Essere Matthew McConaughey

Essere Matthew McConaughey

Finirà come con Tom Cruise in Magnolia: un gilet di pelle che svolta la carriera, e tutti a dire: «Ah, ma allora questo sa recitare». Certo, Tom Cruise prima di Magnolia era stato Top Gun, mentre Matthew McConaughey …Leggi tutto

Finirà come con Tom Cruise in Magnolia: un gilet di pelle che svolta la carriera, e tutti a dire: «Ah, ma allora questo sa recitare». Certo, Tom Cruise prima di Magnolia era stato Top Gun, mentre Matthew McConaughey prima di Magic Mike – dove indossa il gilet di pelle, appunto – era stato, semplicemente, Matthew McConaughey. Magic Mike (da noi esce settimana prossima) è la storia vera di Channing Tatum e dei suoi inizi da spogliarellista, una specie di versione maschile di Burlesque (sì, quello con Christina Aguilera e Cher, uno dei film più sottovalutati degli ultimi centoventisei anni) con immancabile finale «Sono una semplice ragazza che sta di fronte a un ragazzo e gli sta chiedendo di amarla», detta però dallo stripper dei locali per femmine di Tampa alla giovane infermiera con la scucchia che non gli si lancia addosso come tutte le altre e che ovviamente disapprova la sua condotta.

Il film ha incassato più di 100 milioni di dollari perché le americane ancora si scaldano per i Centocelle Nightmare, e avrà un sequel di sicuro ancor più edificante e niente, solo noi europei con l’occhio «da festival» diremo che la sola vera ragione per cui valga la pena vedere Magic Mike è Matthew McConaughey e la sua parabola (a proposito di parabole, il regista-mercenario Steven Soderbergh avrebbe voluto fare di Magic Mike il suo The Social Network, ma l’unica cosa che ha azzeccato è stato fare di Matthew McConaughey, ancora lui, una specie di Sean Parker degli addii al nubilato. Chiusa parentesi).

Io e un amico mio sappiamo che Matthew McConaughey è la grande risorsa (no: il grande risorto) del comatosissimo cinema statunitense corrente. E sogniamo un cofanetto che riunisca i tre grandi titoli della sua resurrezione: The Paperboy, passato alle cronache come il film in cui Nicole Kidman orina in faccia a Zac Efron, e si capisce perché il nostro vi abbia preso parte; Killer Joe (da noi in sala a ottobre), grande ritorno di William Friedkin, dove il nostro si fa fare un lavoretto lì sotto da Gina Gershon, altra che si credeva defunta, offrendole però al posto del membro una coscia di pollo; e Magic Mike, ovviamente. In un mondo normale uno come Matthew McConaughey avrebbe tre nomination all’Oscar, non solo un gilet di pelle nera.

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Mattia Carzaniga

Nato nel 1983, giornalista, scrive per varie testate. Ha pubblicato i  libri «L'amore ai tempi di Facebook» (Baldini Castoldi Dalai, 2009) e  «Facce da schiaffi» (Add Editore, 2011). Guarda molti film, passa troppo  tempo on line, ruba pezzi di storie alle persone che incontra.

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