Camminare e sorridere
Matteo Durante
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Camminare e sorridere

Sono questi gli ingredienti per il miglior piatto da servire alla vita e a chi ti sta a guardare

DIARIO DEI GIORNI DISPARI

13 maggio ’16 – E li ricordo come fosse ieri i tuoi primi passi, Agnese. Esattamente come è successo a tuo fratello (li chiamano i misteri del sangue), hai cominciato il giorno prima del tuo primo compleanno.
Gattonavi in salotto, vicino al divano. E per recuperare la palla che si era allontanata, ti sei messa dritta, su due gambe. E, barcollando, hai fatto qualche metro per andare a riprenderla. Quando le sei stata davanti, hai rimesso il culetto a terra, sorridendo. (Più per la gioia di aver ripreso la palla che per aver spostato in vanti prima una gamba e poi l’altra). E io e mamma, che stavamo in cucina a preparare tavolo e cena, ti abbiamo osservato. Emozionati, silenziosi, commossi: ci siamo dati di gomito e abbiamo cominciato a batterti le mani. Tu, sorpresa e compiaciuta, hai allargato le labbra in uno dei tuoi contagiosi sorrisi e ti sei rimessa in piedi: altri due metri hai fatto, quasi senza accorgertene, per venire verso di noi, prima di ricadere sul culone protetto dal pannolino.
 
Da allora, non hai più smesso. Di camminare. E di sorridere.
Che poi sono le sole cose che è giusto che tu faccia, ora. Mettere un passo dietro l’altro e metter su quei sorrisi che aiutano anche gli altri a consolarsi quando le giornate perdono la loro leggerezza. Camminare e sorridere: non devi (saper) fare altro, per ora, amore biondo. Perché è da quei passi e da quei sorrisi di oggi che passa il tuo domani.
Camminare e sorridere: sono gli ingredienti per il miglior piatto da servire alla vita e a chi ti sta a guardare. E a chi ti osserva, con un misto di apprensione e compiacimento, mentre, a sei mesi dal primo passo, corri fuori, in veranda ad accarezzare il gatto, a raccogliere da terra le foglie di cui il vento ha spogliato gli alberi, per sfuggire alle amorevoli torture di tuo fratello.
Camminare e sorridere. Mettendoci dentro curiosità e leggerezza. E tutta l’energia primitiva e naturale che noi adulti (per abitudine, per ruolo, per convenzione) abbiamo dimenticato di possedere. Una scintilla che noi grandi un po’ invidiamo e un po’ cerchiamo di spegnere, perché ci prende come una vertigine che scuote cuore e testa. Sì: fa barcollare proprio noi, adulti, che di camminare e sorridere, abbiamo imparato anni e anni fa e star lì a ricordare quand’è successo è un lussuoso sentimentalismo che non possiamo permetterci, con tutto quello che c’è da fare. Camminare e sorridere, figlia mia. Non ti serve altro, oggi, in vista di domani.
 
Anche quando mi dimenticherò quello che tu e tuo fratello mi state insegnando, in questi primi anni insieme. Cioè che voi due siete altro da me, cioè non siete me né un’opera mia. Cioè non siete la continuazione dei miei successi o il riscatto dei miei fallimenti; non siete quello che (non) ho avuto o ciò di cui (non) sono stato capace. Ecco: anche allora, di fronte a questa dimenticanza, spero tu possa rimettermi al mio posto con un sorriso largo e i tuoi passi leggeri. Anche quando mi prenderà il sospetto che a forza di voler andare così lontano ti prenderà la voglia di non tornare. Anche quando ti vedrò inciampare nelle parole dure di un’amica, nello sgarbo di un collega, nel tradimento di un amore. E mi sarà più difficile di adesso venirti in soccorso, abbracciarti e rimetterti in piedi. Più difficile di adesso che ti sciogli dal mio abbraccio, mi giri le spalle e te ne vai con quell’andatura che ti fa sembrare un cucciolo di pinguino e poi torni verso di me, camminando sulle punte e con le braccia aperte come se stessi tornando a casa da un lungo viaggio. E io arrossisco per l’orgoglio. L’orgoglio che vince il timore di lasciarti andare sola. L’orgoglio di sapere che se il tuo partire un giorno sarà un po’ la mia fine, la tua libertà è già il mio fine.
 
Stai lavorando sodo, per questo, anima mia. Avanti e indietro per casa, stai imparando a superare gli ostacoli e liberarti dalle paure. Anche dalle mie. È un buon esercizio. Così quando qualcuno o qualcosa vorrà imbrigliarti i passi e i sogni, saprai cosa fare: continuare a camminare e a sorridere. Perché ai propri sogni e ai propri passi non si può rinunciare.

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Matteo Durante

G. Matteo Durante è nato 40 e passa anni fa a Bergamo, ha studiato filosofia a Milano ed è un giornalista. Dopo aver lavorato a Panorama, dal 2012 vive in una delle più affascinanti città siciliane: Modica, in provincia di Ragusa. A chi gli chiede il perché di questa sua emigrazione al contrario, risponde così: "L'ho fatto per amore". Cioè: per amore di una vita più slow e per il desiderio di regalare a se stesso e alla propria famiglia il contatto diretto con la natura, con la bellezza e con la cultura millenaria del Sudest siciliano. Si occupa di contenuti web, siti, copywriting e social media, scrive reportage di matrimonio (sul suo sito www.spositelling.it), cura progetti socioculturali e si dedica ai suoi due figli: Filippo, il primogenito, e Agnese, la seconda arrivata. A lei è dedicato il "Diario dei giorni dispari" che, da papà innamorato, scrive dall'estate del 2015.

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