Margaret Thatcher: sola contro tutti, anche al cinema
(Photo by Jemal Countess/Getty Images)
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Margaret Thatcher: sola contro tutti, anche al cinema

Se la biografia con Meryl Streep ha cercato di raccontare con toni neutri la sua vita e la sua carriera, in generale registi e attori hanno fatto la guerra all'ex primo ministro, considerata una donna dura e spietata, responsabile di gravi ingiustizie

«Margaret Thatcher? Ah, sì, quella del film con Meryl Streep...». Lo diceva stamattina, davanti a una scuola milanese vicino a casa mia, un ragazzino con l'aria di chi la sa lunga: un liceale che, a quanto pare, ha finora coltivato la passione per il cinema più dello studio della storia. Nel suo fragoroso sfoggio di ignoranza, però, c'è anche la conferma che il passare del tempo non risparmia nessuno, neppure chi ha fatto di tutto per passare agli annali. Anche se sei stata indiscutibilmente una figura di spicco del XX secolo, prima o poi per le nuove generazioni diventi solo un ruolo intrigante per una diva di Hollywood. Solo la divina Meryl, del resto, con il suo mostruoso talento, poteva riuscire a gettare una luce, se non positiva, quanto meno neutra su una figura che al cinema ha rimediato solo bocciature.

Non che qualcuno negli studi di produzione abbia mai pensato di dedicarle spazio: la signora di ferro è diventata un soggetto potabile per un film solo quando ormai era sparita dalla scena politica e sociale, sfiancata dagli anni e da una forma progressiva di demenza senile. Prima, invece, nel suo periodo d'oro, era riuscita solo a compattare un fronte granitico di registi detrattori, smaniosi di raccontare con rabbia non certo la sua storia personale e politica, ma i drammi di tutti coloro, working class britannica in testa, che sono rimasti schiacciati da scelte, le sue, ritenute sconsiderate.

Lascio con piacere ad altri il compito di anticipare l'ardua sentenza sull'operato della signora Thatcher, e preferisco concentrarmi per un attimo proprio su un aspetto per così dire statistico: il fatto che raramente una figura storica di spicco abbia generato una contrarietà così assoluta, nei numeri e nei contenuti, negli ambienti culturali nazionali. Rockstar, scrittori, registi, attori inglesi hanno fatto a gara per osteggiare forma e sostanza del Maggie pensiero. Decidete voi se questo esercito così numeroso e agguerrito abbiamo mosso la sua guerra all'era thatcheriana per sana passione, fanatismo ideologico, amore di libertà, teorie economiche o semplice opportunismo. Di certo, però, al cospetto della Thatcher si è generato un plebiscito al contrario che fa effetto.

E qui si finisce invariabilmente a parlare di Ken Loach, il guru incontrastato di questo movimento: un cineasta che ha nutrito per l'ex premier la stessa simpatia che Superman mostra per la kryptonite. Per un regista figlio di operai, che ha dedicato vita e carriera a raccontare la vita grama delle classi più umili, come inquilina di Downing Street la defunta leader è stata una catastrofe assoluta, un'autentica iattura. Una tesi sviluppata raccontando le disavventure di Stevie (Robert Carlyle), il protagonista di Riff Raff (1991): un ex galeotto costretto a lavorare senza alcuna tutela in un cantiere popolato da altri derelitti come lui. Per non parlare di Bob (Bruce Jones), che in Piovono pietre deve fronteggiare miseria, disoccupazione e perfino le minacce di uno strozzino.

Attenzione, però: Loach è un grande regista e un uomo coerente, che ha difeso i più deboli prima durante e dopo la saga thatcheriana: considerarlo semplicemente un avversario della Iron lady, insomma, sarebbe ingeneroso e storicamente falso. Di certo è stato il suo oppositore più celebre, artisticamente dotato e sempre lucido nel sostanziare la sua critica a chi (secondo lui) ha calpestato i diritti di coloro che avrebbero avuto invece maggiormente bisogno di essere tutelati.

Ma non è solo la politica economica ad aver attirato sulla Thatcher gli strali del cinema: c'è anche la gestione scellerata del caso di Bobby Sands, l'esponente dell'Ira vittima insieme ad altri compagni di prigionia di un trattamento disumano in carcere. Per protesta Bobby e altri prigionieri si lasciarono morire di fame, senza che nessuno ritenesse di dover muovere un dito. Una pagina desolante, alla quale con toni differenti si sono ispirati Terry George, autore di Una scelta d'amore (1997), e più di recente il regista di culto Steve McQueen con Hunger (2008), in cui Sands ha il volto di Michael Fassbender.

Ben diversa la scelta di Stephen Daldry (Billy Elliott, 2000) e Peter Cattaneo (The Full Monty, 1997), che si sono accontentati di lasciare il pugno duro di Maggie sullo sfondo rispettivamente di una storia sentimentale e di una commedia dai toni farseschi, prendendo la miseria e le lotte sociali non come drammi da raccontare, ma come spunto per la riscossa umana ed economica dei protagonisti. Anche loro, comunque, non mettono mai in discussione il nesso tra la politica del governo Thacher e la disperazione della povera gente.

Insomma, c'è molto di politico nell'odio del cinema verso la controversa leader che ha governato l'Inghilterra dal 1979 al 1990, ma non solo. Oltre a ostentare idee invise al 99,9 per cento dello show business, la Thatcher era un personaggio molto poco cinematografico: troppo uguale a se stessa, senza sorprese né guizzi, inutilmente orgogliosa della sua durezza, convinta che una decisione, una volta presa, non andasse mai cambiata ma solo difesa.

L'ultima cosa che le interessava era la  popolarità: voleva comandare, e ottenere a qualsiasi costo i risultati  messi in preventivo. Per lei l'ostilità degli avversari non era  importante, le bastava l'obbedienza assoluta dei suoi. Personalmente, ancora stento a credere che una donna comunque integerrima e votata (a modo suo) al progresso morale del suo Paese abbia potuto  definire il dittatore cileno Pinochet “un vero democratico”, e che abbia potuto criticare le sanzioni internazionali al regime sudafricano basato sull'apartheid.

Niente però appare incomprensibile e francamente disdicevole come la sua apparente indifferenza, per non dire disprezzo, verso chi era chiamato a pagare il prezzo più alto delle riforme che, a torto o a ragione, aveva deciso di imporre al Paese. I protagonisti dei film di Loach e degli altri registi a lei ostili, gente povera ma onesta che all'improvviso ha perso il diritto di guadagnarsi da vivere e sperare nel futuro. Margaret Thatcher voleva cambiare l'Inghilterra, ma non aveva tempo per gli inglesi, e troppo spesso ha ricordato quelle persone che, incontrando un mendicante, non solo non gli danno un centesimo, ma lo guardano male e gli consigliano di andare a lavorare.

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Alberto Rivaroli