Il sole non sorge più ad Est, cap. I

Nel periodo della mia maggiore frequenza dello stadio, una decina di anni fa, avevo, come credo sia normale, alcuni cori prediletti; quelli che canti con maggiore partecipazione, quelli che – vi giuro che succede – ti danno la pelle d’oca …Leggi tutto

Nel periodo della mia maggiore frequenza dello stadio, una decina di anni fa, avevo, come credo sia normale, alcuni cori prediletti; quelli che canti con maggiore partecipazione, quelli che – vi giuro che succede – ti danno la pelle d’oca anche se un bel sole primaverile batte sulla curva esposta a Nord.

Uno di questi era un coro breve e semplice, la cui prima strofetta recitava:

 

Ricordo quand’ero bambino/

Sognavo una maglia e un pallo’/

Vedevo la curva cantare/

Provavo una grossa emozio’.

 

Le parole sono quelle che sono, lo vedete da voi; ma c’era qualcosa nella melodia che mi colpiva. Anni dopo scoprii da dove veniva quell’aria emozionante. La fonte originale era una canzone piuttosto oscura, dedicata alla rivoluzione ungherese del 1956, che inizia così:

 

Avanti ragazzi di Buda

Avanti ragazzi di Pest

Studenti, braccianti, operai

Il sole non sorge più ad Est.

 

Di essa si trovano varie versioni e diversi arrangiamenti; i più moderni sono tutti di gruppi rock “alternativi”, cioè contigui o meglio organici all’estrema destra. Le versioni più antiche, tuttavia, non presentano prove sicure dell’origine ideologica della canzone; anzi, certi versi sembrano ambigui, come un incongruo “Compagni” ripetuto più volte, che fa quasi pensare a una radice anarchica o “socialista-libertaria” (nella versione linkata sostituita nel cantato, ma non nel testo che accompagna il video, da un “camerata”; che però, si noterà, non va d’accordo con la metrica). Altri parlano di un testo scritto nell’ambito del Fronte della Gioventù di Trieste; la specificità giuliana, e forse un certo carattere romantico tipico della città, potrebbero spiegare le incongruenze.

Tuttavia, non ho trovato certezze, e non so chi abbia scritto e messo in musica il pezzo. Quello che è sicuro è che di esso si sono appropriati ambienti giovanili di destra e neofascisti, a volte vicini a certe tifoserie italiane (il che chiarirebbe la trasformazione in un coro da stadio; anche se non si capisce perché un coro con quelle origini venisse cantato anche in Ancona). D’altra parte, è altrettanto certo che tale appropriazione – quella della rivoluzione magiara del ’56, intendo – è totalmente indebita e storicamente inaccettabile.

La canzone, in ogni caso, è goffa e retorica (il che peraltro non dice nulla sulla sua provenienza ideologica). Oggi, però, mi trovo a cantarla spesso; per via soprattutto di un verso azzeccato, quel quarto verso, di cui riparlerò.

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Tommaso Giancarli

Nato nel 1980, originario di Arcevia, nelle Marche, ho studiato Scienze  Politiche e Storia dell'Europa a Roma. Mi sono occupato di Adriatico e  Balcani nell'età moderna. Storia e scrittura costituiscono le mie  passioni e le mie costanti: sono autore di "Storie al margine. Il XVII  secolo tra l'Adriatico e i Balcani" (Roma, 2009). Attualmente sono di  passaggio in Romagna.

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