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Criminal, Costner doppio e un po’ “trash” – La recensione

L’attore nei panni di un killer psicopatico cui viene travasata la memoria di un agente della CIA assassinato. Per salvare l’umanità dal terrorismo

Kevin Costner imperversa su Londra con un buco in testa inseguito da tutti, servizi segreti, polizia, terroristi, medici, esperti d’informatica. È lui il Criminal del titolo nel film diretto da Ariel Vromen, regista israeliano che ha una certa dimestichezza coi criminali avendo diretto The Iceman ispirato alla vera storia di Richard Kuklinski, uno dei serial killer più malvagi e disumani della storia d’America (uscita 13 aprile).

Che cos’ha di particolare Costner, che recita la parte del galeotto pluriomicida e psicopatico Jerico Stewart,  specie di macchina assassina e tritaossa? Quel buco in testa sopra l’orecchio e un ferita da poco ricucita sulla nuca. Che rivelano il segno di un intervento spericolato e sperimentale operato su di lui dal dottor Franks (Tommy Lee Jones), non uno scienziato pazzo ma un chirurgo che ha trovato il modo di trasferire la memoria d’un morto nel cervello di un vivo. Come si fa quando vengono salvati i dati della scheda madre di un computer andato in malora e si trasferiscono su un’altra motherboard.

Il segreto dell’agente segreto

Fino ad ora gli esperimenti si sono compiuti sui topi. A decidere di intervenire su una cavia umana – chi meglio di uno spietato e già folle ergastolano? - è la CIA, che ha perduto il suo preziosissimo agente Bill Pope (Ryan Reynolds) custode di un terribile segreto. Cioè quello che lo lega all’identità di Jan Strook (Michael Pitt), un hacker capace di impadronirsi del sistema che controlla l’arsenale nucleare degli Stati Uniti.

Costui, pentito e incapace di governare la potenza mostruosa della quale s’è impossessato, aveva in animo di “rivendere” la sua scoperta al governo americano, chiedendo un riscatto milionario proprio attraverso Pope prima che questi fosse assassinato. A farlo fuori una banda di terroristi guidati dal perfido Hagbardaka Heimbahi, eversore dal nome impronunciabile interpretato da Jordi Mollà, che vuole sovvertire l’ordine mondiale acciuffando a sua volta la preziosa pennetta contenente la chiave per scatenare sul mondo una pioggia di missili nucleari.

Una missione: “ricordare”

Al criminale Costner viene dunque affidato, suo malgrado, il compito di “ricordare” al posto dell’agente ammazzato dove si trovino l’hacker e un borsone con diversi milioni di dollari già destinato a lui e nascosto in qualche luogo da Pope. Poco a poco, come flash improvvisi, nella testa di Jerico incalzato senza pause dal capo della CIA Quaker Wells (Gary Oldman), incominciano a frullare i ricordi, prima nebulosi, poi sempre più nitidi. Sia della sua attività di intelligence, sia, addirittura, della sua vita familiare, compreso il rapporto affettivo con la moglie di Pope, Jill (Gal Gadot) e con la figlioletta, alle quali si palesa creando prima panico, poi imbarazzo, infine tormentosa emozione.

Vittima e carnefice

Con tutte le informazioni che gli sono state travasate, logico che Jerico diventi un bocconcino prelibato, assai concupito dai vari attori della vicenda. E dato che egli, oltre certi sentimenti legalitari impropriamente acquisiti non ha certo dimenticato di essere un sadico assassino, si comporta di conseguenza, disseminando  di morte e distruzione il suo cammino da braccato. Tra spari, bombe, fiamme e inseguimenti iperbolicamente disastrosi.

Impressioni controverse

Va da sé che, in un simile contesto, l’epilogo non vada svelato anche se di solito, in questi casi, l’umanità riesce a cavarsela e i cattivi vanno all’inferno. Nel mezzo, qui, c’è la figura di Jerico, un po’ sospesa tra il bene e il male,  che fa vivere impressioni controverse. Da una parte quelle di legittimo rifiuto, legate alla sua innata truculenza;  dall’altra parte quelle di indulgenza, se non proprio di simpatia e di pena, per un uomo che, nonostante i suoi raccapriccianti trascorsi, viene trasformato in vittima per sperimentazione cerebrale. Rischiando perfino di redimersi.

Il film, così organizzato, mette molta carne al fuoco. Mescola fantapolitica, spionaggio internazionale, fantascienza, thriller, azione, addirittura cenni di trasmigrazione d’anime quando il protagonista arriva a casa dell’agente ucciso sentendola sua, incontrando la vedova, la figlia  e  lasciando serpeggiare caliginose percezioni fantasmiche. Alla Ghost insomma.

Un “action trash”

Ne scaturisce un action vagamente trash, piuttosto incasinato, fracassone, sgangherato ma abbastanza efficace e a tratti divertente. Perché tutto, nella storia, è – si auspica volutamente – esagerato:  anche se al verosimile, considerati i sempre più misteriosi e inafferrabili confini della rete e della scienza, non c’è limite.  Le cadenze del racconto restano accettabili pure se l’inevitabile tira-e-molla mentale del galeotto/agente segreto trasforma in qualche stasi narrativa l’indecisione che vi si raccorda. Non un demerito, però, a livello di recitazione per Costner, infilato in un personaggio poco consueto, non facile da disegnare nella sua bivalenza e tuttavia ben determinato e caratterizzato, all’interno di un cast di qualità.

Di gran classe, nel soundtrack, Drift and Fall Again, esecuzione Madsonik con la voce celeste di Lola Marsh (Kill the Noise Remix).

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Notorious Pictures, Ufficio stampa Pierluigi Manzo e Alessio Piccirillo
Kevin Costner è Jerico Stewart, maschera inquietante di killer psicopatico in difficile equilibrio tra bene e male

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Claudio Trionfera

Giornalista, critico cinematografico, operatore culturale, autore di libri e saggi sul cinema, è stato responsabile di comunicazione per Medusa Film e per la Mostra del cinema di Venezia

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