Coachsurfing balcanico

Nell’ambito della rubrica “Ostblog dello Sport”, che ho appena inventato ma che con la domenica ci sta bene, volevo scrivere una cosa sull’allenatore della Lazio Vladimir Petković: sono andato a documentarmi, dunque, ma mi sono stufato quasi subito quando ho …Leggi tutto

Nell’ambito della rubrica “Ostblog dello Sport”, che ho appena inventato ma che con la domenica ci sta bene, volevo scrivere una cosa sull’allenatore della Lazio Vladimir Petković: sono andato a documentarmi, dunque, ma mi sono stufato quasi subito quando ho letto che Petković parla otto lingue e che due di queste sono il bosniaco e il serbocroato. La cosa mi ha un po’ infastidito e non ho avuto più voglia di scrivere: e forse è un peccato, perché avevo un paio di cose interessanti da aggiungere, tipo che il cognome del bravo coach biancoceleste mi piace perché mi riporta alla mente una più discreta mezzala serba, Dejan, il quale si è costruito fra anni Novanta e Duemila una carriera di buon livello in Brasile (idolo della tifoseria del Flamengo, e scusate se è poco); e anche perché è il cognome da sposata di una mia conoscente croata, anche lei assolutamente apprezzabile.

Però no, non mi va. Allora, visto che devo pur dare senso a questa rubrica, la dedico a un altro allenatore: Robert Prosinečki, che tutti voi ricorderete come quel centrocampista biondo estremamente talentuoso che brillò nell’ultima nazionale jugoslava e nell’eccezionale Croazia del 1998. Robert Prosinečki, nato in Germania come molti jugoslavi della sua generazione, e come tanti di questi nato da genitori davvero “jugoslavi” (madre serba e padre croato), fino a qualche settimana fa è stato l’allenatore della Stella Rossa di Belgrado, incarico che aveva accettato nel 2010 non senza meravigliare e scandalizzare più di qualcuno: la Stella Rossa, infatti, di cui comunque Prosinečki è stato giocatore applaudito e vincente, è il club che ha rappresentato negli ultimi anni della Jugoslavia e in quelli delle guerre civili l’idea di “serbità”, anche e soprattutto nei suoi lati più egemonici e deteriori. Bisognava tornare ai tempi pre-divisioni per trovare un croato allenatore in Serbia; e lui, oltretutto, ex fenomeno in maglia a scacchi, non era un croato qualsiasi.

Non seguo il piccolo campionato serbo e non ho idea delle performance di Prosinečki come allenatore (ha comunque vinto una coppa nazionale): ignoro se abbia fatto giocar bene la sua squadra, come promesso al momento della presentazione, o se invece ha mancato traguardi promessi e raggiungibili. Però, pregiudizialmente, auguro a Robert Prosinečki molte fortune e molti successi: perché ripenso con piacere alla sua eleganza bionda e perché reputo che sia un uomo coraggioso.

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Tommaso Giancarli

Nato nel 1980, originario di Arcevia, nelle Marche, ho studiato Scienze  Politiche e Storia dell'Europa a Roma. Mi sono occupato di Adriatico e  Balcani nell'età moderna. Storia e scrittura costituiscono le mie  passioni e le mie costanti: sono autore di "Storie al margine. Il XVII  secolo tra l'Adriatico e i Balcani" (Roma, 2009). Attualmente sono di  passaggio in Romagna.

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