Andrea Cedrola: Vorrei essere apprezzato per come scarto il pacchetto di Golia ad esempio

Andrea Cedrola: Vorrei essere apprezzato per come scarto il pacchetto di Golia ad esempio

Se vi dicessi che questo ragazzo è un fenomeno, mi credereste? E se aggiungessi che l’intervista che segue è l’essenza della follia? E se aggiungessi che come sceneggiatore è incredibilmente bravo? Ah aspettate, se rincarassi la dose con il …Leggi tutto

Se vi dicessi che questo ragazzo è un fenomeno, mi credereste? E se aggiungessi che l’intervista che segue è l’essenza della follia? E se aggiungessi che come sceneggiatore è incredibilmente bravo? Ah aspettate, se rincarassi la dose con il dirvi che dopo aver letto dei suoi lavori l’ho rincorso per lavorare ad un progetto comune? Insomma leggete tutto quello che segue e poi ne riparleremo. Ne riparleremo su twitter ovviamente, seguitelo qui @Merumeni_uzak

Vorrei subito partire con il raccontare chi sei, da dove vieni e cosa ti ha portato a voler diventare uno sceneggiatore?

Sono biondo, innanzitutto.

Inoltre, vivo a Roma ma sono cresciuto ad Agropoli (Cilento, Campania), dove c’è ormai più di un bar in cui ho il conto aperto (un antico sogno di gioventù… vedi che ce l’ho fatta?!).

Infine, mia madre sostiene con forza che la prima esperienza da sceneggiatore risalga al 1984, quando a tre anni mangiai la sabbia pur di farmi portar via dalla spiaggia, ad appena mezz’ora dal nostro arrivo. I miei genitori avevano pagato l’ombrellone per tutta la giornata. Per loro fu la prima delusione e per me l’inconsapevole tentativo di narrativizzare un capriccio da figlio unico (lo ero, all’epoca). O forse si trattava semplicemente di un deficit mentale. Chissà. In ogni caso, non dimenticherò mai lo sguardo del gabbiano appostato sullo scoglio più vicino. Mi fissava con maestosa superiorità mentre i miei genitori mi sgridavano. Non era prendersi gioco del sottoscritto, si trattava di autentica sicurezza: il gabbiano era certo di essere migliore di me. Allora gli ho sputato. Ma non l’ho colpito.

Già durante i tuoi anni al Centro Sperimentale Di Cinematografia hai capito che avevi fatto bene a scegliere questa strada… raccontaci le tue prime soddisfazioni?

Soddisfazioni… mhm-hmh… Lasciami pensare… Sì, mi ricordo. Una volta, durante la proiezione in un piccolo cinema di Trastevere di un cortometraggio che avevo scritto, il pubblico rise a crepapelle per venti minuti, l’intera durata della proiezione.

Il film, tuttavia, non era comico. Raccontava di una vecchina paralizzata che non può soccorrere la nipote di sette mesi, prima strepitante e poi tribolante in una pozza di sangue. Era stata schiacciata dal lampadario a ninnoli di vetro caduto all’improvviso, mentre sua madre tradiva il marito (leucemico) nel piccolo bagno piastrellato a fantasie blu della casa popolare utilizzata come location.

Li sentivo e vedevo ridere, quelli del pubblico. E pensavo: “Cattive. Le persone sono cattive. Cattive!”. Fui soddisfatto di questa mia considerazione.

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Da diretto interessato, quali sono gli ostacoli più grandi non solo nel tuo settore ma nel cinema italiano in generale? 

Personalmente, l’ostacolo più grande è sempre il mio aspetto fisico. I produttori, sia maschi che femmine, s’interessano a me soprattutto per la dolcezza dei lineamenti. È un peso insostenibile, una scure che si abbatte su di me fin dall’epoca in cui dimagrii quarantasei chili (lo feci per assomigliare a una statua di Giacometti o allo stelo della lampada Ikea regalatami al compleanno dagli amici del circolo di petanque, adesso non ricordo). Mica è colpa mia se ho il nasino alla francese e gambe e spalle da pallavolista keniota. Vorrei essere apprezzato innanzitutto per quello che faccio. Per come scarto, ad esempio, il pacchetto di Golia, con una mano sola e cantando l’Internazionale in dialetto praghese. E per la grazia con cui ingerisco oltre metà delle caramelle contenute nel pacchetto, tutte in una volta ed evitando la cementificazione della saliva prima d’inghiottire il malloppo.

Ci potrebbero essere delle soluzioni per far rivivere un settore che ha dato lustro al nostro paese decenni fa e che da dà mangiare ad un sacco di addetti ai lavori?

Purtroppo, non sono in grado di fornire risposte precise, se non alla domanda: “Liscio o con ghiaccio?”. Quindi, per cercare di esprimere il mio punto di vista in proposito, preferisco affidarmi alle parole di un grande poeta svizzero-napoletano. Si chiama Beniamino Merumeni e il mio @merumeni_uzak su Twitter è un sincero omaggio a lui e al suo labbro leporino.

Suo padre era un talentuoso ballerino di lap dance di San Giovanni a Teduccio, emigrato in un piccolo borgo nei pressi di Winterthur nei primi anni sessanta del Novecento. Del poco esclusivo club era assidua frequentatrice la di lui futura moglie, nonché madre del poeta non ancora concepito.  Era una rappresentante di elastici per capelli.

La poesia con cui vorrei rispondere alla domanda è tratta dall’ultima raccolta di Merumeni (Rime sediziose, pot-pourri per atei impenitenti e sampietrini che dio li manda) e sussurra più o meno così (cito a braccio):

Sulla panchina, fumo.  Si avvicina il bambino col pallone. Lo guardo. Mi butta il pallone addosso.

