I film più belli di François Truffaut a 30 anni dalla morte
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I film più belli di François Truffaut a 30 anni dalla morte

Profondo conoscitore dell'animo umano, che riprendeva nella sua intimità, ricordiamo il regista francese in foto e nei suoi lasciti migliori

Il 21 ottobre 1984, a 52 anni, moriva per un tumore al cervello François Truffaut, una delle voci più belle del cinema francese. Sull'onda del Neorealismo italiano, fu tra gli artefici della Nouvelle Vague degli anni '60 e '70, che voleva esser testimonianza della vita, nel momento stesso in cui si compie, come un diario intimo sincero, armonico, inquieto. 

A 30 anni dalla sua scomparsa lo ricordiamo in foto e nei suoi film più belli.

I 400 colpi (Les quatre cents coups, 1959)

Primo lungometraggio di Truffaut, che consegna subito alla storia del cinema il suo capolavoro. Il regista francese disegna la psicologia infantile con raffinatezza,  sensibilità ed equilibrio: un'osservazione onesta, empatica e straziante della prima adolescenza. Protagonista Antoine Doinel (Jean-Pierre Léaud), un ragazzino di dodici anni di cui i genitori non colgono le fragilità, l'irrequietezza e il bisogno di affetto. La figura di Doinel, alter ego del regista, è stata poi ripresa altre volte, in diverse fasi della vita, in Antoine e Colette (1962, episodio del film collettivo L'amore a vent'anni), Baci rubati (1968), Non drammatizziamo... è solo questione di corna (1970), L'amore fugge (1978).

Jules e Jim (Jules et Jim, 1961)

Altro capolavoro della Nouvelle Vague, tratto dal romanzo autobiografico di Henri-Pierre Roché. Truffaut mette in scena un triagolo amoroso dall'epilogo tragico. Tra Oskar Werner (Jules) e Henri Serre (Jim), svetta Jeanne Moreau, che interpreta un'irrequieta, sensuale ed eterna insoddisfatta Catherine. Il regista francese conferma la sua intelligenza emotiva e la profonda conoscenza dell'animo umano. Il menage à trois all'epoca fece scandalo.

Effetto notte (La nuit américaine, 1973)

Affascinante inno d'amore al processo caotico del cinema, ha vinto l'Oscar come miglior film straniero. Ricco di citazioni e autocitazioni, racconta come Truffaut girava film. È lui infatti a interpretare il regista Ferrant, mentre effettua riprese negli studi della Victorine a Nizza. La camera riprende produzione, retroscena, la vita e il lavoro degli attori, problemi di lavorazione e personali.

Il ragazzo selvaggio (L'enfant sauvage, 1969)

Storia vera del medico pedagogista Jean Marc Gaspard Itard, interpretato dallo stesso Truffaut, e del suo rapporto con Victor (Jean-Pierre Cargol), bambino selvaggio dell'Averyon, trovato in un bosco da alcuni cacciatori. Itard, rifiutando la tesi dei colleghi che diagnosticano al piccolo un ritardo mentale congenito, decide di educarlo. Racconto affascinante, non solo per il suo richiamo al mito di Tarzan, ma anche per la sua critica ad alcuni metodi educativi e per la poesia che cela sotto la freddezza scientifica.

Baci rubati (Baisers volés, 1968)

Terzo capitolo della saga dedicata al personaggio di Antoine Doinel, sempre interpretato da Jean-Pierre Léaud. Congedato dall'esercito per irrequietezza di carattere, il giovane Antoine cerca il suo posto nel mondo, vagando tra vari lavori e cercando la sua stabilità ricostruendo il rapporto con la sua vecchia fidanzata Christine (Claude Jade). Commedia affascinante e divertente, ricca di tenerezza malinconica.


François Truffaut in foto

Ansa
Roma 27-3-81, conferenza stampa di Françoise Truffaut.

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Simona Santoni

Giornalista marchigiana, da oltre un decennio a Milano, dal 2005 collaboro per Panorama.it, oltre che per altri siti di testate Mondadori. Appassionata di cinema, il mio ordine del giorno sono recensioni, trailer, anteprime e festival cinematografici.

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