On the Road, la beat generation di Kerouac al cinema senza fascino
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On the Road, la beat generation di Kerouac al cinema senza fascino

Walter Salles traduce in film il celebre racconto di amicizia, sesso, droga, letteratura e paesaggi americani. Ma senza vitalità e inducendo alla noia

È davvero sconfortante trovarsi di fronte a On the Road, trasposizione cinematografica dell'omonimo capolavoro della beat generation di Jack Kerouac, e non vedere l'ora che il film finisca (due ore e 17 minuti di visione!). E anche attorno a me in sala ho visto facce stanche e frequenti sguardi all'orologio.

Walter Salles, intelligente regista brasiliano già autore de I diari della motocicletta, non invade la preziosa storia che ha in mano della necessaria selvatichezza, ed ecco che ne esce fuori una cronaca un po' fiacca, senza vitalità, spesso fedele all'originale letterario ma senza destare coinvolgimento. Dall'11 ottobre al cinema.

Il celebre racconto di amicizia, amore, sesso, droga, jazz, letteratura e paesaggio americano non vibra, seppur la fotografia caramellata di Eric Guatier ci conceda buoni spunti visivi, a bordo o fuori di una Hudson. È l'approccio narrativo a non convincere.

Anche i personaggi, alter ego di tutti i più grandi protagonisti beat, Sal Paradise/Jack Kerouac, Carlo Marx/Allen Ginsberg, Dean Moriarty/Neal Cassady, non evocano certo lo charme che si meritano.

Per giustificare Salles mi dico che non è così facile trasformare in cinema un libro così epocale, tanto meno rievocare un movimento artistico che oggi sembra lontano anni luce (e invece erano solo gli anni Cinquanta) quanto ormai presente in tanto di noi, basato su eccessi che facevan clamore, ricerche interiori spinte da farmaci psicoattivi, rifiuto del materialismo... Eppure Urlo (2010) di Rob Epstein e Jeffrey Friedman ci riuscì e James Franco fu un magnifico Allen Ginsberg. Lo spirito di quella "gioventù bruciata" venne ricreato con fascino.

Non è un caso, probabilmente, che Urlo - film quanto basta riuscito - ripercorreva spesso i versi dell'omonima poesia di Ginsberg. E anche On the Road, infatti, sembra pulsare più impetuoso e potente quando cita le frasi del libro di Kerouac, come sul finale.

Gli attori principali, da parte loro, svolgono abbastanza bene il loro compito. Il più carismatico - come da ruolo - è di certo Garrett Hedlund nei panni di Dean, ex-pregiudicato dall'alone maledetto, sposato con la disinibita e seducente Marylou/LuAnne Henderson. La interpreta la Kristen Stewart di Twilight, che ha sempre la solita espressione languida, che però in questo caso calza non male con il personaggio.

Sam Riley nella fisicità ricorda un giovane Kerouac. Dopo aver interpretato il cantante suicida Ian Curtis in Control si è specializzato in parti tormentate. E poi ci sono anche Viggo Mortensen ed Amy Adams (ovvero Old Bull Lee/William S. Burroughs e la squilibrata compagna e più importante membro femminile della prima beat generation Jane/Joan Vollmer), Kirsten Dunst nei disgraziati panni di Camille/Carolyn Cassady, Terrence Howard come magnifico trombettista... E poi c'è il jazz, quello sì, intenso.

"A me piacciono troppe cose e io mi ritrovo sempre confuso e impegolato a correre da una stella cadente all'altra finché non precipito", scriveva Kerouac in On the Road (in Italia tradotto Sulla Strada ).

Di sicuro è meglio leggerlo, Kerouac, che "vederlo" al cinema. Grazie a Walter Salles mi è venuta voglia di ritirar fuori Sulla Strada, il libro di Kerouac.

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Simona Santoni

Giornalista marchigiana, da oltre un decennio a Milano, dal 2005 collaboro per Panorama.it, oltre che per altri siti di testate Mondadori. Appassionata di cinema, il mio ordine del giorno sono recensioni, trailer, anteprime e festival cinematografici.

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