Un incontro romagnolo

Ero appena uscito dalla stazione di Forlì, giusto qualche giorno fa, quando una giovane donna mi si è avvicinata e mi ha rivolto la parola. “Scusate”, mi ha detto, con un accento e un uso del voi che mi hanno …Leggi tutto

Ero appena uscito dalla stazione di Forlì, giusto qualche giorno fa, quando una giovane donna mi si è avvicinata e mi ha rivolto la parola. “Scusate”, mi ha detto, con un accento e un uso del voi che mi hanno immediatamente rivelato la sua provenienza da un paese slavo, “Potete indicarmi un diuner?”.

Stranamente ho capito al volo la storpiatura del turco döner e ho compreso che la donna cercava una bottega di quello che noi chiamiamo kebab; d’altronde erano le sette e mezza di sera e non era illegittimo voler mettere qualcosa sotto i denti. Ho pensato però che non era affatto facile spiegarle la via migliore per il posto che mi era venuto in mente nel frattempo: benché Forlì sia una città di impianto molto razionale, tuttavia la distanza dalla stazione è notevole e gli incroci numerosi. Perciò le ho sorriso e le ho detto di seguirmi.

Abbiamo imboccato il bel vialone di architettura fascista e cominciato a conversare. La donna ha detto di essere bulgara, come si poteva indovinare dai tratti e dai colori meridionali, e di essere da poco atterrata a Forlì. Era diretta nelle Marche e da lì a Roma, ma il ritardo dell’aereo le aveva fatto perdere la coincidenza. Ora, in attesa del treno successivo, voleva mangiare e vedere un po’ la città. Le ho sommariamente descritto, con toni molto favorevoli, le attrattive di Forlì; poi mi sono informato sui motivi del suo viaggio (“turismo”) e l’ho ascoltata mentre si sdilinquiva al pensiero delle bellezze di Roma e dell’Italia. Le ho quindi confermato che sì, nonostante tutti i nostri innegabili problemi restiamo un paese meraviglioso (qui abbiamo brevemente parlato di politica; a quanto pare, la situazione bulgara e quella italiana presentano numerose rassomiglianze). D’altra parte, ho continuato, d’altra parte anche la Bulgaria dev’essere una bella terra: lei ha risposto che è proprio così, e ha evocato – con vocabolario limitato ma chiaro – i monti, il mare, le città e le pianure. In Bulgaria, ha concluso, c’è un po’ di tutto, come in un piccolo compendio dell’universo in salsa balcanica. Quest’ultima cosa in realtà l’ho pensata io; ma non l’ho detta, perché la donna non era certo tenuta a conoscere Nievo e perché Friuli e Bulgaria credo si somiglino abbastanza poco. Volevo domandarle delle rose di Stara Zagora ma mi sono detto che sarebbe come informarsi con un italiano riguarda alla pizza e ho desistito per non metterla a disagio. È pur vero che io, se qualcuno mi fa una domanda sulla pizza, rispondo volentieri; ma non siamo tutti uguali.

Giunti quasi in centro, le ho spiegato la strada che doveva ancora fare e ho fatto per prendere la via di casa. Prima di andarmene, però, ho sentito l’obbligo di avvertirla che da noi i diuner non sono gestiti da turchi, ma da arabi o indiani. Lei mi ha sorriso e ha detto che non era un problema, ché lei aveva solo voglia di carne. Poi ci siamo salutati.

Mentre camminavo verso casa mi è passato per la testa che forse quel sorriso e quell’ultima frase potessero avere un significato sessuale: ma ho concluso subito che no, che i bulgari – popolo che d’altronde non conosco affatto – non sono quel genere di persone e non concepiscono neanche simili trivialità.

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Tommaso Giancarli

Nato nel 1980, originario di Arcevia, nelle Marche, ho studiato Scienze  Politiche e Storia dell'Europa a Roma. Mi sono occupato di Adriatico e  Balcani nell'età moderna. Storia e scrittura costituiscono le mie  passioni e le mie costanti: sono autore di "Storie al margine. Il XVII  secolo tra l'Adriatico e i Balcani" (Roma, 2009). Attualmente sono di  passaggio in Romagna.

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