Pausa.

Capisco. Dunque, dico: Sì, certo. Il bambino se ne va. Butto la sigaretta.

Pausa.

 Mi alzo e, mannaggia a chi t’è muorto, me ne torno a casa.

In estate i bar sul Tevere hanno i prezzi alti.

Ho risposto? (chiarissimamente)

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In questo mondo so che fino a che un film non esce al cinema non se ne può parlare… ma ci sono progetti di cui ci puoi accennare?

Ad aprile inizieranno le riprese del mio primo lungometraggio, Più buio di mezzanotte. L’ho scritto con Stefano Grasso (uno sceneggiatore conosciuto al Centro Sperimentale) e Sebastiano Riso, che sarà il regista del film.

C’è anche un altro progetto in corso. Andrea Delogu e io abbiamo scritto il trattamento (ad onor del vero io ho supervisionato le bozze tu hai scritto tutto) e aspettiamo eventuali interessati per lo sviluppo della sceneggiatura (venghino signori venghino). Parla di un episodio della storia d’Italia e no, mi dispiace, ma non c’entrano niente né la nascita di Oceano Elkann né l’epopea di Marcello Lippi e Gattuso (ma solo perché non hanno ceduto i diritti).

Delogu mi chiama e mi propone il progetto, un po’ di tempo fa. Dopo sei minuti e quarantadue secondo di silenzio a guardare il telefono con la bocca a cerchietto per la sorpresa e la gioia, squittisco: “Ma certo”.

Siamo partiti il giorno dopo. E Abbiamo fatto interviste, stesure, riscritture, confronti. Adesso incrociamo le dita, fino a farci venire i primi sintomi dell’incrociamento di dita, una malattia oggi molto diffusa, mi dicono. E a quanto pare non solo nel mondo del cinema ma anche negli ambienti della magia nera e degli acrobati albini. Un settore, quest’ultimo, ancora ingiustamente inesplorato.

Ti ha colpito la malattia di Twitter… ora, da scettico com’eri, cosa ti rapisce di questo social network?

Mi piace poter scrivere “Tengo una foto in cui Humphrey Bogart limona John Wayne come un’adolescente scatenata” o “Bill Hicks ti voglio bene” o “Vorrei essere un ago da cucito per venire a pranzo con te impigliandomi nel tuo cappotto in modo che tu non te ne accorga” o “Una volta mi sono ubriacato con Jannacci e ha cantato Vincenzina e la fabbrica solo per me, in mutande rigate”. Insomma, poter scrivere tutto ciò senza che mia nonna debba smettere di salutare a testa alta le sue amiche, senza che esse la disprezzino per aver partorito la donna che mi ha partorito (quasi nessuna, tra le amiche di mia nonna, ha un account Twitter).

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Consigliaci 3 profili da seguire su TW… tre profili che non ti hanno bloccato però!

Ma vale quello della giornalista che fa l’intervista? Perché il suo è uno e trino e non potrei nominarne altri… Che incorreggibile adulatore! (ahaha scemo!)

No, davvero:

@IdeeXscrittori @purtroppo @montales1

Ma pure @zeropregi @zerocalcare @aniello_nazaria @johnnypalomba @Detta_Lalla @antifabiozeta

E @betatono @ldibartolomei @gianlucaneri @cyrilberard e … sono più di tre, vero?

Consiglierei volentieri i profili che mi hanno bloccato, ma è successo tutto così in fretta. Ancora sono alla seconda fase dell’elaborazione del lutto, quindi ne parlerei piangendo. Ma non servirebbe a niente, visto che non m’inquadrano.

E consigliaci 3 libri che nella nostra libreria non possono mancare e 3 film che se non si è visti è un peccato mortale?

Per i libri:

Detective Selvaggi, di Roberto Bolaño; Cattedrale, di Raymond Carver; La città e i cani, di Mario Vargas Llosa.

Per i film:

Uzak, di Nuri Bilge Ceylan; Le tre scimmie, di Nuri Bilge Ceylan; C’era una volta in Anatolia, di Nuri Bilge Ceylan

La scelta dei film non dipende solo dalla comodità del ctrl + c per riportare il nome del regista.

Sei felice?

Attualmente, solo quando la nazionale italiana di cricket vince i mondiali. In futuro, chissà cosa accadrà. Per dirla col Merumeni: “La felicità non te la scegli, i debiti d’ossimoro sì”.

 

fotografie di Guido Tortorella

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Andrea Delogu

Disgrafica e di sinistra, abbiate pietà.

Nella mia biografia basterebbe scrivere che sono nata a Rimini per farvi capire che volente o nolente sono cresciuta con la musica da club o da discoteca.

Nei giorni in cui non andavo a ballare son riuscita a diventare cintura nera di Karate secondo Dan, scrivere e condurre un programma per Match Music dal titolo "A casa di Andrea", presentare il meglio di Sky, recitare in "Saturday Night Live" su Italia1, far parte di un gruppo musicale e cantare la colonna sonora dello spot Heineken USA, a recitare in alcuni cortometraggi, partecipare a diversi spot pubblicitari, ma soprattutto sono riuscita a convincere Panorama a darmi un Blog.

Chi è il matto tra i due? Prima che mi dimentichi: amante del rock, della buona e abbondante cucina, sostenitrice della piadina della Lella e degli strozzapreti del BarSole, malata di Twitter e tuttologa in pensione

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