In vino (bio) veritas

In questi giorni sui social network impazzano le frasi su settembre. In testa c’è il famoso concetto che secondo molti settembre è il vero inizio dell’anno solare, poi si torna al lavoro, poi a scuola e via lamentando. …Leggi tutto

 

 

In questi giorni sui social network impazzano le frasi su settembre. In testa c’è il famoso concetto che secondo molti settembre è il vero inizio dell’anno solare, poi si torna al lavoro, poi a scuola e via lamentando. Ma settembre è comunque sempre stato nell’immaginario collettivo il mese della vendemmia, precoce o tardiva che sia.

Alla maggior parte di noi, ovviamente, interessa la fine di questo processo, cioè il vino. Prodotto fondamentale per le nostre abitudini, che ha alimentato ed alimenta filiere economiche, territori interi, e perché no anche i nostri sogni goderecci.

Ma  come si distinguono i vini “eco friendly” nel mercato?

Il vino ha la caratteristica di essere uno dei pochi prodotti che quando viene immesso nel mercato come biologico spesso in realtà non lo è. No, non è una truffa, di adulterazioni e contraffazioni ce ne sono già abbastanza, ma è proprio una questione di classificazione.

Il vino bio ufficialmente non esiste. Esiste il vino ottenuto dalla lavorazione di uve da agricoltura biologica, magari disciplinato dalle organizzazioni che di produzione biologica si occupano. Le esigenze di produzione su larga scala fanno si che nella fermentazione e maturazione del vino il processo spesso sia lo stesso utilizzato per il vino tradizionale nella pressatura, dalla macerazione del pigiato all’illimpidimento dei mosti dalla correzione dell’acidità alla fermentazione alcolica e malo-lattica, solfitazione, conservazione, chiarificazione e filtrazione, magari con quantità inferiori di sostanze rispetto all’industria tradizionale.

Il vino bio risponde quindi più ad un esigenza di mercato che ai reali principi delle produzioni “vergini”. E’ comunque presente e cresce ogni anno una piccola fetta composta da piccoli produttori, di vini molto “radicali” e a volte imperfetti, ottenuti su piccola scala con metodi naturali, per esempio senza l’utilizzo di solfiti aggiunti, grazie ad un lavoro molto più impegnativo ma più coerente con i principi dell’alimentazione e della produzione eco sostenibile.

Detto questo alla prova dei fatti rimane sempre il palato di chi lo beve, magari diffidando dei vini che costano eccessivamente poco, come fa il sottoscritto.

 

 

 

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David Marchiori