Lo può fare una creatività più spinta, senza barriere e multidisciplinare".

Siamo pronti?

"Chissà. Noi della Danza civile lo siamo".

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Antonella Bersani

Amo la buona cucina, l’amore, il mirto, la danza, Milan Kundera, Pirandello e Calvino. Attendo un nuovo rinascimento italiano e intanto leggo, viaggio e scrivo: per Panorama, per Style e la Gazzetta dello Sport. Qui ho curato una rubrica dedicata al risparmio. E se si può scrivere sulla "rosea" senza sapere nulla di calcio a zona, tennis o Formula 1, allora – mi dico – tutto si può fare. Non è un caso allora se la mia rubrica su Panorama.it si ispira proprio al "voler fare", convinta che l’agire debba sempre venire prima del dire. Siamo in tanti in Italia a pensarla così: uomini, imprenditori, artisti e lavoratori. Al suo interno parlo di economia e imprese. Di storie pronte a ricordarci che, tra una pizza e un mandolino, un poeta un santo e un navigatore e i soliti luoghi comuni, restiamo comunque il secondo Paese manifatturiero d’Europa (Sì, ovvio, dietro alla Germania). Foto di Paolo Liaci

Scrivimi a: antbersani@alice.it

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