Mariangela Melato, una donna con il sole dentro
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Mariangela Melato, una donna con il sole dentro

Capace di passare senza esitare dalla tragedia greca alla commedia brillante. Un'artista di enorme talento, ma anche una donna ricca di ironia ed entusiasmo. Un altro ricordo affettuso

Non sapevo che Mariangela Melato fosse malata, e anche a me, come a milioni di italiani, la notizia della sua morte ha fatto l'effetto di una coltellata. Con persone come lei, ti sembra sempre che sia successo troppo presto. L'avevo incontrata nel 2010, quando presentò alla stampa Filumena Marturano, e mi era sembrata bella come il sole, alla faccia dei suoi 69 anni. I segni del tempo, del resto, non le avevano mai fatto paura, e al proposito si divertiva a ricordare la celebre frase che Anna Magnani diceva al suo truccatore di fiducia: «Le rughe non me le togliere: ci ho messo una vita per averle».

Oggi, purtroppo non c'è più niente, né rughe né vita. La lotta di Mariangela contro una grave malattia si è conclusa nel peggiore dei modi e così una delle più grandi interpreti italiane se n'è andata. Pochi minuti dopo il lancio di agenzia che ha ufficializzato l'accaduto, già erano decine i siti che ricordavano i suoi tanti successi professionali: gli esordi in teatro, a partire dal 1960, e le prime magnifiche prove con Dario Fo, Luchino Visconti, Luca Ronconi; l'approdo al cinema, dove negli Anni 70 ottenne enorme popolarità grazie a commedie brillanti e indimenticabili; le incursioni televisive, infine, l'ultima delle quali è per l'appunto Filumena Marturano, interpretata per Raiuno accanto a Massimo Ranieri.

Lascio ad altri il compito di riassumere ed enfatizzare il suo strepitoso curriculum artistico, e preferisco rimpiangere la grandezza di una donna spiritosa, indipendente, ironica, fiera del suo impegno civile e innamorata perdutamente del suo lavoro, qualsiasi ruolo le riservasse. Una persona con il sole dentro, che avrebbe potuto incutere soggezione, ma preferiva travolgere con la sua carica di umanità.

A qualcuno potrebbe sembrare beffardo che una principessa del palcoscenico, capace di estasiare il pubblico con opere come Orlando Furioso, Medea, Fedra, La bisbetica domata, sia ricordata il più delle volte per un personaggio molto meno impegnativo e  prestigioso: quello di Raffaella Pavone Lanzetti, la signora snob milanese naufragata su un'isola insieme a un marinaio rozzo e manesco, Gennarino Carunchio, che la riempie di improperi (tra cui l'indimenticabile "bottana industriale!”) e sganassoni, prima di innamorarsi di lei. Stiamo parlando ovviamente di Travolti da un insolito destino nell'azzurro mare d'agosto, il popolarissimo film di Lina Wertmüller che nel 1974 trasformò la Melato e Giancarlo Giannini in monumenti della commedia italiana.

Un'opera che, pur assurta all'istante al rango di cult movie, certo non si poteva paragonare ai classici del teatro che la Melato aveva saputo “domare”. Alla diretta interessata, però, certi distinguo non interessavano. «Un'attrice deve saper fare tutto», rispondeva invariabilmente con un sorriso a chi le chiedeva di mettere in ordine di importanza le sue tante prove d'artista; e in effetti, subito dopo il talento, la sua più ragguardevole qualità era l'entusiasmo: considerava un privilegio il fatto di continuare a 70 anni un percorso iniziato quando ne aveva appena 19, e lavorava come vetrinista alla Rinascente di Milano per pagarsi i corsi di teatro.

Tra gli aneddoti sui suoi esordi, ce n'è uno impagabile che riguarda suo padre, un austero vigile urbano che, quando Mariangela recitò in Settimo: ruba un po' meno di Dario Fo, andò a vederla di nascosto. Fermandosi davanti alla locandina dello spettacolo, cercò con il cuore in gola il nome della figlia e ci rimase malissimo quando lesse l'indicazione lapidaria e non troppo gratificante del suo personaggio: “la prima puttana”. Succedeva cinquant'anni fa, nel1963. Da allora la storia di Mariangela e quella dello spettacolo italiano si sono incrociate e spesso sovrapposte, con esiti quasi sempre straordinari. Fermiamoci qui, però: a lei i paroloni non piacevano. «Il nostro è un mestiere scritto sull'acqua», diceva. Sarà, ma quello che ha fatto lei nessuna corrente potrà portarlo via.

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Alberto Rivaroli