Siamo ostaggi delle nostre emozioni?

Una domanda sacrosanta … siamo ostaggi delle nostre emozioni?  Due ragazzi camminano in una foresta. Sono molto diversi l’uno dall’altro. Gli insegnanti del primo lo considerano intelligente, cosa che pensano anche i suoi genitori: il risultato è che lui stesso …Leggi tutto

Una domanda sacrosanta … siamo ostaggi delle nostre emozioni? 

Due ragazzi camminano in una foresta. Sono molto diversi l’uno dall’altro. Gli insegnanti del primo lo considerano intelligente, cosa che pensano anche i suoi genitori: il risultato è che lui stesso ne è convinto. Ha punteggi alti nei test, prende bei voti e può presentare attestati di studio che nella sua vita scolastica lo porteranno lontano. Non sono in molti invece a considerare intelligente il secondo. I suoi punteggi ai test non sono un granché e i suoi voti non sono così alti, in generale tutti i suoi attestati hanno un valore minore.

Camminando nella foresta i due ragazzi incontrano un problema, e cioè un gigantesco, furioso orso grizzly dall’aria affamata, che carica diritto su di loro. Il primo ragazzo calcola che il grizzly li raggiungerà esattamente in 17,3 secondi e viene preso dal panico. In questo stato, guarda il secondo ragazzo che, con assoluta calma, si toglie gli scarponi da montagna e si infila le scarpe da jogging.

Il primo ragazzo dice al secondo: «Tu sei pazzo. È impossibile riuscire a correre più forte di quel grizzly!». Il secondo ragazzo replica: «È vero. Ma mi basta solo riuscire a correre più in fretta di te!» (Sternberg e Spear-Swerling, 1996, pag.17)

Adoro questa storia … e fra poco capirete il perché

Di tanto in tanto nelle scuole o in ambienti lavorativi torna fuori il benedetto concetto di Q.I. Ma cosa è il Q.I. ? Altro non è che la somma delle varie intelligenze che ci riferiscono quanto siamo intelligenti. Un quoziente alto significa cioè che sarò un figo nella vita e farò tanto successo? Un Q.I. basso invece determinerà quanto sono sfigato e condannato ad un’esistenza inutile? Ovviamente no.

Molte ricerche confermano la scarsa predittività del Q.I. per capire quanta strada si farà nella vita. Allora a che cazzo serve un numerino che di fatto non mi dà informazioni certe? L’inghippo sta nel fatto che chi ha “progettato” il Q.I. non ha tenuto conto di un elemento molto importante: le nostre emozioni.

Se le mie emozioni sono dalla mia parte la mia intelligenza viene sfruttata al meglio. Al contrario invece, se le mie emozioni sono contro di me, anche il più alto dei Q.I. risulterà utile come uno scolapasta senza buchi. La storia dell’orso premia il ragazzo meno intelligente … che però quando è nella cacca fino al collo gestisce al meglio le sue emozioni!

Vi siete mai chiesti perché nella celeberrima scena di psycho la ragazza nella doccia urla e basta anziché scappare a gambe levate? La risposta potrebbe essere che è imbarazzata a farsi vedere senza veli da uno sconosciuto … o che il panico prende il sopravvento rendendo la sua intelligenza inutile.

Nell’istruzione italiana spesso l’intelligenza dei ragazzi viene misurata secondo parametri “scolastici”. L’intelligenza legata all’emotività ed alle emozioni invece viene messa da parte. Alcuni studi confermano che il Q.I. delle nuove generazioni risulta essere più alto di quello dei loro predecessori, ma Ahimè … la capacità di gestire le emozioni è in picchiata … stiamo crescendo tanti piccoli genietti incapaci di gestire le loro emozioni!

La tipologia di intelligenza legata alle emozioni viene chiamata intelligenza emotiva. Di cosa si tratta? Bè … parafrasando potremmo definirla la capacità di gestire la propria emotività.

Le emozioni non gestite potrebbero essere considerate una sorta di freno a mano nella nostra vita. Il mio Q.I. non è determinante se non sono capace di gestire la mia dimensione emotiva!

In assenza di intelligenza emotiva le nostre emozioni saranno senza controllo … e ci porteranno ad agire in modo terribilmente controproducente.

