Il primo stage non si scorda mai

Il primo stage non si scorda mai

Lo stagista non dimentica. Non dimentica capi, fotocopiatrici, macchinette del caffé, quando ti mandano a ritirare una cosa in tintoria e l’imbarazzo della prima volta in cui si cambia il toner. Ma soprattutto lo stagista non dimentica il primo stage …Leggi tutto

Lo stagista non dimentica.

Non dimentica capi, fotocopiatrici, macchinette del caffé, quando ti mandano a ritirare una cosa in tintoria e l’imbarazzo della prima volta in cui si cambia il toner. Ma soprattutto lo stagista non dimentica il primo stage nell’azienda che l’ha battezzato al lavoro.

Lo stagista, che è in genere un sentimentalone, tende a mitizzare il suo primo stage, a cristallizzarlo in ricordi fatati: le sedie erano comodissime, la moquette pulitissima (o forse, davvero, era senza moquette quel posto incantato?), la luce filtrava dalle finestre illuminando l’ufficio come un tramonto a Santorini, e c’era un buon profumo (di carta, di persone, di caramelle).

Per me quel posto si chiamaAltreconomia, e me la ricordo davvero così (solo che la luce al tramonto non è tipo Santorini, ma più Bergeggi a maggio).

Lì ho risposto per la prima volta al telefono e sono stata zitta due lunghissimi secondi accorgendomi in quel momento di non sapere in effetti come rispondere in modo decente al telefono. Lì ho scritto la mia prima riga. Era un Mac e io non lo sapevo usare, quindi ho perso tutto il lavoro almeno due volte.

Lì mi sono offerta di fotocopiare e mi hanno detto “qui non si fanno fotocopie”. E poi mi hanno spiegato due cose sul riciclo della carta e del cartone.

Mi ricordo che quando sono uscita dal portone, la prima sera, ho pianto. Un po’ perché ero tanto contenta e un po’ perché stavo in una parte di Milano sconosciuta e in effetti non sapevo più come tornare a casa.

Insomma il primo stage, il primo ufficio, è come il primo amore e non te lo scordi più.

Io a quelli di Altreconomia voglio un gran bene. E’ tanto tempo che non vado a trovarli e allora ho deciso che domani vado da loro, a Cascina Cuccagna qui a Milano. Lì ci sono loro, che sono belli, e i loro libri, che sono bellissimi, e parlano di orti, di guerre, di paesaggi, di cemento e di acqua da bere (tra le altre cose).

(foto:Wikimedia Commons)


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Ilaria Liprandi

Manovale del web e digital something in Mondadori, ha scritto per Altreconomia e SocialNews e - malgrado l'accento piemontese - per un po' ha parlato a Radio Bocconi.

Nonostante una laurea in economia e una in politiche internazionali, i social network, lei, li prova tutti. Senza vergogna, neppure di un hashtag.

Cintura nera di raccolta differenziata, se volete farla felice, chiedetele dove si butta il Tetra pak.

E' nata fra gli orti, ma ha dovuto aspettare di trasferirsi in città per apprezzarli davvero.

Graphic-bio e altre vanità digitali qui  

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