Warm Bodies, i vampiri di Twilight diventano zombie
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Warm Bodies, i vampiri di Twilight diventano zombie

Ecco un'altra storia di amore impossibile tra "mostro" e umana. Le nuove star sono Nicholas Hoult e Teresa Palmer. Se l'ironia è vincente, lo sviluppo è impacciato. Ma ciò non ci salverà da un sequel

Chiusosi Twilight , è ormai corsa a coprirne il "vuoto" lasciato. Se tra qualche settimana ci proverà il mix di romanticismo e sovrannaturale Beautiful Creatures - La sedicesima luna (dal 21 febbraio al cinema), ora è tempo di Warm bodies, in sala dal 7 febbraio.

Ricorderete di certo la formula della saga da cinque film nata dalla penna di Stephenie Meyer (e chi può scordarsela?!): da una parte i vampiri, un bel vampiro su tutti (Edward Cullen interpretato da Robert Pattinson ), dall'altra la comunità di umani, una bella umana su tutti (Bella Swan, cioè Kristen Stewart ), e poi via a un amore impossibile tra i due, tra mille avversità. Ecco, le variabili sono le stesse, ma al posto del bel vampiro metteteci uno zombie.

Sì, certo, essere avvenente per uno zombie è un po' più difficile. Il vampiro di Pattinson aveva un incarnato niveo e quasi perlato seducente, due occhi color ambra che bucavano i cuori, un'agilità e una scaltrezza super sexy. Invece il belloccio Nicholas Hoult (tra l'altro bravo attore già visto in A single man) deve mettersi addosso un trucco dalle vene a reticolato in vista, dai lividi e dalle occhiaie plumbee più repellenti che attraenti, con cicatrici e bavette di sangue da far inorridire, e per di più deve tenere il corpo tutto storto, camminando con un'andatura claudicante e lenta, tanto lenta. La sua mimica facciale è... inespressiva e pure un po' ebete. Di sensuale non c'è molto. Proprio da ciò nasce però uno dei pochi punti a favore di Warm bodies: l'ironia. Il film tra horror e commedia romantica, diretto da Jonathan Levine (lo stesso di 50 e 50), ha nell'ironia l'ingrediente migliore.

Il racconto inizia con le riflessioni ad audio alto dello zombie interpretato da Hoult, che non ricorda niente del se stesso un tempo in vita, se non che probabilmente si chiamava con un nome iniziante per R. R gironzola insieme a tanti altri zombie nell'aeroporto della città, senza meta e senza interazioni, lentamente. "La mia giornata tipo? Mi trascino qua e là, sbatto con qualcuno e neanche mi scuso", riflette R. Ogni tanto con il suo "amico" M (Rob Corddry) riesce anche a scambiarsi qualche grugnito e qualche parola tipo "fame", "città".

Proprio spinto dalla "fame", un giorno R si spinge insieme a un gruppo di zombie verso la "città", ovvero verso il cuore del centro abitato separato dalla zona infestata da un muro. Lungo il tragitto l'olfatto svela la presenza di umani in un laboratorio abbandonato: un gruppo di giovani armati è infatti lì per recuperare medicinali. La squadra di zombie li assale irreparabilmente. Ma proprio mentre sta uccidendo e mangiando un tal Perry (Dave Franco), R vede Julie, la fidanzata del ragazzo che sta amabilmente usando come cena, e se ne innamora perdutamente. R decide di salvarla e di rapirla, e quello che pare un amore impossibile ovviamente non lo sarà.

Interpreta Julie l'australiana Teresa Palmer (già vista in L’apprendista stregone e Sono il numero quattro), viso interessante a cui si può prefigurare un ridente futuro. Con il divampare dell'amore di R per Julie, iniziano però anche le grossolanità del film. La sceneggiatura, opera dello stesso Levine, diventa infatti spesso ridicola e poco appropriata, soprattutto nelle battute messe in bocca alla povera Palmer: Julie ha appena visto morire il suo fidanzato ma di turbamento non se ne vede neanche l’ombra. Il momento in cui si mette serena e allegra alla guida di una bella auto sportiva, all'interno dell'aeroporto pieno zeppo di zombie, ha dell'assurdo.

C'è però da riconoscere al soggetto, tratto dal libro di Isaac Marion, di avere uno sviluppo non del tutto prevedibile. La trasformazione in corsa degli zombie in "uomini diversi" dà una visione nuova sul mondo dei "non morti", visto quasi sempre e solo in luce macabra e nefasta. L'idea di una vita cerebrale degli zombie dà rinnovate premesse e possibilità narrative. Peccato però che tale sviluppo venga svolto in maniera impacciata, approssimativa e troppo repentina. In questa evoluzione un po' raffazzonata ci va di mezzo pure la performance del buon John Malkovich, che ritroviamo nei panni del papà di Julie nonché capo della sicurezza della città.

A metà dello scorso ottobre Marion ha annunciato la scrittura un sequel. Nel futuro dovremo aspettarci al cinema un Warm bodies - New moon?

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Simona Santoni

Giornalista marchigiana, da oltre un decennio a Milano, dal 2005 collaboro per Panorama.it, oltre che per altri siti di testate Mondadori. Appassionata di cinema, il mio ordine del giorno sono recensioni, trailer, anteprime e festival cinematografici.

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