Il ritorno degli huligani?

È da qualche tempo che l’Ungheria “preoccupa” l’Europa, da quando cioè una vittoria elettorale schiacciante ha portato al governo il centrodestra moderato di Viktor Orbán, che di moderato, nella propria azione di governo, ha avuto ben poco: visto che due anni …Leggi tutto

È da qualche tempo che l’Ungheria “preoccupa” l’Europa, da quando cioè una vittoria elettorale schiacciante ha portato al governo il centrodestra moderato di Viktor Orbán, che di moderato, nella propria azione di governo, ha avuto ben poco: visto che due anni di riforme radicali, rese possibili da una buona maggioranza al Parlamento e nel paese, hanno puntato soprattutto a mettere sotto il controllo dell’esecutivo la giustizia, l’informazione, l’istruzione pubblica, parte dell’economia; insomma, a normalizzare l’Ungheria. Nei manuali di scienza politica, per quel che ricordo, una manovra simile è definita autoritaria.

Ma l’Europa, per quanto preoccupata, ha preferito negli ultimi anni dedicarsi più che altro a fattori finanziari, economici e monetari; nonostante che, ad esempio, le nuove disposizioni sulla cittadinanza ungherese (tendenti ad equiparare nazionalità e cittadinanza) abbiano creato forti tensioni con un altro stato membro dell’UE, la Slovacchia. Ma di fatto si è sempre glissato sull’argomento, che interessa giusto qualche milione di persone.

Adesso una nuova proposta di legge sembra attirare l’attenzione del mondo sull’Ungheria: questa volta presentata non da parte dell’esecutivo, ma proveniente dal partito di estrema destra Jobbik (“più a destra”: nome geniale, dal punto di vista del marketing politico). La proposta è quella di censire gli ebrei residenti in Ungheria e pericolosi per la sicurezza nazionale: e sarebbe ovviamente l’esecutivo a decidere chi è pericoloso per la nazione.

Ora, quando si parla di antisemitismo e antigiudaismo in Ungheria bisogna tener presente una situazione particolare: che è quella di un paese rimasto per certi versi un anacronismo in Europa, per come – perlomeno nell’idea dei suoi partiti di destra moderata o estrema, idea al momento prevalente – nazionalità e cittadinanza si trovano a coincidere. La Nazione è dunque lo Stato; e questa concezione, se include i magiari di Romania e Slovacchia, esclude tuttavia gli ebrei e i numerosissimi zingari che in Ungheria vivono. Ma a sua volta l’opinone “antisemita”, molto diffusa nel paese, ha della particolarità: da un lato è antica, mezzo religiosa e mezzo nazionalista, e non direttamente collegata ai fascismi e ai nazismi; dall’altro lato, ha in sé qualcosa dell’assedio e della paranoia, rimproverando agli ebrei – ormai ridotti in Ungheria a qualche migliaio di individui – il controllo quasi totale sull’economia e sul potere reale nel Paese (come si vede, si tratta di accuse tradizionali e ricorrenti sotto vari cieli e in varie epoche).

La linea di difesa, o per meglio dire di precisazione, è dunque questa: il nostro antigiudaismo è vecchio e borghese, lo trovate nei libri dei romanzieri austroungarici, e non ha neanche la connotazione brutale dell’antisemitismo rumeno o di quello slavo; e d’altra parte non si tratta di un provvedimento genericamente antisemita, giacché esso andrà a colpire solo chi attenta in qualche modo alla sicurezza dello Stato.

Ma si può davvero pensare, scrivere e applicare nel 2012 una proposta del genere, come se il fascismo e il nazismo non siano mai esistiti, come se – anche con precise complicità e responsabilità ungheresi – la comunità ebraica magiara non abbia sofferto uno dei più duri stermini inflitti in Europa? La sola risposta legittima, a mio parere, è no. E si può in ogni caso tollerare il ritorno di un autoritarismo al centro dell’Europa, in uno dei nostri paesi di più antica e solida civiltà, guardando ad esso magari come un retaggio d’altri tempi? No. Perché l’autoritarismo non appartiene a un tempo storico, ma può ripresentarsi e mutare; e, con i mezzi e il linguaggio del cosiddetto telepopulismo, ha la possibilità di radicarsi e di legittimarsi di nuovo, mettendo un intero continente – non è solo l’Ungheria ad avere i propri populismi estremisti – di fronte a una realtà che non è il ritorno di un già vissuto, ma è la moderna e attuale manifestazione di vizi e paure sempre presenti nell’animo umano.

Si spera che simili proposte servano se non altro a svegliare chi dorme da troppo tempo.

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Tommaso Giancarli

Nato nel 1980, originario di Arcevia, nelle Marche, ho studiato Scienze  Politiche e Storia dell'Europa a Roma. Mi sono occupato di Adriatico e  Balcani nell'età moderna. Storia e scrittura costituiscono le mie  passioni e le mie costanti: sono autore di "Storie al margine. Il XVII  secolo tra l'Adriatico e i Balcani" (Roma, 2009). Attualmente sono di  passaggio in Romagna.

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