Hates - House at the End of the Street, anche Jennifer Lawrence canna
Lifestyle

Hates - House at the End of the Street, anche Jennifer Lawrence canna

Horror non troppo horror, thriller psicologico poco intrigante, risucchia nei suoi ingranaggi non riusciti anche l'attrice premio Oscar

Un gelido inverno, distribuito in Italia nel febbraio 2011, è stato il film della svolta: si stagliava imponente, col suo sguardo deciso e torvo sopra le fragilità da ragazzina. Da allora è diventata per me una delle attrici americane più interessanti, di cui aspetto con trepidazione ogni nuovo lavoro. E non sono di certo la sola: l'Oscar da poco vinto per Il lato positivo, a soli ventidue anni, la erge come novella star, sotto gli occhi entusiasti di mezzo mondo.

Ma... anche le stelle a volte fanno cilecca. 

Mr. Beaver,  X-Men - L'inizio, e ancor prima The Burning Plain - Il confine della solitudine, il primo film che le ha puntato le luci addosso, ce l'hanno tutti mostrata nel suo talento genuino e quasi selvaggio. Ma dal 13 giugno arriva nelle sale italiane Hates - House at the End of the Street, e allora, cara Jennifer, devo purtroppo star qui a parlare di un tuo "fiasco". 

Horror non troppo horror, thriller psicologico mai intrigante, il cui titolo originale - per fortuna o per sfortuna - non è stato tradotto in italiano ma ha visto solo l'anteposizione di Hates, è diretta da Mark Tonderai. Il regista britannico ha per le mani una storia con alcuni risvolti anche abbastanza avvincenti, ma li rovina facendo uso di tutti i cliché del genere.

Una madre (Elisabeth Shue) e sua figlia diciassettenne Elissa (Lawrence), con un rapporto un po' conflittuale, si trasferiscono in una splendida villa nel verde in una nuova cittadina, per iniziare una vita migliore. Guarda caso, però, la casa loro vicina ha ospitato anni prima un terribile doppio omicidio: una figlia ha ucciso nella notte i genitori per poi sparire nel nulla. A vivere lì è rimasto l'unico sopravvissuto, il fratello, un ragazzo emarginato e solitario, da cui Elissa, da brava crocerossina, si sente attratta. Lo interpreta Max Thieriot, volto abbastanza interessante.

Sin dall'inizio la regia ricorre agli stratagemmi più banali per suscitare suspense, dall'improvviso battito d'ali di un uccello nel bosco a shock uditivi vari, ma raramente colgono il segno. La sceneggiatura di David Loucka affonda ogni tentativo di salvataggio, risultando spesso ingenua e fuori luogo.

Il colpo di scena finale non è così prevedibile e ha buone potenzialità di tensione, ma Tonderai sembra aver paura di affondare la mano. 

E Jennifer? La sua espressività è più piatta del solito, risucchiata dagli ingranaggi di un film non riuscito.

I più letti

avatar-icon

Simona Santoni

Giornalista marchigiana, da oltre un decennio a Milano, dal 2005 collaboro per Panorama.it, oltre che per altri siti di testate Mondadori. Appassionata di cinema, il mio ordine del giorno sono recensioni, trailer, anteprime e festival cinematografici.

Read More