Cosa significa agire in modo terribilmente controproducente? Semplice. Quando l’istinto prende il sopravvento facendoci agire d’impulso e senza pensare. Le reazioni impulsive normalmente sono di due tipi:

Fuga: quando scappo fisicamente, quando mi metto a piangere chiudendo la comunicazione, quando mi paralizzo ecc…

Aggressione: Quando aggredisco fisicamente o psicologicamente qualcuno, quando urlo o do in escandescenze, quando faccio le sceneggiate o sbatto ogni oggetto a portata di mano.

Quando assistiamo a queste reazioni normalmente si parla di “sequestro emotivo”.

Inutile a dirsi, ma queste reazioni non risolvono quasi mai i problemi con i quali ci dobbiamo confrontare quotidianamente. Se quindi una di queste due reazioni (o entrambe) vi appartengono è il famoso momento di farsi qualche domandina.

Molti di voi a questo punto penseranno che la carta vincente è la repressione delle emozioni. Ovviamente questo sarebbe un errore enorme. Se le emozioni ci sono è perché sono parte di noi. Reprimerle sarebbe psicologicamente tragico! La strategia dei Vulcaniani presenta molte problematiche per noi esseri umani!

Come ho scritto in un post precedente un problema piuttosto diffuso è che siamo dei pessimi ascoltatori. In questo caso specifico ciò che non siamo bravi ad ascoltare sono le nostre emozioni. Molto spesso infatti le consideriamo solo quando traboccano e non siamo più in grado di ignorarle.

Eh si … molto spesso il conoscere noi stessi non ci va a genio … Nel Vangelo (Apocrifo ovviamente) di Tommaso viene attribuita ad un Gesù preadolescente questa frase: ”Colui che conosce tutto, ma ignora se stesso, è privo di ogni cosa”. Goleman (Un autore che si occupa di Intelligenza Emotiva) e Gesù hanno pensieri decisamente affini per quanto riguarda l’intelligenza emotiva.

Riconoscere le nostre emozioni ci consente di essere consapevoli sul perché le proviamo. Ci rendiamo cioè conto del legame fra i nostri sentimenti e ciò che pensiamo o agiamo. Potremmo insomma dire che non conoscerci non è decisamente una buona idea.

Spesso il percorso verso un’autoconsapevolezza è ostacolato da una serie di simpatiche strategie. Tali strategie ci preservano dal disagio associato al riconoscimento della consapevolezza dei nostri punti deboli ed i nostri punti di forza.

Le più comuni sono:

- minimizzare ciò che ci fanno notare gli altri

- filtrarle a nostro piacimento le informazioni in entrata

- escogitare buone scuse per giustificare la nostra resistenza al cambiamento

Secondo Goleman non esistono sensazioni positive o negative. E’ di fatto opportuno specificare che l’emozione non è negativa se si attiva quando serve. Mi spiego meglio. La paura che si può provare davanti ad un cinghiale che ci guarda irritato può essere funzionale alla nostra sopravvivenza (ci fa correre via come il vento!). La paura invece in presenza di un geco non è funzionale ad un cazzo e quindi è controproducente. Il problema qual è quindi? La paura di per se o il fatto che noi evochiamo tale emozione quando non serve?

La competenza emotiva è questa. Attivare l’emozione giusta al momento giusto.

Rivalutiamo poi le emozioni sgradevoli! Se non esistessero anche le emozioni positive perderebbero di senso!!!

Smantelliamo infine un ultimo mito. Quello che ritiene inopportuno esprimere i nostri sentimenti negativi.

Una buona competenza emotiva implica la possibilità di scegliere come esprimere i nostri sentimenti … non di lasciarli inespressi! In modo rispettoso possiamo esprimere (quasi) ogni pensiero. Il comunicare senza urtare l’altrui sensibilità è considerata una competenza emotiva e comunicativa non da poco!

Come possiamo capire dove possiamo spingerci per esprimere ciò che pensiamo? Nel momento in cui mi esprimo con calma e senza essere giudicante verso il nostro interlocutore. Le sceneggiate, i piatti che si rompono, le offese dirette … e molti altri folcloristici comportamenti ci portano invece decisamente fuori strada …

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