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A United Kingdom, l'amore fa la forza - La recensione

La vera romantica storia del re africano e della sua sposa inglese che alla fine degli anni '40 sfidarono apartheid, pregiudizi e interessi politici

S’incontrano a Londra in quel 1947 speciale, denso di brume e vapori rotolanti sull’asfalto umido. Lui è nero, lei bianca. E s’innamorano. In quella Londra dove i razzisti, che non sono pochi, i neri li chiamano scimmioni e in ogni caso non è semplice fidanzarsi se i colori della pelle sono diversi.

Storia vera, verissima. Quella che rivivono al cinema Seretse Khama (David Oyelowo) e Ruth Williams (Rosamund Pike) in A United Kingdom (uscita in sala 2 febbraio) della britannica d’origine ghanese Amma Asante, due film alle spalle prima di questo (A Way of Life e La ragazza del dipinto), passato di attrice, presente di sceneggiatrice e produttrice oltre le prospettive di regia. Seretse è l’erede al trono del Botswana, “uno stato grande quanto la Francia ma con 125 mila abitanti”, pronto a regnare dopo essersi laureato a Londra. Ruth è una dolce donna d’Inghilterra che Seretse incontra in un locale londinese ed è là che, in un attimo, risuonano le campane. Coup de foudre. Irresistibile, travolgente, incantevole.

Una miscela temeraria

Se non che i due, innamoratissimi, devono fare i conti col mondo. Prima con le rispettive famiglie, scandalizzate da quella temeraria miscela interrazziale; poi con la politica asservita all’economia visti i rapporti d’interdipendenza tra il governo britannico e quello sudafricano (quest’ultimo, fresco d’introduzione dell’apartheid, non può che trasalire e minacciare ritorsioni davanti all’unione di una bianca inglese con il re del vicino Botswana protettorato britannico). E con una crisi internazionale alle porte si fa dura.

Fervide visioni democratiche

Bianchi contro bianchi, neri contro neri, neri contro bianchi. E Seretse e Ruth contro tutto e tutti. Insomma nessuno che sia d’accordo salvo loro due i quali, mettendo la freccia contromano, convolano a nozze più felici che mai. Come se non bastasse il nuovo re, illuminato da fervide visioni democratiche, incomincia a muovere le coscienze del suo popolo parlando di diritti, d’uguaglianza e d’indipendenza affermando che “nessun uomo è libero se non è padrone di se stesso”. Riamato da quella gente che sta imparando ad accettare anche la sua candida sposa. Insomma un pericolo pubblico. Sul quale non tarda a calare la scure dell’esilio e della separazione dalla moglie che nel frattempo è rimasta incinta. Ma l’amore, si sa, è rivoluzionario, muove il mondo e vince le sfide: come quella di una coppia che, una volta ricongiunta con la restituzione di Seretse al suo Paese dopo una dura ribellione all’ingiustizia, riesce a cambiare il corso della Storia.

Dalla povertà alla prosperità

La Storia, appunto. Racconta di una nazione trasformata, condotta dalla povertà alla prosperità, alla democrazia, infine all’indipendenza ottenuta nel 1966 come membro del Commonwealth. Con a capo Seretse Khama fino al 1980, anno della sua morte, sempre affiancato dell’inseparabile Ruth – dedita ad attività filantropiche e alla lotta contro l’Aids -  e ricordato ancora oggi come padre della patria. Figure luminose. Sepolte adesso l’una accanto all’altra nel cimitero reale sulla collina che guarda Serowe. Nelso n Mandela ha definito la loro eredità “uno scintillante raggio di luce e ispirazione”.

Senza corona e senza scorta

Tutto questo, il film lo racconta con i modi dell’affresco di stile coloniale senza che, però, estetismi o compiacimenti di ricostruzione storica prendano il sopravvento su una sostanza e un impegno civili di forte concretezza. D’altra parte gli eventi realmente accaduti, qua riproposti con fedeltà cronologica e, certo, con inevitabili e necessarie espansioni drammaturgiche a beneficio della fruizione cinematografica, aiutano a svolgere una narrazione credibile e, in quanto legata ad una obiettiva verità dei fatti, molto coinvolgente (e convincente) nel suo profilo emotivo. Come non prendere parte ai casi di questo re senza corona e senza scorta schiacciato da una tenaglia politica anglo-sudafricana tanto più grande di lui? E come, soprattutto, non restare abbagliati davanti a quel rapporto d’amore più forte di ogni pressione e ricatto precipitanti da ogni parte?

Quella solenne coesistenza

Già, perché l’evoluzione del legame fra Seretse e Ruth resta il centro vitale di tutto il racconto, funzionale al suo sviluppo e alle decisioni prese da questi due magnifici personaggi (altrettanto bene recitati dalla coppia di attori protagonisti),  lui a non esitare a scegliere sua moglie se messo davanti all’alternativa fra lei la corona; Ruth a costruirsi un altro mondo e un’altra cultura attorno, tanto tenacemente e con successo da meritarsi una stupenda aria di ringraziamento dalle donne della tribù che, all’inizio diffidenti se non addirittura ostili, ora l’abbracciano cantando  “la moglie di Seretse risplende come la stella del mattino”.

È un po’ l’immagine simbolo di una solenne coesistenza a livello umano e razziale, insidiata da una politica piegata ai peggiori giochi di convenienze solo economiche. E al tempo stesso il segno caratterizzante di un film romantico e vellutato nella più classica delle rappresentazioni di genere, con forte incidenza sentimentale e cospicua misura di sensibilità al femminile. Non sorprende, del resto, che a girarlo sia stata una donna.

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Videa distribuzione, Ufficio stampa US Alessandro Russo e Valerio Roselli, Digital PR Samanta Dalla Longa
L'attore David Oyelowo interpreta il personaggio di Seretse Khama, re del Botswana

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Claudio Trionfera

Giornalista, critico cinematografico, operatore culturale, autore di libri e saggi sul cinema, è stato responsabile di comunicazione per Medusa Film e per la Mostra del cinema di Venezia

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