Hooligani dangereux?

Domani torna a giocare in Italia una squadra serba (il Partizan Belgrado), a due anni dal ben noto episodio di Genova, quando le intemperenze dei tifosi serbi portarono all’interruzione della partita con la nostra nazionale. Allora scrissi questo breve post…Leggi tutto

Domani torna a giocare in Italia una squadra serba (il Partizan Belgrado), a due anni dal ben noto episodio di Genova, quando le intemperenze dei tifosi serbi portarono all’interruzione della partita con la nostra nazionale. Allora scrissi questo breve post, in risposta alle tante generalizzazioni e alle reazioni per lo più sdegnate (comprensibilmente) che erano apparse sui giornali e su internet.

Oggi mi frullano per la testa certi pensieri sulla presentazione delle emergenze e sulla banalizzazione del male, per così dire, ma sono cose complesse e in più mi pare scorretto parlarne prima che accada l’evento in questione, ossia la ricomparsa del pericolo degli ultras balcanici. Mi limito perciò a riportare un branetto, tratto dalla prefazione a un interessante libro (ex jugoslavo) sul calcio e sulla violenza:

“L’analisi del significato degli scontri e delle violenze nella favola del calcio per un verso, e la ricerca delle funzioni della violenza dei tifosi dall’altro, portano alla conclusione che in entrambi i casi si manifestino due principali piani di valori: quello politico-nazionale e quello più diffusamente umanistico. Il primo compare in forma manifesta, visto che ad esso si richiama e rimanda ininterrottamente la propaganda politica: l’altro è latente e ad esso rivolge la sua attenzione solo l’analisi critica. La quale scorge una sorta di “selvaggia”, non riconosciuta umanità, un’umanità appartenente appunto al rovescio dei colidici di valori sociali e morali affermati in positivo, se non persino ad essi contrapposta.

Anche con la favola “selvaggia” del calcio e con il “selvaggio” comportamento dei tifosi, il problema nasce appunto quando qualcuno comincia ad addomesticarli, cioè li mette in ordine e li disciplina in armonia con dei valori politico-nazionali. Allettati ad essere socialmente utili, a diventare il luogo del manifestarsi e della glorificazione delle virtù nazionali, il calcio, i calciatori, i tifosi, le favole e le canzoni che li accompagnano, diventano strumento controllato e diretto di istigazione all’odio verso gli altri popoli e assumono il ruolo di banale addestramento premilitare”.

(Ivan Čolović, dalla prefazione a Campo di calcio, campo di battaglia, Messina 1999).

Se ci sarà da aggiungere altro ne parliamo magari venerdì.

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Tommaso Giancarli

Nato nel 1980, originario di Arcevia, nelle Marche, ho studiato Scienze  Politiche e Storia dell'Europa a Roma. Mi sono occupato di Adriatico e  Balcani nell'età moderna. Storia e scrittura costituiscono le mie  passioni e le mie costanti: sono autore di "Storie al margine. Il XVII  secolo tra l'Adriatico e i Balcani" (Roma, 2009). Attualmente sono di  passaggio in Romagna.

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