Esperienze di scuola, tra Gentile e Neill

Esperienze di scuola, tra Gentile e Neill

Lo ammetto, sono uno dei tanti padri italiani che delegano alla mamma i rapporti con la scuola. Mia moglie, poi, è insegnante e mi giustifico con la scusa che tra colleghi ci si intende meglio. Perciò le mie impressioni sulle …Leggi tutto

Lo ammetto, sono uno dei tanti padri italiani che delegano alla mamma i rapporti con la scuola. Mia moglie, poi, è insegnante e mi giustifico con la scusa che tra colleghi ci si intende meglio.
Perciò le mie impressioni sulle esperienze scolastiche dei figli sono forse un po’ approssimative ma il fatto che tramite loro io abbia potuto conoscere altri sistemi formativi, grazie al loro anno di scambio all’estero con Intercultura, mi ha dato qualche spunto di riflessione.

Della scuola italiana ognuno di noi ha una propria idea, spesso molto critica, ma di fatto l’insegnamento ha ormai perso molte posizioni nell’elenco delle attività importanti della società. E gli insegnanti, non sempre senza colpe, hanno in gran parte perso quel rispetto che ogni civiltà ha da sempre, giustamente, loro riconosciuto. È soprattutto fortemente in discussione quell’impostazione umanistica che ci contraddistingue, ritenuta vecchia e inadatta alle esigenze di oggi.

Gabriele ha frequentato un anno di liceo in una scuola statunitense: l’organizzazione ricorda la nostra università, ogni studente definisce un piano di studi, scegliendo le materie funzionali alle proprie attitudini e interessi. In teoria un sistema ottimo, non fosse che la forte specializzazione ti può lasciare lacune totali in alcune aree di conoscenza, fondamentali anche per capire il tuo tempo. E poi è facile che un adolescente preferisca l’esame di fotografia a quello di letteratura, chi di noi a 16 anni non l’avrebbe fatto? Così le materie scelte da Gabriele, anche per non rimanere troppo indietro al ritorno, Matematica Latino Letteratura Storia, erano un piano da vero secchione.

Il fratello ha invece affrontato per un anno la scuola indiana. Laggiù liceo scientifico significa proprio scientifico: da noi ci sono più ore umanistiche che scientifiche, a New Delhi invece solo 5 materie, Matematica Chimica Fisica Biologia e la concessione dell’Inglese, comunque oggi indispensabile per qualunque serio studio di scienza. Ma soprattutto l’impatto è stato con la competitività: gli indiani sono milioni e l’eccellenza educativa è per molti l’occasione per emergere e elevarsi socialmente. Per Lodovico è stato un anno molto duro, ma ha capito molto bene con chi si troverà a confrontarsi nella vita.

Consolata sta trascorrendo il quarto anno di liceo a Rio de Janeiro, in una scuola che si ispira alle teorie di un pedagogo scozzese, Alexander S. Neill. Prima che partisse, su Wikipedia, abbiamo cercato di sapere che cosa la aspettava: Neill praticava una pedagogia non direttiva, né istruzione né educazione, nella scuola prevedeva libertà assoluta, ogni ragazzo poteva seguire le lezioni che voleva e quando voleva. Devo ammettere che qualche dubbio sulla bontà di queste teorie l’abbiamo avuto.
Malgrado questi principi ispiratori, in realtà gli insegnanti di mia figlia sono molto esigenti (e le lezioni vanno seguite tutte!) ed anzi non troppo comprensivi verso una ragazza italiana che, ad esempio, si trova a dover tradurre dallo spagnolo in portoghese.

Non è facile trarre una morale da queste diverse esperienze ma alcune cose mi sono chiare: la scuola superiore, che si rivolge a giovani persone nella fase forse più decisiva della propria formazione, deve offrire certamente dei contenuti, ma forse anche di più un metodo di studio e di pensiero, che resterà per tutta la vita e rappresenterà lo strumento per affrontare la professione, la vita civile e sociale, le sfide dell’esistenza.

In questo forse il liceo italiano ha ancora una superiorità, forse sottovalutata dai moderni metodi di raffronto internazionali, molto orientati alle nozioni e alla logica ma forse meno al pensiero umanistico. Una cosa però rimane certa, in qualunque sistema scolastico: solo la qualità, la preparazione e la passione di ogni singolo insegnante può fare la differenza tra fare lezione o formare una persona. E su questo ho trovato la scuola italiana spesso carente.

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Gualtiero Terzi

50 anni, lavora in banca e ama camminare. Ha 5 figli pre-adolescenti, adolescenti e post-adolescenti. Da alcuni anni è emigrato con la famiglia in controflusso, da nord verso sud, da Torino a Roma.

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