Donne e carcere: quando il riciclo si fa moda

Donne e carcere: quando il riciclo si fa moda

FLORENCE  E LE ALTRE – La sua è una storia emblematica, che corre quasi il rischio di sembrare finta o, peggio, patetica. Lei, manager all’apice del successo, che rinuncia a tutto per aiutare gli altri. Roba da libro Cuore.…Leggi tutto

FLORENCE  E LE ALTRE – La sua è una storia emblematica, che corre quasi il rischio di sembrare finta o, peggio, patetica. Lei, manager all’apice del successo, che rinuncia a tutto per aiutare gli altri. Roba da libro Cuore.

E invece no. Parlando con Luciana Delle Donne, splendida “qualcosa-enne” leccese, titolare di Officina Creativa s.n.s., Officina Creativa s.n.s., cooperativa sociale attiva nella riabilitazione e reintegrazione delle risorse umane svantaggiate (soprattutto donne carcerate e giovani con problemi), mi accorgo subito che il suo è sempre un piglio manageriale. Come quello che deve averla caratterizzata nei suoi 22 anni di banca (è stato suo il primo progetto di banca virtuale multicanale per Banca121). Solo che ora Luciana, il suo piglio lo indirizza in un ambito non solo “business-oriented”. Direi, di business intelligente.

«Stavo per essere incaricata di organizzare le filiali estere per l’allora San Paolo Imi», racconta, «quando mi sono vista proiettata in alberghi bellissimi in giro per il mondo. Ma senza vita. Allora ho deciso di regalarmi una “vacanza di vita vera” fuori dalla gabbia dorata. E sono andata a fare un viaggio in una delle parti più povere del mondo. Le riflessioni erano continue: sulla possibilità di un buon uso del mondo, di una logica non di solo profitto ma di benessere che parte dal basso».

Così nel 2008 sotto l’egida di Officina Creativa s.n.s. nasce, tra gli altri progetti, “Made in carcere®”, un brand che, producendo shopping bag di tessuti riciclati confezionate da una ventina di donne carcerate (soprattutto provenienti dal carcere di massima sicurezza Borgo San Nicola di Lecce e dal carcere di Trani), ha un sacco di valenze. «Innanzitutto», continua Luciana, «ci proponiamo un nuovo modello di sviluppo sostenibile: “stare” sul Mercato e nella Società in maniera responsabile, fornendo valore aggiunto per la Comunità. La shopping bag di tessuto diventa simbolo e testimonianza della possibilità di creare sviluppo sostenibile risparmiando sulla plastica e riciclando materiali di scarto e rimanenze di magazzino. Inoltre promuoviamo la cultura della “seconda possibilità”: il riciclo dei materiali, ma anche e soprattutto offrire a persone che chiamo ironicamente “difettate” una seconda chance per non sentirsi trasparenti, invisibili e per imparare un mestiere e costruirsi un percorso di riavvicinamento al mondo reale».

Il risultato? Una linea di accessori “utili e futili” dallo stile originale e sfizioso che tanto piace a noi donne (e non solo), oltre un milione di borse vendute, contratti di forniture con vari enti tra cui la Regione Puglia e, soprattutto, donne recluse che riescono a mantenere, attraverso lo stipendio percepito, figli e famiglia nel mondo “di fuori”. Un progetto semplice ma dall’impatto sociale veramente singolare.

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laurabarsottini