Sarà che non c’è il mare a Praga

Sarà che non c’è il mare a Praga

Sento dire da alcuni, riguardo al Nobel per la Pace assegnato (contro ogni aspettativa) all’Unione Europea, che meglio sarebbe stato attribuirlo non alla grigia e astratta istituzione, ma agli uomini che hanno effettivamente sognato e costruito l’Europa. È giusto. Per …Leggi tutto

Sento dire da alcuni, riguardo al Nobel per la Pace assegnato (contro ogni aspettativa) all’Unione Europea, che meglio sarebbe stato attribuirlo non alla grigia e astratta istituzione, ma agli uomini che hanno effettivamente sognato e costruito l’Europa.

È giusto. Per questo motivo chiedo anzi che il premio venga fisicamente ritirato dagli eredi di Giorgio di Poděbrady (1420-1471), re di Boemia dal 1458 alla morte. “Questo re del XV secolo ha offerto probabilmente il più bel progetto, la più bella giustificazione all’unione europea, che sei secoli più tardi cerca con difficoltà di costituirsi. Un’Europa della pace” (Jacques Le Goff).

Giorgio di Poděbrady credeva nell'Unione Europea quando questa non era ancora mainstream. Si notino i baffi.

Di che progetto si parla? L’idea, messa nero su bianco nel 1464 (ovviamente in latino), si chiamava Trattato sulla pace da instaurare attraverso il Cristianesimo; fatto notevole, non si limitava a considerazioni astratte ma tratteggiava la nascita di un’assemblea aperta a tutte le “nazioni” cristiane (intese come fatto etnico-culturale; l’Italia divisa fra tanti stati, ad esempio, avrebbe avuto un solo voto), il cui scopo principale sarebbe dovuto essere la tutela della pace in Europa, da perseguire mediante un tribunale comune di arbitrato e attraverso il rispetto del principio del non intervento. Il pragmatico Poděbrady prevedeva inoltre il finanziamento dell’assemblea (in carica per cinque anni) con imposte comuni, e chiedeva inoltre la creazione di un blasone continentale, di archivi, di funzionari e rappresentanti, insomma: di una burocrazia europea. E si sa com’è difficile fare le guerre quando vi si oppone la burocrazia.

L’Unione vagheggiata doveva servire a radunare le forze degli europei contro i turchi, ossia a quello che era il progetto europeista per eccellenza, almeno all’epoca. Purtroppo essa non fu mai presa in considerazione, in parte perché lo stesso Giorgio aveva i propri problemi con il Papato, che lo considerava semi-eretico, e anzi il Trattato stesso è un modo di rivendicare la propria fedeltà alla Cristianità e all’idea forte di un altro grande europeista, Enea Silvio Piccolomini (Pio II); e soprattutto perché i governanti europei, allora come oggi, non danno retta. Rimane comunque la straordinaria modernità di uno statista che, prima ancora che la Riforma e la pace di Westfalia avessero del tutto distrutto l’idea di Impero cristiano universale, aveva capito non solo che gli Stati-nazione erano destinati a prevalere, ma anche che essi prima o poi avrebbero avuto necessità di unirsi per far fronte a minacce o a necessità più grandi. Certo, i tempi non erano forse maturi per l’attuazione pratica di un progetto simile.

Poděbrady è oggi una cittadina termale, sita una cinquantina di chilometri a est di Praga. Se non si trovassero eredi ancora in vita di Giorgio di Boemia, il Nobel potrebbe ritirarlo il sindaco di quella città; e tenerlo nel proprio ufficio arredato (io credo) con il gusto sobrio dei cechi, slavi sui generis.

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Tommaso Giancarli

Nato nel 1980, originario di Arcevia, nelle Marche, ho studiato Scienze  Politiche e Storia dell'Europa a Roma. Mi sono occupato di Adriatico e  Balcani nell'età moderna. Storia e scrittura costituiscono le mie  passioni e le mie costanti: sono autore di "Storie al margine. Il XVII  secolo tra l'Adriatico e i Balcani" (Roma, 2009). Attualmente sono di  passaggio in Romagna.

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