Vita e destino di un popolo

C’è stato un tempo, a metà dell’Ottocento, in cui il piccolo popolo balcanico dei croati è assurto a una certa notorietà nel nostro Paese, almeno in certi ambienti patriottici e politicamente impegnati. Non si trattava tuttavia di una buona fama: …Leggi tutto

Immagine tratta da "L'uomo di Pietra", periodico milanese, anno 1859. Consultabile presso la Biblioteca Malatestiana di Cesena

C’è stato un tempo, a metà dell’Ottocento, in cui il piccolo popolo balcanico dei croati è assurto a una certa notorietà nel nostro Paese, almeno in certi ambienti patriottici e politicamente impegnati.
Non si trattava tuttavia di una buona fama: era successo infatti che, durante e dopo la rivoluzione ungherese del 1848-49 (in cui, anche con buoni motivi, si erano schierati con il potere di Vienna e avevano ampiamente collaborato alla sconfitta dei rivoltosi), i croati erano stati bollati come i più feroci sgherri della monarchia asburgica. Essi venivano immancabilmente additati, dalla pubblicistica dell’epoca, come gli esecutori materiali dei peggiori misfatti avvenuti in Italia all’epoca, quali la feroce repressione decisa da Radetzky (boemo) o il bestiale saccheggio di Brescia insorta, scioccante per l’opinione pubblica di allora.
Nel clima ingenuo ed esaltato dell’Ottocento, in cui si ragionava per popoli e nazioni, gli ungheresi e i polacchi erano “i buoni”, gli oppressi dai grandi imperi: e tanti di loro, esuli per l’Europa o anche altrove, combatterono in effetti per l’indipendenza altrui, anche per quella italiana. I croati, invece, ancora indietro nella definizione di se stessi, privi di un’élite cosmopolita e di buona stampa, furono condannati a rappresentare tutti i soldati contadini e cattolici dell’aquila d’Austria: un bersaglio ideale, dunque, per i patrioti liberali. Anche se poi molti di quei “croati” saranno stati sloveni o slovacchi o chissà cosa.
In seguito le cose sono cambiate: quando il popolo croato è riapparso sul palcoscenico della storia, al momento della dissoluzione della Jugoslavia, la nostra opinione pubblica – sia pure con qualche titubanza non riscontrabile in Austria o in Germania – ha guardato loro con simpatia. Certo, questo ha significato affibbiare a qualcun altro l’etichetta di cattivo; ma la cosa, forse, è umana e inevitabile.

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Tommaso Giancarli

Nato nel 1980, originario di Arcevia, nelle Marche, ho studiato Scienze  Politiche e Storia dell'Europa a Roma. Mi sono occupato di Adriatico e  Balcani nell'età moderna. Storia e scrittura costituiscono le mie  passioni e le mie costanti: sono autore di "Storie al margine. Il XVII  secolo tra l'Adriatico e i Balcani" (Roma, 2009). Attualmente sono di  passaggio in Romagna.

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