Iervolino, un produttore ciociaro a Hollywood

Ha calcato già tanti tappeti rossi e Il prossimo film lo farà con Banderas. Ecco come Andrea Iervolino, ex bambino balbuziente, ce l'ha fatta

C’era una volta un bambino molto balbuziente, deriso dai compagni e incompreso dalla maestra, cresciuto non in una metropoli ma a Cervaro, piccolo paesino laziale, in una famiglia dove non regnavano né l’armonia né la prosperità economica.

In questa storia che sembra il soggetto di un film drammatico, il lieto fine racconta che quell’ex bambino ora è un produttore e un distributore cinematografico internazionale in grande ascesa che vive tra Toronto (la città natale di sua madre) e Los Angeles, ha appena festeggiato il suo 29° compleanno a Roma con John Travolta e può vantare un’impressionante marea di riconoscimenti.

"Se ce l’ho fatta io, partendo da quelle condizioni, possono arrivare in alto tutti", chiarisce Andrea Iervolino a Panorama  che l’ha incontrato a Roma, in una pausa di lavorazione di The sound of silence il film sulla vita di Andrea Bocelli con Tobi Sebastian protagonista (quello di Game of Thrones tanto per intenderci), Antonio Banderas maestro di musica del cantante e lo stesso Bocelli voce narrante.

Oggi è  nella lista dei "dieci migliori produttori indipendenti", è "ambasciatore del cinema nel mondo", Variety l’ha inserito tra i "Wonderful people di Hollywood". Scusi, come ha fatto?
Lavoro nel cinema da quando avevo 16 anni ma il salto di qualità lo devo alla Ambi, la società che ho fondato tre anni fa con la lady Monika Bacardi (vedova di Louis, famiglia del famoso rhum,  pure la sua una vita un po’ da film ndr).  Produciamo circa 12 film l’anno, distribuiamo in 120 paesi, abbiano clienti come Disney, Netflix Amazon e abbiamo appena comprato la grande library hollywoodiana Exclusive media new market and Icon con 400 titoli cult da Sliding doors a Rush. Siamo stati al Festival di Venezia con James Franco e Naomi Watts al Sundance Festival con To the bone, drammatico film sull'anoressia, protagonista Keanu Reeves.

Ora che è così internazionale l’Italia cosa rappresenta per lei?
In quanto a business solo il due per cento del fatturato. Le vendite sono concentrate all’estero, anche il film su Bocelli sarà distribuito in tutto il mondo. Però  il mio capitale lo investo qui: la metà delle mie produzioni sono in Italia. Il prossimo film sarà sulla vita di Ferruccio Lamborghini....

Sicuro che sia proprio lei quell’ex bambino sfortunato? Riavvolgiamo la pellicola e torniamo a Cervaro
La mia vita cinematografica ha preso forma nel negozio di biancheria dei miei genitori, a Cassino a pochi chilometri da casa. Mi chiudevo nel soppalco, ritagliavo nella carta i personaggi dei cartoni e li interpretavo. Ero un ragazzino solo e sofferente. I miei litigavano in continuazione perchè i soldi erano pochi, mio padre era molto fragile e beveva (papà e figlio si sono poi riavvicinati ndr) e a scuola balbettavo così tanto che la maestra consigliò a mia madre una scuola per ragazzi disadattati. Ovviamente lei si oppose. Tanta sofferenza e incertezze economiche mi hanno spinto a cavarmela subito da solo.

Come?
A scuola vendevo ai miei compagni briosche del discount spacciandoli per pregiati prodotti canadesi portati da mia madre. A 16 anni me ne andai a Bibbione per lavorare d’estate in una società che organizzava show teatrali teatrali: affiancavo un po’ tutti, addetti alle luce, autori, registi. E tornato a Cassino realizzai il mio primo film.

A 16 anni? Non starà romanzando?
No. Ottenni di girare all’Abbazia di Montecassino, chiesi un contributo a tutti  negozianti e per il cast scelsi il barista, il postino, amici vari. Io facevo il regista, l’attore, un po’ tutto, mio fratello, maggiorenne, firmava i contratti. Il film si chiamava Il cavaliere innamorato e grazie a una zia professoressa riuscii a farlo proiettare nelle scuole, al mattino. I giornali locali cominciarono a parlarne e da lì nacquero i miei «school day» , con proiezioni e dibattiti che portai in tutta Italia. E poi ci fu l’incontro decisivo della mia vita.

Con chi?

Con il produttore Luciano Martino, mi ha insegnato davvero tanto, lo considero in padre. Con lui ho prodotto da Gorbaciof, con Toni Servillo, a Il mercente di Venezia, con Dustin Hoffmann. Quando Luciano  è morto, nel 2013 ho pensato che "che ci sto a fare in Italia", e  sono andato in Canada, dove c’è la famiglia di mia madre.

Ma il salto da Massimo Ceccherini a Banderas e compagni, come l’ha fatto?
Gradualmente. Per il mio primo film hollywoodiano, nel 2012.  Sights of death  ho puntato su attori famosi ma un po’ in disarmo come Daryl Hanna.

Se a 29 anni ha già raggiunto questi risultati a 40 dove si vede?
Con la statuetta dell’Oscar da miglior produttore in mano.

Senta, ora balbetta solo un pochino, come ha fatto?
La balbuzie dipende dalla dose di insicurezza del momento. Ho imparato ad accettare i miei giorni sì e i miei giorni no

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Antonella Piperno